Connections reloaded
Avevo già parlato delle connessioni nel sistema climatico in questi tre post (1, 2, 3) e anche, ad intermittenza e indirettamente, in altri post.
Ora è da poco terminato, down under, l'annuale meeting dell'AMOS e quest'anno il tema era proprio dedicato alle connections fra le componenti fisiche del sistema climatico, abbraccianti differenti scale temporali, scale spaziali e relativi a sistemi biofisici e socio-economici.
Dal ricco menu del programma (qui il book of abstracts), ho estratto , un po' a random, una mezza dozzina di interventi che ho reputato interessanti, segnalando sinteticamente tematica sviluppata e implicazioni, suddivisi in
1) Artico e Antartico
2) Energia e meteorologia
3) Transiti nel tempo
4) ENSO
5) Circolazione e ciclo dell'acqua
6) Estremi
Il tutto in due post, oggi un primo menu con i primi tre temi.
1) Artico e Antartico
James Screen ha presentato una relazione sullo stato attuale dei ghiacci marini polari, artici e antartici. La connessione, in questo caso, è spaziale e inter-emisferica e poggia su due domande retoriche con le quali ha aperto la conferenza: l'improvviso aumento dell'area occupata dai ghiacci marini antartici negli ultimi anni è un fatto o un arte-fatto? E il 2011 ha davvero rappresentato un minimo record nell'estensione di quelli artici?
Lo speech ha preso ampio spunto da recenti lavori pubblicati dallo stesso ricercatore: in questo mostra come, in realtà, la prima questione (relativa all'Antartide e per es. su MS già discussa qui) sia il frutto di un duplice fattore. Da un lato un apparentemente improvviso aumento della concentrazione dei ghiacci marini all'interno del pack, dall'altro una discontinuità artificiale prodotta da un bias nel rilevamento satellitare dovuto a discrepanze fra differenti sensori satellitari (per es. AMSRE vs SSMI) sensibile principalmente nell'analisi dei trend antartici invernali e primaverili.
Per quel che riguarda l'Artico, il 2011 - come già segnalato per es. qui, ma ci torneremo - è andato vicinissimo al record del breakpoint 2007, suscitando un grande fermento su media a proposito di record stracciati sul filo di lana o meno e persino scommesse. Ma, come ha ricordato Screen, non bisogna dimenticare che il ranking preciso del minimo dei ghiacci marini dipende dall'algoritmo usato: in un caso il 2011 costituisce il nuovo record battendo di poco il 2007, usando l'altro invece il 2011 è di poco secondo solo al 2007. Davvero questioni di lana caprina, il trend rimane impietoso e l'assenza di neve (unita alla maggior presenza di pioggia) ne accelerano l'assottigliamento e la perdita di volume (anche qui).
2) Energia e meteorologia
Nella sezione dedicata alle energie rinnovabili, uno speech interessante è stato quello di Annette L. Hirsch incentrato sulle implicazioni nell'energia eolica date dalle stime dei mutamenti nella velocità dei venti in condizioni di clima futuro alterato. Qui connessione fra energia e meteorologia, quindi. C'è un evidente ed emergente bisogno di comprensione di come il cambiamento climatico potrà influenzare in futuro una risorsa crescente come quella eolica.
La produzione eolica è destinata a crescere enormemente nei prossimi anni e l'associato sistema elettrico generato sarà soggetto a variazioni notevoli (diverse centinaia di megawatt) in dipendenza della disponibilità di vento. L'abilità di quantificare con accortezza queste variazioni sul lungo termine sarà essenziale, dal punto di vista economico.
Le stima accurate dei trend di lungo periodo della velocità dei venti forniscono un utile indicatore di come cambia la circolazione atmosferica e hanno un valore inestimabile per la progettazione e il finanziamento di settori come quello relativo all'energia eolica, con possibilità di aumentarne l'efficienza.
In Australia, per es., si è notato come la velocità media dei venti misurata a 10 m di quota sia aumentata di quasi il 30% negli ultimi 30 anni, mentre a 2 m sia diminuita nello stesso periodo di circa il 3%.
3) Transiti nel tempo: il futuro nel presente, il presente nel passato
Due speeches plenari affrontavano, infine, il tema delle connessioni temporali fra periodi lontani nel tempo. Nel primo, Nathan Gillett spiega come - nel tentativo di affinare i modelli di simulazione climatica finalizzati alle proiezioni dei cambiamenti climatici futuri e di ridurne il range di incertezze - ci si rivolga sempre di più al passato. E riassume gli ultimi sviluppi nella detenzione e attribuzione dei cambiamenti climatici, molto utile nell'analisi mirata ad inferire la risposta dei vari fattori forzanti a partire dai quali viene fatta una taratura comparativa. Se, per es. e per ipotesi, un modello specifico tendesse a sottostimare gli effetti termici provocati dai gas serra nel passato, allo stesso modo tenderà a farlo anche per le proiezioni del futuro. Le osservazioni dei cambiamenti climatici del passato diventano perciò sempre più utili e sfruttabili per vincolare le proiezioni del riscaldamento climatico futuro, tarando le proiezioni termiche del futuro sulla comparazione fra le simulazioni del clima passato e le osservazioni reali.
Molto interessante, in questo senso, la ricostruzione paleoclimatica sempre più precisa di quella particolare epoca geologica che forse più di altre costituisce il miglior analogo con la nostra era: il massimo termico fra Paleocene ed Eocene (PETM) di circa 55 milioni di anni fa. Tim Bralower, nella sua presentazione, ha riassunto lo stato dell'attuale conoscenza su questa epoca, dal punto di vista climatico (veloce e progressivo riscaldamento, fino a 5 gradi in "soli" 10-15 mila anni), chimico (al riscaldamento contribuì l'immissione di più di 2000 Gt di carbonio in atmosfera, associato ad acidificazione oceanica ed aumento dell'erosione continentale) e biologico (maggior evento di estinzione di massa di specie viventi nelle profondità oceaniche degli ultimi 93 milioni di anni ma anche notevole bio-diversificazione sulla superficie oceanica e sui continenti).
Ok, i prossimi tre ambiti nel secondo ed ultimo post dedicato.
To be continued...
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