L'insostenibile pericolosità della "febbre farlocca"
Un post in due parti per celebrare (si fa per dire...) l'ennesimo "farlocchismo" dei modellini di simulazione climatica.
Prima una validazione della skill delle simulazioni effettuate dai CMIP3 nei primi anni 2000, utilizzati nell'AR4 dell'IPCC uscito nel 2007. Poche parole qui, le figure bastano e avanzano.
Poi, a seguire, una parte più argomentata a proposito delle più recenti simulazioni sull’evoluzione del riscaldamento climatico effettuate da una buona parte dei CMIP6 che indicano scenari sempre più drammatici, fra cui quello di un aumento della temperatura media globale superficiale fino a oltre 5 °C (all'equilibrio) al tempo del raddoppio della concentrazione atmosferica di CO2. Tutti malati di "farlocchite", non c'è dubbio...
Se la realtà non desidera assomigliare alle simulazioni, dovrebbe smetterla di comportarsi come tale
Performance ottimale dei modelli di simulazione climatica del PCMDI nella versione che si è iniziato ad usare quasi 20 anni fa (CMIP3), non c'è che dire!
E nella versione più completa by RC:
Da notare che l'ensemble di quei modelli, pur avendoci visto molto bene, non era così performante come quello dei modelli odierni riguardo alle tendenze regionali. Come viene spiegato nel post citato, per es., i CMIP3 all'epoca avevano sottovalutato l'amplificazione artica e invece un po' sopravvalutato i trend termici nelle zone tropicali.
Riscaldare, riscaldare ancora, riscaldare meglio!
Il consenso sulla risposta globale della temperatura superficiale al raddoppio della CO2 finora convergeva (e tutt'ora lo fa) verso un intervallo compreso fra 1,5 e 4,5 K (b.e. ~3 K).
Tuttavia, in questo recente lavoro di Zelinka et al. 2020, viene mostrano come in una buona parte dei modelli di simulazione climatica del PCMDI di ultimissima versione (CMIP6), questa risposta sia aumentata passando a 1,8–5,6 K (b.e. ~4 K) nella media di 27 GCMs.
Il motivo di questa modifica è da ricercarsi nel ruolo di feedback giocato dalle nuvole.
Ricordo che le nubi basse - e fra queste soprattutto quelle con maggior spessore ottico, quindi strati e stratocumuli - esercitano un forcing negativo e raffreddano la terra perché il loro potere riflettente è molto maggiore rispetto al loro effetto serra. Invece le nubi alte - e fra queste soprattutto quelle con minor spessore ottico, quindi cirri e cirrostrati - esercitano un forcing positivo e riscaldano la terra perché il loro effetto serra è molto maggiore rispetto alla loro capacità di riflessione.
Come già spiegato nel post segnalato, il feedback netto delle nuvole meno basse è positivo e viene rappresentato come tale in quasi tutti i CMIP6. Su quello delle nuvole più basse, invece, c'era maggior incertezza pur orientato anche in questo caso su valori positivi.
Zelinka et a. 2020 evidenziano come questi feedback positivi siano in realtà più forti del previsto. Questa forza supplementare è dovuta alla riduzione - come effetto del riscaldamento globale - della copertura nuvolosa bassa extra-tropicale (in particolare ma non solo al di sopra delle superfici oceaniche dell'emisfero australe) e dell’associato albedo.
Ciò è dovuto principalmente al fatto che sia il contenuto di acqua (e dunque lo spessore ottico) delle nuvole più basse che la stessa copertura nuvolosa diminuiscono più fortemente con il riscaldamento globale, causando un graduale passaggio da nuvole stratiformi a nuvole cumuliformi e un maggiore assorbimento planetario della luce solare (incremento del flusso di radiazione ad onda corta), un feedback amplificante che alla fine si traduce in un maggiore riscaldamento (vedi sotto, linea arancione). Le differenze nella rappresentazione fisica delle nuvole nei modelli spiegano questa maggiore sensibilità rispetto alla precedente generazione di modelli.
Due parole infine sul significato di questi numeri, a scanso di eventuali equivoci.
Come ben si sa, quando si parla di sensitività climatica al raddoppio di CO2 - senza ulteriori specifiche - di solito si intende la risposta climatica all'equilibrio (o sensitività climatica all'equilibrio, ECS), ovvero la temperatura superficiale globale raggiunta una volta che il clima si sia equilibrato ed adeguato alla forzatura climatica, ovvero all'imposizione della perturbazione radiativa del bilancio energetico planetario apportata dal forcing di riferimento. Diversamente si parlerebbe di risposta climatica transitoria. Quest'ultima è rapida e meno intensa, la prima più lenta ma più intensa (vedi sotto). Anche in questo recente studio, si parla appunto di ECS.
Il riscaldamento transiente risiede tutto nel mixed layer oceanico ed è esattamente quello in corso - più forte nella superficie dell'oceano, sui continenti e sull'Artico - perché risponde velocemente, su tempi di un decennio. Quello all'equilibrio, invece, ha tempi di risposta più lunghi, è più lento e committed: i 2/3 della sua funzione di risposta climatica sono raggiunti dopo circa due secoli, il 60% dopo 50-100 anni, ma già il 50% dopo soli 20 anni. Il che vuol dire che dei quasi 4 °C in più nella media dei modelli climatici suddetti al raddoppio della CO2 dall'era preindustriale (al ritmo odierno raggiunto prevedibilmente poco dopo metà secolo), il limite dei 2 °C in più li otterremmo ben prima del 2100. Con buona pace degli accordi di Parigi.
E dell'ambiente globale. Considerando lo scenario business as usual (lo scenario RCP 8.5, quello peggiore ma ad oggi ancora molto realistico), recenti studi mostrano che il livello del mare potrebbe ampiamente superare il metro in più entro fine secolo, raggiungendolo già verso il 2060 e toccando quota 2,5 m in più nel 2100. Già questo implicherebbe enormi problemi alle zone costiere, con centinaia di milioni di persone costrette a spostarsi e danni economici ad oggi incalcolabili. Ma non è finita qui.
Considerando quanto detto sopra a proposito delle nuove stime dell'ECS, potremmo trovarci in una situazione nella quale si innescano pericolosissimi tipping points che risvegliano la belva...
Uno di questi - con segnali già inquietanti oggi, in questo senso, vedi punto I nella figura sopra - potrebbe essere la fragilità della calotta polare antartica o perlomeno quella di una parte di essa. Fino a poco tempo fa si riteneva che essa fosse molto stabile, ma recentemente sono usciti alcuni studi (come ad es. questo) che arrivano alla conclusione che la calotta glaciale dell’Antartico occidentale sia molto meno stabile di quanto previsto finora e che un suo futuro collasso sia molto probabile. Ciò significherebbe un aumento del livello degli oceani di circa 7,5 metri entro il 2200 con la conseguente fine per le maggiori metropoli costiere. A meno di drastici interventi di mitigazione a partire da adesso.
Insomma: "febbre farlocca"? Mica tanto...
Prima una validazione della skill delle simulazioni effettuate dai CMIP3 nei primi anni 2000, utilizzati nell'AR4 dell'IPCC uscito nel 2007. Poche parole qui, le figure bastano e avanzano.
Poi, a seguire, una parte più argomentata a proposito delle più recenti simulazioni sull’evoluzione del riscaldamento climatico effettuate da una buona parte dei CMIP6 che indicano scenari sempre più drammatici, fra cui quello di un aumento della temperatura media globale superficiale fino a oltre 5 °C (all'equilibrio) al tempo del raddoppio della concentrazione atmosferica di CO2. Tutti malati di "farlocchite", non c'è dubbio...
Se la realtà non desidera assomigliare alle simulazioni, dovrebbe smetterla di comportarsi come tale
Performance ottimale dei modelli di simulazione climatica del PCMDI nella versione che si è iniziato ad usare quasi 20 anni fa (CMIP3), non c'è che dire!
L'ensemble e la media di tutti i modelli sono rappresentati accanto all'evoluzione della temperatura superficiale del dataset GISTEMP. Credit: Gavin Schmidt. |
E nella versione più completa by RC:
Fonte |
Da notare che l'ensemble di quei modelli, pur avendoci visto molto bene, non era così performante come quello dei modelli odierni riguardo alle tendenze regionali. Come viene spiegato nel post citato, per es., i CMIP3 all'epoca avevano sottovalutato l'amplificazione artica e invece un po' sopravvalutato i trend termici nelle zone tropicali.
Riscaldare, riscaldare ancora, riscaldare meglio!
Il consenso sulla risposta globale della temperatura superficiale al raddoppio della CO2 finora convergeva (e tutt'ora lo fa) verso un intervallo compreso fra 1,5 e 4,5 K (b.e. ~3 K).
Tuttavia, in questo recente lavoro di Zelinka et al. 2020, viene mostrano come in una buona parte dei modelli di simulazione climatica del PCMDI di ultimissima versione (CMIP6), questa risposta sia aumentata passando a 1,8–5,6 K (b.e. ~4 K) nella media di 27 GCMs.
Stima dei valori dell'ECS nei nuovi CMIP6. Da Zelinka et al. 2020 |
Il motivo di questa modifica è da ricercarsi nel ruolo di feedback giocato dalle nuvole.
Ricordo che le nubi basse - e fra queste soprattutto quelle con maggior spessore ottico, quindi strati e stratocumuli - esercitano un forcing negativo e raffreddano la terra perché il loro potere riflettente è molto maggiore rispetto al loro effetto serra. Invece le nubi alte - e fra queste soprattutto quelle con minor spessore ottico, quindi cirri e cirrostrati - esercitano un forcing positivo e riscaldano la terra perché il loro effetto serra è molto maggiore rispetto alla loro capacità di riflessione.
Come già spiegato nel post segnalato, il feedback netto delle nuvole meno basse è positivo e viene rappresentato come tale in quasi tutti i CMIP6. Su quello delle nuvole più basse, invece, c'era maggior incertezza pur orientato anche in questo caso su valori positivi.
Zelinka et a. 2020 evidenziano come questi feedback positivi siano in realtà più forti del previsto. Questa forza supplementare è dovuta alla riduzione - come effetto del riscaldamento globale - della copertura nuvolosa bassa extra-tropicale (in particolare ma non solo al di sopra delle superfici oceaniche dell'emisfero australe) e dell’associato albedo.
Ciò è dovuto principalmente al fatto che sia il contenuto di acqua (e dunque lo spessore ottico) delle nuvole più basse che la stessa copertura nuvolosa diminuiscono più fortemente con il riscaldamento globale, causando un graduale passaggio da nuvole stratiformi a nuvole cumuliformi e un maggiore assorbimento planetario della luce solare (incremento del flusso di radiazione ad onda corta), un feedback amplificante che alla fine si traduce in un maggiore riscaldamento (vedi sotto, linea arancione). Le differenze nella rappresentazione fisica delle nuvole nei modelli spiegano questa maggiore sensibilità rispetto alla precedente generazione di modelli.
Zelinka et al. 2020 |
Due parole infine sul significato di questi numeri, a scanso di eventuali equivoci.
Come ben si sa, quando si parla di sensitività climatica al raddoppio di CO2 - senza ulteriori specifiche - di solito si intende la risposta climatica all'equilibrio (o sensitività climatica all'equilibrio, ECS), ovvero la temperatura superficiale globale raggiunta una volta che il clima si sia equilibrato ed adeguato alla forzatura climatica, ovvero all'imposizione della perturbazione radiativa del bilancio energetico planetario apportata dal forcing di riferimento. Diversamente si parlerebbe di risposta climatica transitoria. Quest'ultima è rapida e meno intensa, la prima più lenta ma più intensa (vedi sotto). Anche in questo recente studio, si parla appunto di ECS.
Hansen et al. 2016 |
Il riscaldamento transiente risiede tutto nel mixed layer oceanico ed è esattamente quello in corso - più forte nella superficie dell'oceano, sui continenti e sull'Artico - perché risponde velocemente, su tempi di un decennio. Quello all'equilibrio, invece, ha tempi di risposta più lunghi, è più lento e committed: i 2/3 della sua funzione di risposta climatica sono raggiunti dopo circa due secoli, il 60% dopo 50-100 anni, ma già il 50% dopo soli 20 anni. Il che vuol dire che dei quasi 4 °C in più nella media dei modelli climatici suddetti al raddoppio della CO2 dall'era preindustriale (al ritmo odierno raggiunto prevedibilmente poco dopo metà secolo), il limite dei 2 °C in più li otterremmo ben prima del 2100. Con buona pace degli accordi di Parigi.
E dell'ambiente globale. Considerando lo scenario business as usual (lo scenario RCP 8.5, quello peggiore ma ad oggi ancora molto realistico), recenti studi mostrano che il livello del mare potrebbe ampiamente superare il metro in più entro fine secolo, raggiungendolo già verso il 2060 e toccando quota 2,5 m in più nel 2100. Già questo implicherebbe enormi problemi alle zone costiere, con centinaia di milioni di persone costrette a spostarsi e danni economici ad oggi incalcolabili. Ma non è finita qui.
Sweet el al. 2017 |
Considerando quanto detto sopra a proposito delle nuove stime dell'ECS, potremmo trovarci in una situazione nella quale si innescano pericolosissimi tipping points che risvegliano la belva...
Uno di questi - con segnali già inquietanti oggi, in questo senso, vedi punto I nella figura sopra - potrebbe essere la fragilità della calotta polare antartica o perlomeno quella di una parte di essa. Fino a poco tempo fa si riteneva che essa fosse molto stabile, ma recentemente sono usciti alcuni studi (come ad es. questo) che arrivano alla conclusione che la calotta glaciale dell’Antartico occidentale sia molto meno stabile di quanto previsto finora e che un suo futuro collasso sia molto probabile. Ciò significherebbe un aumento del livello degli oceani di circa 7,5 metri entro il 2200 con la conseguente fine per le maggiori metropoli costiere. A meno di drastici interventi di mitigazione a partire da adesso.
"Poi, a seguire, una parte più argomentata a proposito delle più recenti simulazioni sull’evoluzione del riscaldamento climatico effettuate da una buona parte dei CMIP6 che indicano scenari sempre più drammatici, fra cui quello di un aumento della temperatura media globale superficiale fino a oltre 5 °C"
RispondiEliminaOssignur!.... mi raccomando, mai applicare Occam... il perche' i modelli CMIP6 "sforino" ancora piu' dei precedenti CMIP5 sull'ECS e su altri effetti lo sanno pure quelli che i modelli CMIP6 li hanno sviluppati... la modellizzazione delle nubi e' diversa, e i risultati sono quindi diversi.
Delle due l'una, pero': o i CMIP6 sono corretti e quindi tutto quello che ci avete raccontato per decenni sulla precisione dei CMIP5 e precedenti erano balle, oppure avevano ragione i precedenti e i CMIP6 di adesso sono fuori.
Voi volete avere ragione anche quando sbagliate... meglio ancora!... volete avere ragione anche quando voi stessi dite di aver sbagliato!
E' il comportamento tipico delle sette: avere sempre ragione, comunque vadano le cose.
Ad ogni modo, per non parlare di aria fritta:
https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1029/2019GL085782
"Causes of Higher Climate Sensitivity in CMIP6 Models", GRL 47 no1 (2020) e2019GL085782
"This (statistically insignificant) increase is primarily due to stronger positive cloud feedbacks from decreasing extratropical low cloud coverage and albedo.
Both of these are tied to the physical representation of clouds which in CMIP6 models lead to weaker responses of extratropical low cloud cover and water content to unforced variations in surface temperature.
Establishing the plausibility of these higher sensitivity models is imperative given their implied societal ramifications."
Parlano persino loro della necessita' di stabilire la plausibilita' di tali sensitivita' maggiori, in maniera IMPERATIVA, viste le "ramificazioni sociali" che esse, se confermate, sottendono.
State chiedendo al pianeta di cambiare vita sulla base di supposizioni, delle quali VOI STESSI dubitate!
Da farlocca la storiella sta diventando da codice penale. :-(
Buona continuazione, steph! :-)
P.S.: sono qui solo su "richiesta" del tuo sodale Paolo C, l'altro "climatologo" anonimo... non preoccuparti, una partecipazione una tantum.
Ossignur!.... mi raccomando, mai applicare Occam... il perche' i modelli CMIP6 "sforino" ancora piu' dei precedenti CMIP5 sull'ECS e su altri effetti lo sanno pure quelli che i modelli CMIP6 li hanno sviluppati... la modellizzazione delle nubi e' diversa, e i risultati sono quindi diversi.
EliminaE io che cazzo ho scritto? Ma ci sei ancora o sei scappato su Proxima Centauri?
Delle due l'una, pero': o i CMIP6 sono corretti e quindi tutto quello che ci avete raccontato per decenni sulla precisione dei CMIP5 e precedenti erano balle, oppure avevano ragione i precedenti e i CMIP6 di adesso sono fuori. Voi volete avere ragione anche quando sbagliate... meglio ancora!... volete avere ragione anche quando voi stessi dite di aver sbagliato! E' il comportamento tipico delle sette: avere sempre ragione, comunque vadano le cose.
Tutti i modelli sono sbagliati ma alcuni sono utili , babe.
P.S.: sono qui solo su "richiesta" del tuo sodale Paolo C, l'altro "climatologo" anonimo... non preoccuparti, una partecipazione una tantum.
Bene, allora puoi startene tranquillamente in quarantena per un altro bel po’. Ciao, babe.