Questione di comunicazione
Comunicare la scienza del clima che cambia: ecco una splendida occasione per giornalisti, bloggers, professionisti della comunicazione scientifica, free lancer e curiosi di poter approfondire alcune tematiche importanti. Gli amici di climalteranti segnalano l'appuntamento a Milano al Circolo della Stampa (Corso Venezia 48) dalle 9.30 alle 12.00 di domani, giovedì, durante la quale si svolgerà un corso gratuito organizzato dall’Italian Climate Network (“costola italiana” di 350.org) su questo importante aspetto.
Stimolanti gli interventi: Sergio Castellari (Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici e focal point per l’Italia dell'IPCC ) parlerà delle trattative internazionali sul clima, da Kyoto a oggi; Federico Antognazza (tra i fondatori di Italian Climate Network) illustrerà come nasce e come si articola un grande movimento internazionale per le politiche sul clima; infine Stefano Caserini (docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, co-fondatore e coordinatore del seguitissmo blog climalteranti) farà il punto sui concetti chiave di una corretta informazione sul clima con uno speech dal titolo decisamente accattivante: "10 cose da sapere, 10 errori da evitare. Un percorso tra dati preoccupanti e notizie ad effetto, per non ripetere gli errori del passato".
Fondamentale, oggi ancora più di ieri, il ruolo della comunicazione scientifica per riuscire ad attuare il tanto auspicato shift culturale (di cui parlavo alla fine di questo post) in grado di produrre un reale cambiamento di pensiero nel sistema sociale, economico e produttivo. Sono molto d'accordo con quanto scrive Federica Gasbarro sul Fatto quotidiano di ieri a proposito del ruolo decisivo di università, media e di rimando della politica (in senso lato) nell'incrementare il giusto interesse sul tema dei cambiamenti climatici per il grande pubblico (compresi i manager delle business schools con future responsabilità aziendali in ambito di emissioni di gas serra) e nel verificare quanto e come l’opinione pubblica venga a conoscenza di questo complesso argomento (vedi anche qui e qui). Aggiungerei (come afferma anche Hansen) il ruolo delle scuole pre-universitarie. I giovani hanno il diritto di essere informati il più correttamente e efficacemente possibile su una problematica così importante e decisiva anche e soprattutto per le loro stesse sorti di cittadini di oggi e di domani.
A proposito della stampa, val la pena segnalare (oltre al notevole ruolo che svolge il già citato blog climalteranti) come la tematica venga affrontata, ad es., dalle due maggiori testate giornalistiche italiane.
Federico Pasquaré e Paolo Oppizzi hanno analizzato 1253 articoli pubblicati tra il 2007 e il 2010 su La Repubblica e il Corriere della Sera e hanno trovato come i due quotidiani contribuiscano a creare una forte dicotomia tra la drammatizzazione e la minimizzazione del problema, contribuendo a perpetrare una sorta di dissonanza cognitiva presso l'opinione pubblica. Per dirla con le parole dela giornalista citata prima:
In ordine al tema generale del post, mi permetto di segnalare anche questi interessanti articoli già presentati e discussi a suo tempo (a parte il primo, vengono da un'interessantissima session del meeting 2010 della GSA):
✔ The Temporal Structure of Scientific Consensus Formation
✔ Denialism in the classroom: how to teach students who reject science
✔ A rational imperative: the light of reason must illuminate reality and dispel resurgent shadows of the dark ages
✔ Conservation of mass and atmospheric CO2: identifying and improving students' misunderstandings of budgets
✔ Saving the best for last: addressing subjects of public controversy by answering questions first and placing conclusions in scientific context
✔ When clear presentation isn't enough: the need for a paradigm shift in science advocacy
Infine vi lascio con lo spunto di riflessione a cui ci invitava John Sterman contenuto nell'ultimo paragrafo di questo post. Di Sterman metterò domani sul blog la sintesi di un suo splendido speech tenuto qualche mese fa all'USI.
Stimolanti gli interventi: Sergio Castellari (Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici e focal point per l’Italia dell'IPCC ) parlerà delle trattative internazionali sul clima, da Kyoto a oggi; Federico Antognazza (tra i fondatori di Italian Climate Network) illustrerà come nasce e come si articola un grande movimento internazionale per le politiche sul clima; infine Stefano Caserini (docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, co-fondatore e coordinatore del seguitissmo blog climalteranti) farà il punto sui concetti chiave di una corretta informazione sul clima con uno speech dal titolo decisamente accattivante: "10 cose da sapere, 10 errori da evitare. Un percorso tra dati preoccupanti e notizie ad effetto, per non ripetere gli errori del passato".
Fondamentale, oggi ancora più di ieri, il ruolo della comunicazione scientifica per riuscire ad attuare il tanto auspicato shift culturale (di cui parlavo alla fine di questo post) in grado di produrre un reale cambiamento di pensiero nel sistema sociale, economico e produttivo. Sono molto d'accordo con quanto scrive Federica Gasbarro sul Fatto quotidiano di ieri a proposito del ruolo decisivo di università, media e di rimando della politica (in senso lato) nell'incrementare il giusto interesse sul tema dei cambiamenti climatici per il grande pubblico (compresi i manager delle business schools con future responsabilità aziendali in ambito di emissioni di gas serra) e nel verificare quanto e come l’opinione pubblica venga a conoscenza di questo complesso argomento (vedi anche qui e qui). Aggiungerei (come afferma anche Hansen) il ruolo delle scuole pre-universitarie. I giovani hanno il diritto di essere informati il più correttamente e efficacemente possibile su una problematica così importante e decisiva anche e soprattutto per le loro stesse sorti di cittadini di oggi e di domani.
A proposito della stampa, val la pena segnalare (oltre al notevole ruolo che svolge il già citato blog climalteranti) come la tematica venga affrontata, ad es., dalle due maggiori testate giornalistiche italiane.
Federico Pasquaré e Paolo Oppizzi hanno analizzato 1253 articoli pubblicati tra il 2007 e il 2010 su La Repubblica e il Corriere della Sera e hanno trovato come i due quotidiani contribuiscano a creare una forte dicotomia tra la drammatizzazione e la minimizzazione del problema, contribuendo a perpetrare una sorta di dissonanza cognitiva presso l'opinione pubblica. Per dirla con le parole dela giornalista citata prima:
❝La rappresentazione del dibattito sui cambiamenti climatici risulta così affetta da una specie di sindrome degli opposti in cui la posizione degli scettici risulta decisamente sovradimensionata (è il caso del Corriere, dicono gli autori) rispetto all’ampio consenso della comunità scientifica internazionale sul contributo dell’azione umana ai cambiamenti climatici. Dalla ricerca emerge una serie di distorsioni nel modo di trattare i cambiamenti climatici da parte dei due quotidiani (un tema che i giornali legano esclusivamente alla politica globale senza considerare l’importanza di poter affrontare il problema con l’azione diretta senza aspettare un accordo internazionale) che possono influire sulla rilevanza e la consapevolezza dell’opinione pubblica.Viene inoltre messa in evidenza - nell'ambito della rappresentazione dei rischi di dissesto idro-geologico associati ai cambiamenti climatici - la generale propensione dei due quotidiani a concentrare l'informazione sui danni causati dall'evento catastrofico piuttosto che sulla prevenzione. Ecco le highlights:
❝► We have explored the Italian print media construction of climate change and geohazards. ► Our study has used both a qualitative approach and a quantitative, software-based approach. ► The two analyzed newspapers are biased toward supporting either climate change “catastrophists” or “dissidents”. ► Both newspapers downplay the role of potential individual actions to counteract global warming. ► The Italian print media tend to cover stories of disasters rather than focusing on risk prevention and mitigation.
In ordine al tema generale del post, mi permetto di segnalare anche questi interessanti articoli già presentati e discussi a suo tempo (a parte il primo, vengono da un'interessantissima session del meeting 2010 della GSA):
✔ The Temporal Structure of Scientific Consensus Formation
✔ Denialism in the classroom: how to teach students who reject science
✔ A rational imperative: the light of reason must illuminate reality and dispel resurgent shadows of the dark ages
✔ Conservation of mass and atmospheric CO2: identifying and improving students' misunderstandings of budgets
✔ Saving the best for last: addressing subjects of public controversy by answering questions first and placing conclusions in scientific context
✔ When clear presentation isn't enough: the need for a paradigm shift in science advocacy
Infine vi lascio con lo spunto di riflessione a cui ci invitava John Sterman contenuto nell'ultimo paragrafo di questo post. Di Sterman metterò domani sul blog la sintesi di un suo splendido speech tenuto qualche mese fa all'USI.
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