Hard rain




Piogge più intense, siccità più grandi: la frequenza degli eventi climatici estremi (in questo caso associati al ciclo dell'acqua), a causa del GW, sta aumentando. Questo è quanto emerge dai tre lati del triangolo della scienza: ce lo ricorda la teoria, ce lo dicono i modelli climatici, ce lo mostrano le osservazioni empiriche.

Rimane tuttavia non priva di difficoltà la tappa subito successiva: è possibile dimostrare che singoli e puntuali eventi meteorologici estremi - come ad es. le alluvioni recenti in Australia, Brasile o quelle pakistane dell'anno scorso o quelle nella Svizzera nordalpina dell'agosto 2005 o quelle germaniche nell'estate 2002, tutte relazionate a eventi di precipitazione estrema... - siano riconducibili al GW indotto da attività antropiche (AGW)? In fondo, eventi meteorologici estremi sono sempre accaduti e fanno parte nella normale variabilità meteorologica che, nel corso del tempo, costituisce l'andamento climatico.
Più volte (vedi ad es. questo recente post di sintesi), qui a MS, abbiamo cercato di dipanare questa intrigata e intrigante matassa.

Recentemente, però - oltre a quel che già avvevamo scritto -, sono stati pubblicati due studi su Nature che sembrerebbero corroborare le ipotesi fatte sopra (qui l'opinione di alcuni climatologi).
Nel primo studio canadese/britannico viene mostrato come le piogge estreme durante gli ultimi 50 anni siano chiaramente aumentate (perlomeno su 2/3 delle terre emerse dell'emisfero nord) e questo è effettivamente da imputarsi, in gran parte, all'influsso antropico sul clima. Questa dimostrazione è stata resa possibile grazie ad osservazioni precise delle precipitazioni e al metodo utilizzato: al posto dei luoghi, i ricercatori hanno esaminato i pattern spaziali e li hanno poi abilmente combinati con i modelli climatici e i dati misurati. Si tratta di uno studio importante, ma che però in realtà non fa che confermare le ipotesi già effettuate sull'effetto che l'AGW è in grado di indurre sul ciclo idrologico (come da teoria termodinamica e come già spiegato nel post linkato prima).
Da notare che in alcune regioni dove il GW sta accelerando in maniera più forte del previsito (come l'Europa), il rapporto segnale/rumore sta cominciando ad essere meno basso e aumenta persino su scale più piccole della griglia spaziale, segno che il range della variabilità naturale è fuori da tempo (il paper linkato qui si riferisce però solamente agli effetti che il GW indice sulle _temperature europee_).

L'altro lavoro cerca invece di rispondere alla successiva domanda: c'è qualche legame fra singoli eventi estremi e l'AGW? Impossibile dirlo con sicurezza, of course. Quasi ogni evento (e, direi, soprattutto quelli non direttamente riconducibili alle mere considerazioni di natura statistico/probabilistica come l'incremento delle heatwaves in un mondo più caldo) è in primis anche e soprattutto associato alla variabilità naturale.
Tuttavia, come già detto, non solo per l'intuitivamente più comprensibile dominio delle temperature, ma pure nell'ambito del ciclo idrologico possiamo dire che il GW muta le condizioni al contorno nei quali si manifesta la variabilità naturale e quindi la frequenza di questi eventi. Questo studio britannico, svizzero e giapponese, infatti, approfondisce proprio questa questione. Secondo gli autori, l'AGW avrebbe aumentato la frequenza di eventi estremi come quelli che hanno accompagnato l'autunno a mollo degli inglesi nel 2000. Non si dice, ovviamente, che _ogni_ evento sia figlio dell'AGW (come i soliti terrapiattisti, dalla centralina, continuano a dire, disinformando scientemente), ci mancherebbe! Tuttavia, quel che emerge è la possibilità di calcolare quanta parte in causa le attività antropiche oggi abbiano. Una bella differenza!
Con la modellizzazione climatica vengono calcolate centinaia di simulazioni, ciascuna con e senza l'influsso antropico. Se ad es. un evento di precipitazione con un tempo di ritorno di un secolo, attraverso la simulazione con l'aggiunta dell'impronta antropica mostrasse una comparsa ogni 30 anni (cioè con una frequenza tre volte maggiore rispetto al segnale che si avrebbe senza l'influenza antropica), allora si potrebbe dire che l'uomo - dal punto di vista statistico - è corresponsabile per i 2/3 dei _potenziali danni_ causati dall'evento. Potenziali, sottolineo: perché poi, come già detto zillanta volte, fra evento potenzialmente scatenante in sé (pioggia estrema) e catastrofe indotta (inondazioni, alluvioni, frane, colate di fango e di detriti,...) ci sono ovviamente tutti i filtri e i biases relativi alla vulnerabilità di un territorio sempre più sfruttato e modificato dall'uomo.

Evidenti le possibili ripercussioni di un'estensione di una simile analisi, non tutte positive e auspicabili.
Per es. con un po' di speculazione si potrebbero già oggi ipotizzare, con simili calcoli, i costi dei danni causati dalle emissioni di CO2. La Svizzera, per es., per ogni tonnellata di CO2 emessa dovrebbe pagare un paio di dollari per l'heatwave russa e le inondazioni pakistane del 2010 o quelle germaniche del 2002. In quest'ultimo caso, i danni dell'alluvione dell'estate 2002 causarono dei costi di ricostruzione stimati a 20 miliardi di Euro.

Fantasie futuristiche proibite? Può darsi e sarebbe anche comprensibile una certa preoccupazione a riguardo (come valutare economicamente il delicato nesso causale fra evento e danno provocato, in considerazione di quanto detto sopra?). In ogni caso, è da prevedere che qualcuno ci stia già pensando. Alcuni avvocati, probabilmente, stanno già riflettendo su un nuovo modello commerciale e l'idea che gli scienziati del clima siano chiamati davanti ad un tribunale per commentare le possibili implicazioni e la possibile richiesta di pena per un evento meteorologico estremo, non è molto allettante. Una controversia del genere sarebbe anche tutt'altro che a buon mercato.

In ogni caso, questa possibilità, oltre che una potenziale idea ballardiana, potrebbe anche farsi largo in futuro. Chiedere ad esempio a Munich Re o a Swiss Re ulteriori dettagli a riguardo.

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UPDATE 21/2: in risposta all'ennesima produzione delirante di certe solite centraline, vorrei qui mostrare velocemente come - in questo caso nell'area geografica in cui risiedo e ai suoi margini - i risultati degli studi discussi in questo post siano confermati anche da numerose altre analisi (vedi ad es. qui). I 2 esempi proposti riguardano la Svizzera nel suo insieme (1) e la sua parte sudalpina (2), studio questo focalizzato sull'Italia.

(1) Questo lavoro mostra come, soprattutto in inverno (intensità, durata e frequenza) e autunno (solo intensità), gli eventi di precipitazione estrema siano decisamente aumentati. Un sunto anche qui. Grafici per la stazione di Zurigo qui.

(2) La parte sudalpina della Svizzera è, in questo secondo interessante lavoro, un'area compresa fra le regioni NW e NEN delle categorie con cui gli autori hanno suddiviso l'area geografica pertinente alla loro analisi. Ebbene, anche i questo caso emerge il fatto che in queste regioni l'intensità delle precipitazioni sia aumentata, a scapito del numero di giorni con pioggia e quindi con il quantitativo totale relativamente invariato (soggetto a forte variabilità interannuale e interdecennale e senza uno spiccato trend anche nella serie di Lugano), segno evidente di maggior frequenza di eventi di precipitazioni estreme. Il lavoro contempla il periodo fra il 1880 e il 2002.
Un' analisidi questi tipo effettuata qualche anno fa da parte di MeteoSvizzera mostrava risultati simili. 

Insomma: ennesima detection and attribution su scala regionale del cambiamento climatico in corso (vedi il triangolo di cui si parla ad inizio post), ennesima impronta del GW al lavoro. Non a caso (giusto per rispondere anche a questa faccenda), il feedback più potente, da queste parti, è pure decisamente al lavoro (da qui), soprattutto in quota.


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Commenti

  1. Ho messo anch'io un avviso sulle correlazioni, ma visto che sei "sulla notizia" ti linko.
    Da collegare a:
    www.pnas.org/content/early/2011/02/04/1100480108.abstract
    Se non s'adattano i paesi ricchi, quelli poveri?

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