La AMO...da morire! - Primo episodio


Torniamo sui recenti risultati del gruppo BEST e vediamo adesso il quarto lavoro, quello sulle variazioni decennali delle T continentali globali che dicevo essere, per me, il più stimolante. Anche se poi, a conti fatti, la più grande novità di questi lavori pubblicati finirà per essere la metodologia applicata al primo lavoro (quello principale) e questo quarto lavoro ho come l'impressione che farà più fatica a passare in maniera integra il vaglio della revisione.



Interessante e stimolante, dicevo: perché parla di qualcosa di cui qui a MS ci si occupa da tempo, le fluttuazioni climatiche ad ampio respiro. Ma questo lavoro contiene alcuni aspetti che sono molto discutibili, correlazioni spurie e in breve dà come l'impressione di proporre un discorso a tesi di partenza. Che sarebbe quella di rivalutare il ruolo che la variabilità oceanica multidecennale centrata sull'Atlantico (AMV) avrebbe come main driver del cambiamento climatico. In sostanza, per dirla tutta ma in poche parole: non sarebbe l'uomo ma la la variabilità interna a fornire il maggior apporto al GW.
Ma a parte il fatto che si potrebbe anche ipotizzare una molteplice influenza sull'andamento termico globale di fondo e addirittura una interazione fra fattori esterni (sole, vulcani, accumulo di GHGs, aerosol) ed interni a bassa frequenza (come appunto la variabilità multidecennale oceanica) con i primi a fungere da eventuali metronomi dei secondi, quello che manca - in questo lavoro come anche in altre ipotesi di questo tipo sul ruolo della variabilità oceanica multidecennale che si leggono in giro nei soliti posti - è una riflessione di base su cosa sia e cosa significhi questa componente interna del sistema climatico.
Per es., dal punto di vista energetico (che è quello che più conta, in termini termodinamici), infatti, abbiamo già segnalato più volte come quel che conta alla fine sia il bilancio radiativo al TOA e l'eventuale accumulo di energia da parte del sistema terrestre (principalmente nell'oceano) viene trasportato orizzontalmente o penetra all'interno inabissandosi per un certo periodo di tempo verso quote più profonde, per poi riemergere più avanti; oppure viene dissipato in calore latente e poi trasportato in atmosfera andando a contribuire alla variazione del tempo meteorologico; in buona sostanza viene ridistribuito e speso all'interno del sistema, non aggiunge un solo Wm^-2 in più, non forza in alcun modo il clima. Importantissima che sia (e sicuramente lo è per le variazioni dei parametri climatici come temperature e precipitazioni anche in ambito continentale e non solo oceanico), questa ridistribuzione di energia contribuisce a generare/mantenere quel noise stocastico su varie frequenze (pensiamo all'ENSO su scala interannuale) che connota ogni sistema come quello climatico. Noise climatico che non è comunque puramente e immutabilmente bianco, ma che viene continuamente reso rosso dal fatto che la variabilità climatica stessa ha origine in quella meteorologica dell'atmosfera (che è quasi rumore bianco) dopo che quest'ultima ha subito un reddening dalla continua interazione con l'oceano e la sua grande capacità termica.
Uno spessore di circa 3.5 m di acqua contiene tanta energia quanta l'intera colonna atmosferica, l'inerzia termica degli oceani viene comunicata all'atmosfera attraverso scambi di energia turbolenta e radiativa sulla superficie del mare e questi scambi e flussi di energia dipendono, a loro volta, sia dalle temperature della superficie del mare (SST) e sia da parametri atmosferici come velocità dei venti, temperatura dell'aria, umidità, nuvolosità. Le SST, perciò, giocano un ruolo chiave nella regolazione del clima e nella generazione della sua variabilità.

Deser et al.

Non sono molto sorpreso dal fatto che questo quarto lavoro del gruppo BEST cerchi in qualche modo di valorizzare più di quel che è il ruolo dell'oscillazione multidecennale atlantica (AMO) come motore principale del GW. Ho come il vago sospetto che in questo specifico caso abbia preso un ruolo decisivo la coautrice Judith Curry, considerando la sua reazione dopo la pubblicazione sul sito dei quattro lavori finiti e soprattutto quel che andava sostenendo un annetto e mezzo fa circa la presunta (per lei) sottovalutazione del ruolo giocato da AMO e PDO nell'influenzare il GW da parte della comunità scientifica dei climatologi (vedi punto 6 qui o qui).

Allora, che cos'è l'AMO? Un pacemaker del sistema oceano-atmosfera definito come tale (e come AMO) per la prima volta nel 2000 da uno dei più famosi giornalisti scientifici, un'oscillazione con effetti climatici a distanza (uragani atlantici, precipitazioni sul Sahel, sul sudest degli States, sul Brasile e in parte pure sull'Europa nordoccidentale, temperature soprattutto estive sull'Europa occidentale e conseguente rateo di cambiamento nel bilancio di massa glaciale alpino, temperature artiche), un ciclista nordatlantico di 65-80 anni forse guidato da metronomi esterni, una variante della intensità della THC sul nordatlantico o - più in generale - dell'AMOC, una modalità intrinseca all'oceano forzata da flussi di galleggiamento atmosferici (mix turbolento in fluidi stratificati), un fantasma statistico che fa la barba alle esot(er)iche maree gioviali e andrebbe rinominato AMV...

Una serie di definizioni tutte comunque riconducibili a questa ciclicità nelle SST nordatlantiche presente da parecchio tempo: le ricostruzioni paleoclimatiche dendro giungono sino a prima del 1600 e recenti studi sono riusciti a risalire anche all'epoca medievale (pur con tutte le incertezze del caso). Ma la durata dei cicli sembra variare di molto e sparisce la presunta fase di circa 60 anni leggibile solo nel ciclo e mezzo delle registrazioni strumentali del XX secolo.

(fonte)
Ma a parte ciò, si può considerare il GW come dipendente strettamente da questa variabilità? C'è qualche processo fisico che lo giustifica? Non sarebbe possibile considerare il contrario, e cioè l'AMO influenzato a sua volta dalle condizioni al contorno come il GW? C'è qualche legame con l'ENSO (visto che il lavoro del gruppo BEST ne parla)? Fino a che punto lo si può fare, visto la diversa frequenza dei due modi di variabilità?

Nel prossimo ed ultimo episodio concluderemo il discorso, tentando di dare una risposta a queste ed ev. ad altre domande e sviscerando qualche altro aspetto per poter sostenere il titolo da verdetto.

To be continued. Stay tuned.

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