Ipotesi 0
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L'ipotesi nulla (H0) è definita come un'affermazione sulla distribuzione di probabilità di una o più variabili casuali. In sostanza, si tratta di un'ipotesi provvisoriamente accettata finché non è ritenuta valida quella contraria. Nel test statistico si cerca di verificare la veridicità di una determinata ipotesi effettuata su un fenomeno, con un certo livello di confidenza: finché non è respinta con significatività sufficiente (per es. del 5%, cioè finché non si è sicuri con un intervallo di confidenza al 95% che non sia valida), verrà sempre accettata, altrimenti sarà sostituita dalla nuova ipotesi H1.
Nella scienza, l'ipotesi nulla è molto usata quando si fanno verifiche su specifici contesti o quadri generali di riferimento. Molto spesso, mutati nel tempo questi contesti (forse definirli paradigmi è un po' troppo) come effetto del progresso della conoscenza scientifica in materia, anche l'ipotesi nulla può benissimo essere rovesciata come un guanto e anzi: succede piuttosto di frequente.
Per es.: vogliamo sapere se le colture OGM siano dannose alla salute, accettiamo come valida l'ipotesi nulla che lo siano e cerchiamo di verificare e dimostrare che non lo sono. Finché non lo avremo fatto, riteniamo valida l'H0. In realtà, come sappiamo oggi dalle evidenze, l'ipotesi nulla in tal campo si è ribaltata: visto che la maggior parte della comunità scientifica nel ramo delle biotecnologie ritiene non dannose le colture OGM (lasciando stare, in questo caso, effetti di natura economica e relativi alla biodiversità), chi non ritiene valida questa ipotesi deve riuscire a respingerla mediante l'onere della prova, dimostrando che non sia più valida.
Sul tema del contributo antropico nel GW, vale lo stesso discorso fatto prima (la differenza, molto bizzarra, risiede nel fatto che chi è "scettico" sull'AGW, spesso, non lo è sugli OGM, anzi: e questo illogico atteggiamento nei confronti di due rami della scienza odierna francamente lo trovo incomprensibile). L'onere della prova, stante le condizioni al contorno e il contesto di riferimento (si vedano ad es. questo, questo o questo post), spetta oggi e direi da qualche tempo agli "scettici" dell'AGW e dei modelli climatici. Pena la riduzione all'assurdo, come avevo già scritto nel post segnalato. Non a caso, a furia di essere "scettici" sull'ipotesi nulla ribaltata mediante la "proposta indecente" di Trenberth (con tanto di GCM in uso per testarla), non si può che sfociare nella dissonanza cognitiva, splendidamente espressa nella famosa fiaba "la volpe e l'uva" (h/t Carlo Cacciamani in una risposta al post di Pasini).
In ogni caso, vista la maggior inclinazione degli scienziati ad effettuare errori del secondo tipo (quelli del falso negativo: accettare un'ipotesi nulla sbagliata), piuttosto che del primo (la relativa "immunità" del falso positivo deriva dall'atteggiamento molto conservativo della scienza in termini di significatività statistica e di confidenza), andrebbe rivista la valutazione del contesto in cui si manifesta il GW e il rapporto fra variabilità naturale e cambiamento del clima.
Per es. è ovvio che i recenti eventi meteorologici estremi di tipo alluvionale verificatisi in Australia, Brasile, Sri Lanka, Sudafrica, Germania e Francia siano eventi separati e puntuali. Dipendenti da cause differenti: la forte Nina per l'Australia e il Brasile, i forti monsoni per lo Sri Lanka, il massiccio e intensivo aumento di temperatura nelle Alpi innevate dopo un gelido dicembre che ha innescato forte fusione e piene nei fiumi. E poi ancora protratta siccità ante-evento ed erosione progressiva dei suoli per l'Australia, orografia e territorio montagnoso e franoso in Brasile; su tutti: continua pressione sul territorio, in termini di costruzioni, abitazioni, vulnerabilità, insediamenti di beni e di persone sulle coste e in zone sempre più a rischio di dissesti idrogeologici (ne parlavo qui l'anno scorso).
E quindi apparentemente nessun legame con il GW. Ma l'eccezionalità in termini di intensità e/o durata delle precipitazioni (prima ancora che tocchino suolo e facciano danni e creino allagamenti) non va confusa con quel che ho scritto prima a proposito del land use: qui vediamo la variabilità naturale e il contesto di riferimento al lavoro. Nel primo caso ci possiamo mettere ad es. l'ENSO, nel secondo il GW. Uno e l'altro, insieme e al lavoro. Non uno o l'altro: tutti e due, perché probabilmente sono due aspetti fra di loro interagenti e in ogni caso e soprattutto perché il mutato quadro generale di riferimento fa sì che cambino anche le probabilità, la distribuzione di frequenza e l'intensità di questi fenomeni estremi (così come delle heatwaves, ad es.).
Naturalmente è anche comprensibile (ma solo in parte giustificabile) lo scetticismo e i dubbi costruttivi di chi non se la sente ancora di ribaltare completamente l'ipotesi in oggetto, dal momento che - come sosteneva lo stesso Trenberth in questo suo famoso paper del 2009 o in quello altrettanto famoso pubblicato con Fasullo su Science l'anno scorso - una delle principali questioni chiave di questi e dei prossimi anni è e sarà il miglioramento del monitoraggio dei flussi di energia all'interno dei sistema climatico. Tuttavia, per citare lo stesso climatologo, "there is continual heating of the panet, referred to as radiative forcing, by accelerating increases of CO2 and other GHGs due to human activities" (al netto di aerosol e land use, nds) e quindi è pienamente giustificabile il fatto che il GW sia considerato inequivocabile e "very likely" (cioè con una stima > al 90%) indotto dalle attività antropiche.
Qui lo speech che Trenberth ha effettuato al meeting dell'AMS l'altro giorno, nel quale parla proprio di questo aspetto. E qui il recente post di Pasini, interessante leggersi anche la trafila di commenti, post ancora "caldo" e commenti probabilmente ancora in coda.
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