Te lo do io il lag...
...inteso come lagtime, ovvero ritardo, isteresi, risposta inerziale con cui il sistema climatico reagirebbe a sollecitazioni impattanti. Si tratta di uno degli argomenti preferiti da coloro i quali - da perfetti campioni del D-K - non riescono a capacitarsi del fatto che il 90% dei 10 anni più caldi della serie degli ultimi 100 siano tutti farina del XXI secolo. E del fatto che, dopo un minimo solare piuttosto importante e protratto e dopo una Nina piuttosto importante e frequente (durante l'80% dell'ultimo lustro il sistema era in stato Nina-like), le temperature medie globali ancora non si siano decise a scendere, il global cooling continui irriducibilmente ad essere rimandato (nonostante i soliti appelli dalle solite truppe) e insomma: come è possibile che si continui imperterriti a salire?
Una delle varianti meno naive - che non sia il complotto dei climatologi che massaggiano i dati climatici, quello dei meteorologi che dopano le stazioni meteo, quello degli astrofisici che truccano i satelliti, quello degli oceanografi che manipolano le navi, ecc ecc. - fa capo all'effetto pipeline.
Sappiamo benissimo che questo effetto esiste nelle scienze geofisiche, basti pensare al deflusso fluviale o alla enorme capacità termica degli oceani, per es. Ma non è di questo che vorrei parlare oggi.
Il flusso fa oggi emergere un paio di esempi significativi di come la retorica del terrapiattismo (o, al limite, dell'ossessione per lo scetticismo distruttivo e compulsivo) costruisca delle perfette fallacie di sostanza nel tentativo di convincere con argomentazioni apparentemente robuste.
Lag oceanici
Il primo esempio è l'ormai ben noto ritardo con il quale il clima globale risponderebbe alle oscillazioni multidecennali oceaniche. In particolare, ci viene detto che la PDO guiderebbe l'andamento termico globale e, siccome questo modo di variabilità a bassa frequenza delle temperature superficiali marine dell'oceano Pacifico settentrionale (a forte legame con l'ENSO) soggiace a cicli di circa 50 anni, ecco che può essere sovrapposta ai cicli termici globali. E anzi: li indurrebbe. Sulla PDO dedicherò un post a parte, e in quel post mostrerò come questa oscillazione, in realtà, sia un riflesso di come cambia il pattern spaziale delle SST in quella vasta porzione di oceano nel tempo, come sia una sorta di traccia lasciata dall'ENSO nella sua continua redistribuzione del calore, come risponda ai trend generali e come i suoi cicli siano tutt'altro che regolari. Insomma: non esiste in quanto tale come entità a se stante e forzante.
Comunque, per tornare a bomba: cicli di circa 50 anni nel XX secolo (quindi un paio di cicli!), per cui ecco che la prima rampa delle T globali fra gli anni 10 e gli anni 40 è spiegata con la PDO in fase prevalentemente positiva, la stasi del trentennio metà anni 40-metà anni 70 con la fase negativa della PDO e poi la seconda grande impennata post-metà anni 70 con la successiva fase positiva della PDO. Bene. Se non che nel 1976/77 (segnatevi la data!), coincidente con il rapido shift di regime climatico dello stato del Pacifico e più o meno con il change- e breakpoint delle T globali, l'accoppiamento fra PDO e T globali sarebbe immediato e corrispondente.
22 anni dopo, nel 1998/99 (dopo il Nino-monstre), il successivo shift climatico dello stato del Pacifico e l'inizio della attuale nuova fase di PDO negativa non equivarrebbe a nessun cambiamento nelle T globali e quello che ci viene detto è che occorre attendere il dovuto e normale lagtime. A 13 anni dall'ultimo shift del Pacifico, stiamo ancora aspettando l'inversione delle T globali. Considerando poi come di solito il raffreddamento proceda più rapidamente del riscaldamento a causa del più rapido miscelamento delle anomalie negative nell'oceano, la cosa appare ancora più fatua.
Coerenza cercansi.
Lag solari
Il secondo è l'arcinoto esempio del fornello e della pentola. Decenni di cicli solari intensissimi e ora un sole decisamente più pigro, ma che si vuole: l'acqua mica può raffreddarsi nella pentola subitaneamente se abbasso il fornello di qualche tacca. Chiaro, no?
A parte che i decenni di cicli solari intensissimi sono più che altro uno dei tanti miti diffusi; a pare che, semmai, il fornello si è abbassato di una microtacca (variazione della TSI nel XX secolo: circa 0.03%); a parte che inerzia termica significa che il sistema si riscalda/raffredda lentamente non che inizia a perdere energia a distanza di tempo e quindi non esiste lag nell'accumulo o perdita di energia. Però, insomma dai: come si può pensare che la riduzione di un valore infimo dell'intensità del fornello sul lungo periodo possa indurre una significativa risposta termica (sull'acqua della pentola) laggata nel tempo (di quanto, poi?) mentre per es. è stato già dimostrato che le fluttuazioni undecennali di un'ampiezza di un ordine di grandezza superiore (variazione della TSI all'interno di un ciclo undecennale, fra massimo e minimo: circa 0.1%) producono risposte minime (circa 0.05 K) con lag di circa 1-2 anni e oscillazioni intra-annuali di un'ampiezza di quasi due ordini di grandezza superiori (eccentricità dell'orbita: variazione della TSI fra perielio e afelio: circa 7%) vengono assorbiti e modulati dal sistema (soprattutto dagli oceani australi) mediante resilienza senza quasi nessun ritardo? Siamo nel campo della pura omeopatia solare, evidentemente.
Non funziona così, il clima. Ce lo dimostra il più potente, immediato ed effimero forcing radiativo esistente: quello delle grandi eruzioni vulcaniche, il cui forcing, grosso ma anche di breve durata, decresce rapidamente nel tempo. Ebbene: al netto dei feedback veloci (vapore acqueo, ghiacci marini artici) e del riequilibrio del mixed layer oceanico, la risposta del sistema climatico è rapida (alcuni anni, massimo un decennio) e tende ad assomigliare ad una curva come quella rappresentata qui a lato, nella quale si vede bene come il grosso della risposta climatica ad una qualsiasi sollecitazione esterna - al netto della variabilità interna - avvenga su scala decennale.
La risposta climatica ad uno specifico forcing dipende dalla durata di quel forcing su un periodo comparabile al tempo di risposta del sistema climatico e inoltre alcune componenti del sistema, compreso quello oceanico, rispondono rapidamente alle variazioni nei forcing radiativi, altre meno. Qual è il tempo di risposta del sistema climatico a forcing come quelli solari? Mesi? Un anno? Più anni? Decenni? Secoli?
Calcolando il prodotto della risposta di equilibrio per la funzione risposta climatica (fortemente non lineare) per la CO2 otteniamo il grafico postato sopra a sx, quello che sembrerebbe maggiormente verosimile (e provvisoriamente non falso) per quel che riguarda il forcing solare è quest'altro a dx, assai simile.
Una delle varianti meno naive - che non sia il complotto dei climatologi che massaggiano i dati climatici, quello dei meteorologi che dopano le stazioni meteo, quello degli astrofisici che truccano i satelliti, quello degli oceanografi che manipolano le navi, ecc ecc. - fa capo all'effetto pipeline.
Sappiamo benissimo che questo effetto esiste nelle scienze geofisiche, basti pensare al deflusso fluviale o alla enorme capacità termica degli oceani, per es. Ma non è di questo che vorrei parlare oggi.
Il flusso fa oggi emergere un paio di esempi significativi di come la retorica del terrapiattismo (o, al limite, dell'ossessione per lo scetticismo distruttivo e compulsivo) costruisca delle perfette fallacie di sostanza nel tentativo di convincere con argomentazioni apparentemente robuste.
Lag oceanici
Il primo esempio è l'ormai ben noto ritardo con il quale il clima globale risponderebbe alle oscillazioni multidecennali oceaniche. In particolare, ci viene detto che la PDO guiderebbe l'andamento termico globale e, siccome questo modo di variabilità a bassa frequenza delle temperature superficiali marine dell'oceano Pacifico settentrionale (a forte legame con l'ENSO) soggiace a cicli di circa 50 anni, ecco che può essere sovrapposta ai cicli termici globali. E anzi: li indurrebbe. Sulla PDO dedicherò un post a parte, e in quel post mostrerò come questa oscillazione, in realtà, sia un riflesso di come cambia il pattern spaziale delle SST in quella vasta porzione di oceano nel tempo, come sia una sorta di traccia lasciata dall'ENSO nella sua continua redistribuzione del calore, come risponda ai trend generali e come i suoi cicli siano tutt'altro che regolari. Insomma: non esiste in quanto tale come entità a se stante e forzante.
Comunque, per tornare a bomba: cicli di circa 50 anni nel XX secolo (quindi un paio di cicli!), per cui ecco che la prima rampa delle T globali fra gli anni 10 e gli anni 40 è spiegata con la PDO in fase prevalentemente positiva, la stasi del trentennio metà anni 40-metà anni 70 con la fase negativa della PDO e poi la seconda grande impennata post-metà anni 70 con la successiva fase positiva della PDO. Bene. Se non che nel 1976/77 (segnatevi la data!), coincidente con il rapido shift di regime climatico dello stato del Pacifico e più o meno con il change- e breakpoint delle T globali, l'accoppiamento fra PDO e T globali sarebbe immediato e corrispondente.
22 anni dopo, nel 1998/99 (dopo il Nino-monstre), il successivo shift climatico dello stato del Pacifico e l'inizio della attuale nuova fase di PDO negativa non equivarrebbe a nessun cambiamento nelle T globali e quello che ci viene detto è che occorre attendere il dovuto e normale lagtime. A 13 anni dall'ultimo shift del Pacifico, stiamo ancora aspettando l'inversione delle T globali. Considerando poi come di solito il raffreddamento proceda più rapidamente del riscaldamento a causa del più rapido miscelamento delle anomalie negative nell'oceano, la cosa appare ancora più fatua.
Coerenza cercansi.
Lag solari
Il secondo è l'arcinoto esempio del fornello e della pentola. Decenni di cicli solari intensissimi e ora un sole decisamente più pigro, ma che si vuole: l'acqua mica può raffreddarsi nella pentola subitaneamente se abbasso il fornello di qualche tacca. Chiaro, no?
A parte che i decenni di cicli solari intensissimi sono più che altro uno dei tanti miti diffusi; a pare che, semmai, il fornello si è abbassato di una microtacca (variazione della TSI nel XX secolo: circa 0.03%); a parte che inerzia termica significa che il sistema si riscalda/raffredda lentamente non che inizia a perdere energia a distanza di tempo e quindi non esiste lag nell'accumulo o perdita di energia. Però, insomma dai: come si può pensare che la riduzione di un valore infimo dell'intensità del fornello sul lungo periodo possa indurre una significativa risposta termica (sull'acqua della pentola) laggata nel tempo (di quanto, poi?) mentre per es. è stato già dimostrato che le fluttuazioni undecennali di un'ampiezza di un ordine di grandezza superiore (variazione della TSI all'interno di un ciclo undecennale, fra massimo e minimo: circa 0.1%) producono risposte minime (circa 0.05 K) con lag di circa 1-2 anni e oscillazioni intra-annuali di un'ampiezza di quasi due ordini di grandezza superiori (eccentricità dell'orbita: variazione della TSI fra perielio e afelio: circa 7%) vengono assorbiti e modulati dal sistema (soprattutto dagli oceani australi) mediante resilienza senza quasi nessun ritardo? Siamo nel campo della pura omeopatia solare, evidentemente.
Non funziona così, il clima. Ce lo dimostra il più potente, immediato ed effimero forcing radiativo esistente: quello delle grandi eruzioni vulcaniche, il cui forcing, grosso ma anche di breve durata, decresce rapidamente nel tempo. Ebbene: al netto dei feedback veloci (vapore acqueo, ghiacci marini artici) e del riequilibrio del mixed layer oceanico, la risposta del sistema climatico è rapida (alcuni anni, massimo un decennio) e tende ad assomigliare ad una curva come quella rappresentata qui a lato, nella quale si vede bene come il grosso della risposta climatica ad una qualsiasi sollecitazione esterna - al netto della variabilità interna - avvenga su scala decennale.
La risposta climatica ad uno specifico forcing dipende dalla durata di quel forcing su un periodo comparabile al tempo di risposta del sistema climatico e inoltre alcune componenti del sistema, compreso quello oceanico, rispondono rapidamente alle variazioni nei forcing radiativi, altre meno. Qual è il tempo di risposta del sistema climatico a forcing come quelli solari? Mesi? Un anno? Più anni? Decenni? Secoli?
Calcolando il prodotto della risposta di equilibrio per la funzione risposta climatica (fortemente non lineare) per la CO2 otteniamo il grafico postato sopra a sx, quello che sembrerebbe maggiormente verosimile (e provvisoriamente non falso) per quel che riguarda il forcing solare è quest'altro a dx, assai simile.
Molti studi convergono nel definire questo lasso di tempo dell'ordine di qualche anno. Non di decenni. Tantomeno di secoli.
Strano come gli stessi vulcani spesso tirati in ballo per giustificare potenziali futuri di global cooling cancellante l'AGW e cavallo di battaglia del motto anti-modellizzazione climatica dei terraps "non è certo dunque non è vero" siano poi bellamente dimenticati quando si parla di lagtimes
Grazie del post, quello del lag era un problema sul quale mi ponevo domande ma che non avevo ancora approfondito.
RispondiEliminaCiao Paolo,
RispondiEliminatieni anche conto che questo è un semplice postino, sul lag e più in generale sulle risposte inerziali del sistema climatico ci sarebbe tantissimo da dire e anche da studiare, naturalmente. Qui ho voluto semplicemente mettere in risalto un paio fra le più belle e pregevoli contraddizioni su ben note tematiche continuamente usurpate e riciclate dall'apparato terrapiattista.
Ne sono consapevole, intendevo dire che può essere una buona occasione per approfondire, un punto di partenza.
RispondiEliminaBuona domenica