Nel dubbio, ignora il dubbio



Stream #1
EliRabett, in questo post, ricorda la strategia in atto da anni in vari settori delle scienze, un tempo quelle mediche (associate alla pericolosità del fumo) da parte delle BigTobacco&C (B&W, PMI...), poi quelle sociali (associate alla pericolosità delle armi) da parte di BigGuns&C (NRA, Lockheed...), negli ultimi anni in quelle atmosferiche e climatiche (20 anni fa associate alla pericolosità dei gas clorati in ordine alla loro dannosità sull'ozono stratosferico, da almeno 20 anni associate alla pericolosità delle continue emissioni di GHG e CO2 in primis) da parte di BigOil&Coal&Mining (E$$o, Koch ...). Strategia volta alla manipolazione del dubbio e dell'incertezza per fini ideologici e politici. Leggersi questo interessantissimo libro di Naomi Oreskes, in alternativa questo dispaccio, in alternativa questo splendido speech della stessa prof.
Un excerpt dal dispaccio:


The pattern of antiscientific tactics by the merchants of doubt is often constant across many different topics, the authors write. Frequently, personal attacks against individual scientists are used in lieu of addressing the substance of their conclusions. Cherry picking of single outliers to counter well supported general results is common. The elevation of caricatures of the real science as straw men to knock over is ubiquitous. But one of the strongest methods to deflect attention away from what the science has actually concluded is to find ways to exaggerate the mount of uncertainty. Since there is always uncertainty in science - scientists work at the boundary between known and unknown - any strongly supported result can be politically "countered" by reference to uncertainty in an assumption, a piece of data, or an experimental procedure regardless of how well characterized that uncertainty is or how robust the original result. This tactic implicitly constructs the logical fallacy of suggesting that because we do not know everything, we therefore know nothing.

Tattica molto in voga, a quanto pare (ma c'è da dubitarne?:-), presso le solite centraline terrapiattiste dei diversamente esperti di clima di tutto. Come giustamente segnala Pasini nei commenti di questo suo molto discusso post:

Non e' certo, dunque non e' vero - ecco cosa continuate a ripetere alla gente: altro che educarla. Vergogna!


Stream #2
Beh, certo: alla fine, tutto sommato, meglio adattarsi che mitigare. Solo che se si ritengono inaffidabili i modelli, allora - stante l'utilizzo di modelli comprendenti parametri della scienza delle costruzioni, dell'ingegneria civile, della produzione, della finanza, del risk management, della biomassa, oltre che di quelli climatici, al fine di trovare l'adattamento migliore e più efficace  - tanto vale puntar forte sulla mitigazione. Senz'altro la soluzione più sicura.


Stream #3
Il prof. Guido Visconti, in una risposta nel recente post (ancora "caldo") su climalteranti dedicato all'appena finito annus horribilis per il negazionismo climatico, diceva che :

Voi ad esempio parlate di scienza del clima ma sarebbe opportuno che qualcuno si leggesse Lewontin, biologia come ideologia e lo parafrasasse climatologia come ideologia. La prima sorpresa è che c'è qualcuno che crede ancora alla scienza del clima (oppure la confonde con quella cosa che fanno gli "scienziati") per poi rinunciare a tutto il complesso percorso della scienza che è pianificare gli esperimenti, interpretarne i risultati e verificare le teorie. Qui in quella che voi chiamate scienza del clima non c'è niente del genere. [...] Infatti l'unico modo per salvare i pianeta è combattere il capitalismo in tutte le sue manifestazioni, cinesi, americane, ecc. ecc. Invocando la santa scienza climatica si seguita a lavorare dentro quel sistema che accetta tutto, Lindzen e Dessler, Pielke jr e sr., Nature e Science perché solo controllando l'informazione si possono fare i contratti in deroga sostituendo l'innovazione con le paghe di merda (come fanno i cinesi). Voi "scienziati del clima" siete  un comico strumento del sistema, leggetevi anche Niklas Luhmann, ad es. Ecological Communications.

Io quel libro l'ho letto anni fa (insieme a Bateson) e l'ho trovato molto interessante, soprattutto nella parte dove accenna al graduale processo di dominio dell'uomo sulla natura che ha finito per trasformare - nel XIX secolo - la natura in ambiente e anche nella parte dove si occupa del fragile equilibrio fra entropia e neghentropia. Ma anche quando parla dei nodi formanti la struttura autopoietica dei sistemi sociali (differenziazione sistemica / rappresentazione / auto-osservazione).
Ma non è di questo che volevo adesso parlare, adesso. Di qualcosa di ulteriore.


Stream #4
Un significativo excerpt tratto dal bel libro dell'amico Raffaele Scolari, filosofo del territorio e dell'ambiente, libro già segnalato mesi fa. Scolari, parlando del sublime decadente, cita il sociologo tedesco Ulrich Beck (che avrà senz'altro letto e riletto Luhmann) e inquadra perfettamente, secondo me, lo stream di pensiero che oggi è emerso:

La circostanza che le catastrofi annunciate possano anche non avverarsi, che le nostre previsioni sui cambiamenti climatici possano rilevarsi fallaci, non modifica quella che si potrebbe chiamare la condizione psichica attuale dell'umanità. Proprio perché non è solo una questione scientifica, bensì anche sociale e politica, la crisi ambientale produce profondi cambiamenti nei modi di percepire e costruire la realtà. Sostiene Ulrich Beck (in La società del rischio e l'eco-rivoluzione, su RESET 109, 2008, nds) che, in una prospettiva sociologica, il cambiamento climatico è "una realtà già calata nel presente", la quale modifica velocemente i panorami politici, economici, tecnico-scientifici, giuridici, militari e culturali. In riferimento all'attendibilità delle previsioni di catastrofi prossime venture, non vale più il principio adottato nella prima modernità - "Nel dubbio, scegli il dubbio" - , bensì il suo contrario - "Nel dubbio, ignora il dubbio" - ; è d'uopo, pertanto, muovere dal presupposto che le previsioni più catastrofiche possano rivelarsi esatte. [...] Il dibattito sui cambiamenti climatici vede i cosiddetti scettici del clima accusare la comunità scientifica di imporre la doxa del surriscaldamento generale di origine antropica, principalmente allo scopo di giustificare e ottenere ulteriori fondi per la ricerca. Ora, è per lo meno singolare che simili accuse siano spesso alimentate da ambienti poco inclini alle teorie del complotto e generalmente propense a fondare le scelte politiche sulle verità scientifiche e non su visioni ideologiche. Come sostiene Hans Joachim Schnellhuber (su Die Zeit, 26 marzo 2009, nds), direttore del PIK di Potsdam, che tra l'altro è consulente della cancelliera Angela Merkel, gli “scettici” non riescono neanche a immaginare di potersi sbagliare. La probabilità che le analisi e le previsioni dell'intero sistema scientifico si possano rilevare errate sono inferiori all'uno per cento, il che, annota il ricercatore tedesco, è superiore a quella del singolo giocatore di vincere al lotto. L'eventualità che il pianeta, in virtù di un meccanismo autoregolativo ancora sconosciuto, possa in qualche modo mitigare i mutamenti in atto, costituisce una residua speranza che anche gli scienziati, quantomeno privatamente, coltivano. Resta il fatto accertato che, a fronte degli episodi di mutamenti climatici avvenuti in epoche passate, spesso addotti quali argomenti contro le prognosi della comunità scientifica" (come se effetti simili debbano sempre essere necessariamente frutto di cause simili ➞ pensiero meccanicista ottocentesco: assoluzione per un accusato di un reato a causa della sua mancanza in caso di simili reati nel passato?, nds), negli ultimi decenni vi è stato un aumento della temperatura media globale. Un'ulteriore crescita, ancora in questo secolo, di cinque o sei gradi comporterebbe lo scioglimento del permafrost delle steppe siberiane e la conseguente liberazione nell'atmosfera di miliardi di tonnellate di metano, il che, sommato ad altri effetti, renderebbe impossibile la sopravvivenza di una civiltà superiore nella forma sin qui conosciuta.


Stream #5
I marinai sono sbarcati su un'isola e si rallegrano per la ricchezza delle fonti, della flora rigogliosa che dona loro frutta in abbondanza. 
Tutti gli uomini si dedicano tranquillamente alle loro attività e alcuni accendono un fuoco per preparare il cibo.
Non hanno il benché minimo sospetto che quest'isola in realtà sia un pesce immane, il cui riposo nell'oceano era durato tanto a lungo da fargli crescere alberi sul dorso, un pesce che ora inquieto per il fuoco, prende a muoversi e quindi si inabissa.

(narrazione da Sindbad il marinaio)


Stream #6
Rivedetevi, se potete (finalmente free in italiano), HOME, lirico docu-film di Luc Besson e del famoso fotografo (from above) Yann-Arthis Bertrand (h/t ocasapiens). 
C'è tutto quel che si potrebbe e dovrebbe fare in una scuola superiore in un corso di geografia. E forse si capisce anche perché la materia sia così in crisi.







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