Fluttuazioni nel trend artico


Ottava estensione più bassa da inizio serie satellitare per la bachisa artica al minimo annuale, questo settembre. "Solo" ottava (si fa per dire: siamo sempre abbondantemente sotto la mediana e sotto anche il range interdecile) grazie soprattutto alle favorevoli condizioni estive dell'Artico; ennesima annata nelle top10 grazie al trend di fondo (9 dei 10 minimi estivi più bassi sono tutti appartenenti all'ultimo decennio). 

Rank dal record in su:
1)  2012: 3,39 mio kmq
2)  2019: 4,14 mio kmq
3)  2007: 4,16 mio kmq
4)  2016: 4,17 mio kmq
5)  2011: 4,34 mio kmq
6)  2015: 4,43 mio kmq
7)  2008: 4,59 mio kmq
8)  2018: 4,59 mio kmq
9)  2010: 4,62 mio kmq
10)  2018: 4,66 mio kmq
11)  2017: 4,67 mio kmq
12) 2014: 5,03 mio kmq
13) 2013: 5,05 mio kmq
14) 2009: 5,12 mio kmq


Volume totale dei ghiacci marini artici, peraltro, ai minimi storici. E quindi spessore sempre più sottile (stimati circa 1 m e 20 cm in meno in tre decenni e mezzo in luglio!), ghiaccio sempre più giovane e fragile. E soggetto, così, alle fluttuazioni interannuali dominate dalla variabilità interna. Uno stato sempre più erratico nel contesto di un trend di fondo irriducibile. 


Infatti, per es., nessun altro periodo di 12 mesi (dal settembre 2016 al mese di agosto 2017) ha avuto una percentuale così persistentemente bassa di ghiaccio marino. E la media dei primi 8 mesi del 2017 mostra la seconda estensione più bassa dopo quella del 2016.


Un paio di opinioni a riguardo da parte di Ed Hawkins (EH) e di Julienne Stroeve (JS), vedi anche la prima intervista (primo minuto) del video a seguire:

EH: 
I cambiamenti nell'estensione del ghiaccio estivo sono dominati dal trend a lungo termine al ribasso, ma sono anche fortemente influenzati dal tempo artico durante ogni specifica estate. Ci sono grandi fluttuazioni di anno in anno, un po' come una palla che scende rimbalzando su una collina accidentata. Ciò mette in evidenza la necessità di non enfatizzare troppo l'estensione del ghiaccio in un particolare giorno o in un determinato mese; l'attenzione dovrebbe invece essere posta maggiormente sul quadro d'insieme. Il ghiaccio marino artico sta fondendo e continuerà a farlo, mentre le temperature globali continuano ad aumentare. 
JS:
Siamo reduci da tre inverni di fila con temperature artiche eccezionalmente calde, una caratteristica che non abbiamo mai visto da inizio serie. Questa è una condizione negativa per lo spessore del ghiaccio. Tuttavia, penso che questa estate dimostri come, nonostante i precondizionamenti (ghiaccio sottile, meno estensione), le condizioni climatiche estive governano in gran parte la quantità di ghiaccio che si troverà alla fine della stagione e questo fattore sarà sempre più importante in futuro, vista la situazione in corso. Non è stata un'estate particolarmente calda nell'Artico ed è stato piuttosto tempestoso. Questo ha contribuito a limitare la fusione del ghiaccio. Anche se non abbiamo raggiunto un nuovo record di minimo, l'estensione è comunque scesa sotto i 5 mio di kmq, ciò che non è mai successo prima del 2007.


Ecco una serie di grafici al solito piuttosto self-explained (fonte dei primi due: Ed Hawkins, fonte di quelli successivi: Zachary Labe).











Insomma: direi che un decennio dopo il primo tracollo importante, possa valere ancora la considerazione che facevo allora e che riportavo in questo post. Scusandomi per l'autoquote, ne ricopio qui i punti salienti:
La banchisa artica è entrata in una sorta di circolo vizioso: i ghiacci artici – stante il loro spessore minimo, la loro giovane età e la progressiva diminuzione del rapporto volume/area – stanno diventando sempre più sensibili alle condizioni atmosferiche e questo fa sì che, nella stagione della fusione, non recuperano più neppure quando la variabilità naturale interannuale è favorevole (come nel 2008). La novità, rispetto al passato dell’era satellitare (ultimi 30 anni), è costituita dal fatto che, come già più volte ribadito, siamo in presenza di un nuovo stato della banchisa e quest’ultima si sta comportando in modo assolutamente nuovo per quel che riguarda la velocità e l’estensione della perdita glaciale primaverile/estiva e la velocità di ricrescita autunnale/invernale associata ad incremento di temperature dell’aria artica. (...) non c’è nessun segnale di inversione generale di tendenza, anzi. Se continua in futuro il trend (e non c’è motivo, al momento, di ipotizzare un cambio di tendenza, visto il precondizionamento in atto e i processi di feedback in gioco, ed una volta innescati i feedback il trend può proseguire di sola inerzia per parecchi anni), allora saremo spettatori di processi ancora più estremi e spettacolari.

Walsh et al. 2016, h/t roberto k (indirettamente). John Walsh

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Chiudiamo con qualche considerazione riguardo alle simulazioni dell'estensione della banchisa artica da parte dei modelli.
Al di là del trend di fondo, ci sono evidenti difficoltà nel riuscire a "catturare" le fluttuazioni di corto periodo indotte dalla variabilità interna e questo è piuttosto tipico delle simulazioni che concernono anche altri parametri fisici (per es. l'andamento termico regionale ma pure globale, vedi ad es. questo post esaustivo). Tuttavia c'è una certa difficoltà anche a simulare il trend di fondo dell'estensione della banchisa, perché - come evidenziavano già questi lavori del 2007 e del 2012 e come riporta anche il cap. 9.4.3 del WG1 dell'AR5 - pare piuttosto evidente una sottostima rispetto all'andamento generale osservato. Se per le temperature globali si è spesso parlato (a volte anche a vanvera) di una sovrastima dei modelli rispetto alla situazione osservata, per la banchisa artica il paragone sembra opposto. La maggior parte dei modelli mostra, in effetti, un'apparente bassa sensibilità dell'estensione della banchisa artica al forcing da CO2, probabilmente associata ad una sottostima sia della simulazione dell'aumento della radiazione ad onda lunga incidente e sia della simulazione della risposta climatica transitoria.
Come spiega bene ad es. questo lavoro (vedi anche la figura sotto), la variabilità interna del clima può mascherare o esacerbare la perdita di ghiaccio marino indotta dalla forzatura radiativa antropica* su finestre temporali che variano da anni a 1-2 decenni.

Swart et al. 2015

La tendenza osservata riflette sia la risposta forzata del sistema all'influenza antropica come pure la variabilità interna, anche quando si considerano lassi temporali multi-decennali. Nella media ensemble dei modelli l'influenza della variabilità interna viene efficacemente mediata e la tendenza riflette principalmente la risposta del modello reale al forcing esterno. Pertanto, non c'è ragione di aspettarci che la tendenza osservata si sovrapponga esattamente alla media dei modelli. Allo stesso modo, il fatto che la tendenza osservata cada al di fuori dello specifico intervallo di confidenza di molte singole realizzazioni viene spesso preso come prova che i modelli sottostimano la tendenza osservata. Tuttavia, come detto, le tendenze nelle osservazioni e nelle singole realizzazioni dei modelli possono differire significativamente a causa di differenze casuali nella variabilità interna, anziché differenze nella risposta reale al forcing esterno.

Alcuni singoli modelli sono però in grado di simulare piuttosto bene la diminuzione della copertura della banchisa artica, in accordo con le osservazioni. Secondo questo lavoro interessante, questo piccolo sottoinsieme - per ottenere una risposta così simile alle osservazioni -  deve giocoforza simulare un livello di GW maggiore di quello che in realtà è osservato nel corso degli ultimi decenni, suggerendo che questi modelli riescano ad intercettare il trend di ritiro della copertura glaciale marina nell'Artico per ragioni sbagliate e che questa discrepanza non può essere spiegata attraverso il ricorso alla sola variabilità interna. La ragione suggerita dagli stessi autori in un altro lavoro è da ricercarsi nella ridotta considerazione - nella precedente generazione di modelli CMIP3, rispetto ai più recenti e migliori CMIP5 - del forcing esterno indotto dalle eruzioni vulcaniche che, all'inizio del periodo di simulazione e osservazione considerato (grossomodo il primo decennio sui tre e mezzo del periodo satellitare) - grazie ai due grossi eventi dell'eruzione di El Chicon nel 1982 e del Pinatubo nel 1991 - avrebbero raffreddato il clima e favorito (sfavorito) una maggior espansione (contrazione) della banchisa artica, introducendo così, nei CMPI3, un eccessivo bias riscaldante nella prima parte del periodo considerato e un conseguente ridotto trend termico nell'Artico accompagnato da una sottostima della riduzione della banchisa.
Lavori stimolanti, da integrare con quanto spiegato prima a proposito della variabilità interna, che potrebbe giocare un ruolo prioritario nella ancor notevole differenza (seppur ridotta nella media ensemble dei CMIP5) fra simulazioni e osservazioni (vedi tabella sotto, tratta dal lavoro di Rosenblum & Eisenman) e che, secondo uno studio recente, porterebbe ad un'incertezza di previsione su una finestra temporale di circa due decenni.



USCGC Healy nel mare di Beaufort, a nordest di Barrow, Alaska, durante una recente missione di raccolta dati

*Una parte importante della cosiddetta amplificazione artica (il riscaldamento più forte che stanno subendo le regioni artiche rispetto alla media globale, vedi anche qui) - come spiegato da questo interessante studio (vedi immagine sotto) -  è dovuta principalmente ai feedback dell'albedo e di lapse rate (dovuto al riscaldamento non uniforme lungo la troposfera) e di Planck. Il feedback di lapse rate è negativo nei tropici poiché la convezione profonda trasferisce calore latente nell'alta troposfera ma è fortemente positivo (in inverno e nella media annuale) nell'Artico dove la troposfera è fredda e fortemente stratificata. Il forcing dei gas serra e il feedback del vapore acqueo invece sono più positivi nei tropici, i restanti due termini (nuvole e trasporto atmosferico) sono più incerti e dibattuti. A livello stagionale il feedback dato dall'albedo è molto positivo in estate e quasi nullo in inverno, tuttavia in estate è in gran parte compensato dall'accumulo di calore nell'oceano (sia radiazione solare/IR che calore latente di fusione del ghiaccio) motivo per cui l'aumento termico atteso è modesto; in inverno questo calore viene rilasciato in atmosfera e porta ad un marcato riscaldamento limitato alla bassa troposfera.

Pithan & Mauritsen 2014

Commenti

  1. Mitica!
    'the Arctic is changing' ... a supporto un fit lineare che inizia neanche 40 anni fa.
    Domanda ai climatocatastrofisti: cosa faceva prima del 1979 il trend suddetto?
    E voi vorreste essere presi sul serio?
    Ma dai!
    P.s. l'ultima foto è stata presa da una delle tante ship of fools partite per verificare l'assenza di ghiaccio solo per farsi poi intrappolare dal ghiaccio stesso? Leggendari. :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Come sempre, eh: vai a sbattere la testa contro l'albero e ti perdi la foresta...

      "Domanda: cosa faceva prima del 1979 il trend suddetto?"
      Ti ringrazio dell'opportunità di aggiungere un' estensione temporale alla collezione di grafici. Vedi l'update.

      "E voi..."
      Adesso passi a darmi del *voi*, quando io te lo ho dato per mesi (e tu lo criticavi) prima di rendermi conto che era buffo? Suvvia, dai.

      ..."vorreste essere presi sul serio?"
      Certamente.

      "P.s. l'ultima foto è stata presa da una delle tante ship of fools..."
      Dunque: l'equipaggio della USCGC Healy è composto da pazzi, mentre tu sei il saggio che dispensa perle lucinogene?
      Suvvia, dai.
      Anche in questo caso: ti ringrazio per avermi fatto notare che avevo dimenticato la didascalia.

      Elimina
    2. @steph
      "E voi..."
      Adesso passi a darmi del *voi*, quando io te lo ho dato per mesi (e tu lo criticavi) prima di rendermi conto che era buffo? Suvvia, dai."

      ???
      Lo sai benissimo che ti do del tu, come tu fai con me... il "voi" era chiaramente riferito a te e sodali della setta IPCC, e/o assimilati. Sveglia!

      "..."vorreste essere presi sul serio?"
      Certamente."

      E, infatti, i risultati si vedono!

      ""P.s. l'ultima foto è stata presa da una delle tante ship of fools..."
      Dunque: l'equipaggio della USCGC Healy è composto da pazzi, mentre tu sei il saggio che dispensa perle lucinogene?
      Suvvia, dai.
      Anche in questo caso: ti ringrazio per avermi fatto notare che avevo dimenticato la didascalia."

      Sono io a ringraziare te per darmi l'opportunita' di parlare della ship of fools originale.

      Questa e' la versione ufficiale...

      http://www.antarctica.gov.au/news/2016/aurora-australis-successfully-refloated

      ... e questa (una delle tante possibilita') con coloriti (e appropriati) commenti:

      https://www.spectator.co.uk/2014/01/ship-of-fools-2/

      Mitici "ambientalisti" climatocatastrofisti... dovevano lasciarli li', ad arrangiarsi come Shackleton fece con la sua ciurma.

      Elimina
    3. "il "voi" era chiaramente riferito a te e sodali della setta IPCC, e/o assimilati. Sveglia!"
      Ah, quindi confermi che mi dai del voi.
      Non sono sodale di nessuna setta, non conosco né frequento nessuna setta e non mi risulta che l'IPCC lo sia.

      "E, infatti, i risultati si vedono!"
      Grazie, lo considero un complimento.

      "Sono io a ringraziare te per darmi l'opportunita' di parlare della ship of fools originale.
      Questa e' la versione ufficiale..."

      Sei tu che parli a vanvera di qualcosa che non c'entra un piffero, visto che l'immagine viene dalla USCGC Healy nel mare di Beaufort a nord dell'Alaska, mentre il tuo illuminato articolo si riferisce alla australiana Aurora Australis nell'Antartico.
      https://en.wikipedia.org/wiki/Aurora_Australis_(icebreaker)

      Io dovrei svegliarmi (a sentire te), ma qui lo sveglione di turno è colui che confonde Artide con Antartide e USA con Australia e quello saresti tu, cocco.

      ROFLMAO!

      Elimina

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