Novità dal ciclo del carbonio


WHRC

Alcuni estratti dall'ICDC10, la decima Conferenza Internazionale dedicata all'anidride carbonica tenutasi un mese fa a Interlaken e organizzata dall'OCCR dell'Università di Berna, in collaborazione con altre istituzioni scientifiche svizzere di punta nell'ambito della ricerca in climatologia. Un meeting che fornisce ai partecipanti una visione integrata e interdisciplinare del ciclo globale del carbonio e della sua perturbazione da parte degli esseri umani.
I temi della Conferenza comprendevano il ciclo odierno del carbonio, le sue tendenze, la variabilità e le osservazioni, la prospettiva paleo e i limiti planetari, i processi biogeochemici e i loro feedback e collegamenti con ecosistemi, clima e processi socioeconomici, gli scenari per il futuro e i passi intrapresi verso la stabilità del sistema terrestre a lungo termine, nonché quella ricerca sul ciclo del carbonio effettuata a sostegno dell'accordo di Parigi. Ci sono contributi da scienziati naturali e sociali e da tutte le discipline che affrontano il ciclo globale del carbonio e la sua alterazione nell'era antropocenica.

Ho scelto tre presentazioni che mi sembravano fra le più interessanti: due invited keynotes (la prima e la seconda, perché fanno il punto della situazione del ciclo alterato del carbonio in particolare per quel che concerne l'ambiente terrestre risp. quello oceanico) e una conferenza (la terza) che fa il punto sulla perturbazione naturale transeunte apportata dal fenomeno variabile dell'ENSO, con particolare focus sull'intenso El Niño del 2015/16.
Una panoramica generale degli studi sul tema e in particolare sugli argomenti che ho seguito è presente anche negli archivi del blog, per es. qui, qui e qui.


Invited Keynote: State, trends and uncertainties of the contemporary global carbon budget
di Josep G Canadell con Corinne Le Quéré, Philippe Ciais, Glen Peters, Rob Jackson, Vanessa Haverd, Anders Ahlstrom

La ridistribuzione a lungo termine del carbonio tra le riserve di combustibili fossili, l'atmosfera, gli oceani e la terraferma determina sostanzialmente il grado del cambiamento climatico antropico e gli associati feedback futuri. In questa keynote, Canadell et al. hanno fornito un aggiornamento sullo stato e le tendenze del bilancio del carbonio a partire dalla valutazione effettuata dalla comunità di ricerca afferente al Global Carbon Project 2016 (vedi anche qui).

Le principali tendenze sono:
1) l'apparente stabilizzazione nella crescita delle emissioni di combustibili fossili e il probabile declino delle emissioni derivate dal cambiamento nell'utilizzo del suolo;
2) la continua crescita della CO2 atmosferica;
3) la crescita nello stoccaggio sia sulla terraferma che nell'oceano, in risposta alla crescita dell'eccesso di CO2 in atmosfera con grande variabilità annuale e decennale.

L'attribuzione di quest'ultima tendenza richiede un forte effetto di fertilizzazione della CO2 sulla crescita della vegetazione e le tendenze emergenti mostrano il ruolo finora sottovalutato da parte delle regioni semi-aride nel contributo fornito alla media, alla tendenza e alla variabilità dei pozzi di stoccaggio sulla terraferma.

La variabilità climatica - tra cui l'ENSO e il rallentamento nell'aumento delle temperature globali del primo decennio di questo secolo - ha generato l'opportunità di esplorare i driver dei flussi globali del carbonio mentre si discostano dagli stati medi: ad esempio, gli elevati tassi di accumulo atmosferico di CO2 insieme alla stabilizzazione della crescita delle emissioni di combustibili fossili e ai trend nel forte greening sulla terraferma degli ultimi anni. L'attribuzione dei processi in gioco mostra il forte legame tra la produttività primaria lorda e la la respirazione eterotrofica in risposta al riscaldamento, oltre al ruolo dei sistemi tropicali e subtropicali nello stoccaggio globale del carbonio.

Le principali incertezze permangono soprattutto per quel che riguarda le emissioni derivanti dal cambiamento dell'uso del suolo e dalla silvicoltura - in particolare gli effetti della degradazione forestale (ad esempio raccolti, incendi, erosione) e la ricrescita sugli stock continentali di carbonio - e per quel che riguarda i principali drivers della variabilità pluriennale e decennale che limitano la capacità di identificare i grandi feedback del ciclo del carbonio.
Nuovi progressi nelle osservazioni e nella gestione dei dati sono fondamentali per ridurre queste incertezze.




Invited Keynote: Recent variability and trends in the global ocean carbon sink
di Nicolas Gruber, con Dominic Clement, Peter Landschützer, Toste Tanhua, Masao Ishii, Jeremy T. Mathis, Dorothee Bakker, Richard A. Feely, Robert M. Key, Are Olsen, Steven van Heuven, Rik Wanninkhof

La recente sintesi dei set di dati globali oceanici sia per la superficie (anche qui e qui) - SOCAT - che per le zone più profonde - GLODAPv2 -, offre l'opportunità di sviluppare una prospettiva, a partire dalle osservazioni, sulla variabilità e sulle tendenze recenti della capacità di dissipazione e stoccaggio del carbonio da parte degli oceani globali. In questa keynote, Gruber et al. hanno sintetizzato e confrontato due stime, una basata sui dati di superficie della pCO2 in grado di fornire l'andamento dei flussi mensili globali di CO2 fra atmosfera e mare per il periodo dal 1982 al 2014 e l'altra incentrata su dati oceanici provenienti dalle zone più profonde in grado di fornire una stima dell'accumulo in oceano di CO2 antropica tra gli anni '90 e la metà del primo decennio del nuovo secolo (Gruber et al., in preparazione).

I dati di superficie suggeriscono una notevole quantità di variabilità decennale intorno ad una tendenza che è in gran parte coerente con le aspettative basate sull'aumento della CO2 atmosferica. In particolare, si nota un periodo di assorbimento globale ridotto di CO2 dall'atmosfera durante il lasso di tempo che va dalla fine degli anni '80 ai '90, con conseguente acquisizione minima di solo -0,8 ± 0,5 Pg C all'anno nel 2000, seguito da un considerevole rafforzamento dei tassi di assorbimento fino a -2,0 ± 0,5 Pg C all'anno attorno al 2010. Queste variazioni decennali sono originate soprattutto dagli oceani extratropicali e soprattutto dall'Oceano Australe.

I dati riferiti alle zone più profonde dell'oceano non riescono ad evidenziare in dettaglio l'evoluzione temporale del fenomeno, ma forniscono una prospettiva integrata nel tempo. Questi dati suggeriscono un aumento globale dell'inventario della CO2 antropica di 32 ± 6 Pg C tra il 1994 e il 2007. Ciò è in contrasto con un flusso cumulativo netto di CO2 fra atmosfera e mare di soli 17 ± 3 Pg C nello stesso periodo. Assumendo un flusso di degassamento cumulativo di ~ 6 Pg di carbonio "naturale" derivante dall'ingresso di carbonio dai fiumi, la prospettiva ricavata dai dati di superficie suggerisce un assorbimento di CO2 antropica di circa 23 ± 4 Pg C sull'arco dei 13 anni, vale a dire un valore ancora considerevolmente più piccolo rispetto a quello stimato dello stoccaggio nelle zone più profonde dell'oceano, anche se con margini di incertezza sovrapposti.

Pertanto, le due prospettive suggeriscono un tasso di stoccaggio oceanico di CO2 antropica compreso fra 1,8 ± 0,3 Pg C all'anno (oceano superficiale) e 2,5 ± 0,5 Pg C all'anno (oceano più profondo) nel periodo 1994-2007, il che è coerente con l'assorbimento previsto dall'aumento della CO2 atmosferica, sebbene sul limite inferiore.
La variabilità decennale osservata nei dati oceanici di superficie lascia anche una impronta rilevabile nelle zone più profonde dell'oceano, in particolare nell'Oceano Australe, dove l'accumulo di CO2 antropica tra il 1994 e il 2007 sembra essere sostanzialmente più piccolo del previsto sulla base della quantità totale di CO2 antropica immagazzinata lì tra il periodo preindustriale e il 1994. Questi risultati descrivono un ciclo del carbonio oceanico più variabile di quanto previsto dai modelli, indicando, così, che l'oceano può rispondere in modo più sensibile di quanto si pensasse ai cambiamenti del clima futuro .




The global carbon cycle response to the 2015-2016 El Niño
di John B Miller con Andrew R Jacobson, David F Baker, Martin Hoerling, Ning Zeng, Rik Wanninkhof, Erianto Putra, Guido van der Werf, James T Randerson, Paul Novelli, Pieter P Tans, Prabir K Patra, Christine Wiedinmyer, Ed Dlugokencky, Kirk Thoning, Louis Giglio

L'evento eccezionalmente intenso di El Niño del 2015/16, ha prodotto la più grande anomalia globale del ciclo del carbonio nel record strumentale moderno. Dalle misure di CO2 a Mauna Loa e mediate sullo strato limite degli oceani globali, si stima che l'evento abbia pompato un eccesso di CO2 nell'atmosfera dell'ordine di 2.9-3.5 Pg C. Questo valore è di circa il 50% più grande dell'anomalia di CO2 atmosferica susseguente l'evento di El Niño del 1997/98, il "gemello" dell'ultimo per intensità. L'attuale eccesso è emerso dalla variabilità di fondo all'inizio del 2016  - circa un anno dopo l'inizio delle forti anomalie positive di temperatura superficiale marina (SST) nel Pacifico tropicale centro-orientale - e ha raggiunto un picco circa sei mesi dopo, nel mezzo dell'estate dell'emisfero settentrionale, quando le SST stavano già tornando in media.

Gli anni tipici di El Niño sono solitamente caratterizzati da un tasso di crescita della CO2 atmosferica più alto rispetto alla media, attribuibile principalmente a grandi anomalie nell'assorbimento del carbonio terrestre (tramite fotosintesi vegetale) e/o rilascio (attraverso la decomposizione organica del suolo e gli incendi). Durante gli anni di La Niña prevalgono, di solito, condizioni opposte.
Tuttavia, la risposta del ciclo del carbonio a questo recente El Niño è stata sostanzialmente diversa dagli eventi precedenti di ENSO. Considerando che l'anomalia di CO2 atmosferica associata all'evento 1997/98 può essere attribuita in gran parte alle emissioni causate dagli incendi forestali, i dati ricavati dai modelli degli incendi e le analisi delle anomalie atmosferiche di monossido di carbonio per l'evento 2015/16 suggeriscono un'anomalia relativamente modesta nelle emissioni di CO2 da incendi forestali, di meno di 0,5 PgC .

Durante gli eventi di El Niño, di solito, si riduce parallelamente l'effetto di degassamento di CO2 dal Pacifico tropicale perché diminuisce l'upwelling di acque fredde e ricche di nutrienti e di carbonio, cosicché in generale gli oceani assorbono più CO2 di quanto lo farebbero in assenza del fenomeno, anche se gli effetti di El Niño sulla componente atmosferica e biosferica terrestre del sistema prevalgono nettamente, come detto.
Ebbene: un'altra caratteristica interessante di questo recente evento è che, nonostante la soppressione del degassamento di CO2 del Pacifico tropicale, gli oceani globali potrebbero essere stati, in realtà, una sorgente anomala di CO2 per l'atmosfera a causa delle SST anormalmente elevate negli oceani extratropicali, probabilmente associate in qualche modo all'evento (per es. per il tramite dell'Oscillazione Pacifica Interdecennale).

Considerando l'insieme di tutti questi fattori, si può concludere che la risposta a questo recente evento di El Niño da parte della biosfera terrestre non incendiata sia stata quella di liberare un' anomalia di CO2 nell'atmosfera dell'ordine di 2,7-3,3 Pg C. Verranno presentate ulteriori analisi per esaminare l'ipotesi che l'anomalia massiccia sia derivata dalla soppressione della produttività terrestre e da un incremento della respirazione a causa della siccità e dello stress termico.

Commenti

  1. Buongiorno,
    segnalo questi due meeting alla Royal Society.
    https://royalsociety.org/science-events-and-lectures/2017/09/hyperthermals/
    e
    https://royalsociety.org/science-events-and-lectures/2017/09/hyperthermals-causes/
    Aspettiamo la pubblicazione degli atti, ma già il tema, "hyperthermal", mette un po' i brividi...

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