Tropico alpino

Uno studio appena finito e ancora in fase di revisione - condotto in particolare da due gruppi afferenti allo IACETH di Zurigo e che verrà prossimamente sintetizzato per il portale "World weather attribution", prima di essere pubblicato in autunno su Nature Climate Change - giunge a conclusioni interessanti per quel che concerne l'attribuzione delle recenti e roventi estati alpine molto anomale nel contesto pluri-decennale. Ne riassumo brevemente in anteprima i risultati.

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Scopo dello studio: cercare i motivi dell'anomalia termica delle estati in territorio alpino e dell'Europa centro-occidentale degli ultimi decenni rispetto al periodo antecedente. Fino a che punto rientrano nella normale variabilità interna e invece quanta componente forzata è in gioco? 


Scelta del campione: il periodo dello studio copre gli ultimi 50 anni. Prende in considerazione i mesi di giugno, luglio e agosto e le anomalie termiche stagionali e mensili. Viene presa considerazione anche la frequenza delle ondate di calore, secondo la seguente definizione: almeno 4 giorni consecutivi durante i quali la temperatura media giornaliera risp. la temperatura massima giornaliera superano il rispettivo 95esimo percentile giornaliero pluriennale. Ne esce un campione di 15 estati sopramedia e 15 sottomedia (tenendo conto del periodo di riferimento), naturalmente le prime concentrate soprattutto negli ultimi 25 anni e le seconde nei primi 25. A queste si aggiungono diversi singoli mesi.


Metodo di analisi: l'attribuzione dei trend termici regionali tiene equamente conto sia della risposta di tipo termodinamico (inerente ai flussi e scambi di energia) sia di quella di tipo dinamico (legata alla circolazione atmosferica) commisurando sia forcing radiativi che variabilità interna (vedi tabella sotto).


Per le estati europee i modelli prevedono (e già si osserva) un riscaldamento amplificato della regione mediterranea (vedi per es. qui). I motivi sono molteplici e intrinsecamente legati tra di loro. Da un lato abbiamo un effetto diretto del riscaldamento globale che porterebbe un aumento termico omogeneo in Europa (vedi primo box in alto a sx della tabella sopra); allo stesso tempo la variazione indotta dal riscaldamento globale nella circolazione atmosferica (vedi secondo box in alto a dx nella tabella sopra) e un indebolimento ed espansione della cella di Hadley (simile a quanto avviene in gran parte delle estati più calde nella regione alpina nel corso degli ultimi 30 anni) comporta un aumento della subsidenza atmosferica sul Mediterraneo fino a lambire le Alpi e un susseguente essiccamento e ulteriore riscaldamento della troposfera. Associato a questo riscaldamento abbiamo poi alcuni feedback positivi (inaridimento dei suoli, lapse rate) che nelle aree già secche del Mediterraneo e zone limitrofe sono positivi ed amplificano il riscaldamento.

Per quel che concerne la risposta dinamica, oltre ai probabili cambiamenti dinamici nella corrente a getto evidenziati in questo studio, c'è chiaramente una variabilità indotta dalla cosiddetta teleconnessione circumglobale che connette aree di pressione differente e correnti a getto in quota. Questa risposta, in estate più che in inverno, è condizionata da fenomeni che connettono oceano, terraferma e atmosfera, come l'intensità dei monsoni e il fenomeno dell'ENSO

Nello specifico, un forcing centrato sull'equatore come nel caso della fase positiva dell'ENSO (El Niño state) causa un'intensificazione e una contrazione della cella di Hadley, mentre un trend verso un maggiore stato della fase negativa dell'ENSO (La Niña state) - cosa peraltro coerente e in linea con il riscaldamento globale -, insieme ad altri forcing centrati più sulle medie latitudini come il forcing radiativo esercitato dall'aumento del gas serra ozono in troposfera, sono parecchio più efficienti ad indebolire ed espandere la cella di Hadley ed è ciò che potrebbe essere avvenuto, in aggiunta al resto, negli ultimi decenni.


Risultati: lo studio ha permesso di ottenere le seguenti attribuzioni:

● il 90% è attribuibile alle forzanti radiative esterne (RF). Di questo 90%, il 75% come effetti radiativi diretti, il rimanente 15% invece come effetti radiativi indiretti. Dei primi, quelli diretti, l'80% è attribuito all'importante e decisivo rafforzamento dell'effetto serra dovuto all'accumulo di gas serra (CO2 eq.), il 15% è imputabile all'abbattimento degli aerosol solfati di origine industriale nella troposfera europea con associato e conseguente passaggio da una situazione di dimming ad una di brightening a partire dalla seconda metà degli anni 80 e infine il 5% sia all'effetto della debole variazione di lungo periodo dell'irradianza solare e sia della variazione dei solfati in stratosfera in seguito all'attività vulcanica. Gli effetti radiativi indiretti sono associati soprattutto ai feedback positivi dovuti all'inaridimento dei suoli e all'aumento del vapore acqueo in una troposfera più calda, con una più incerta componente relativa alla diminuzione dell'albedo nell'Artico dovuto alla ridotta estensione della banchisa.

Da notare che, di questo 90%, i 3/5 sono forzanti radiative che producono una risposta termodinamica (45% direttamente, 15% indirettamente), i rimanenti 2/5 una risposta dinamica, in particolare, come spiegato sopra, inerente il modo in cui risponde la cella di Hadley.


● il 10% è attribuibile alla mera variabilità interna (VI). L'80% di questa parte residuale è associato all'effetto dinamico a distanza dell'ENSO, il 20% invece ad altro (effetti sulla circolazione atmosferica del ciclo solare e dell'intensità dei monsoni indiano e dell'Africa occidentale).


Riassumendo le singole componenti attributive (in rosso RF, in blu VI):

60% accumulo di gas serra

15% feedback positivi (inaridimento suoli, + vapore acqueo in troposfera, — ghiaccio marino artico)

12% effetto di brightening dovuto alla riduzione degli aerosol solfati in troposfera

 ・8% ENSO 

3% sole e vulcani

2% altre componenti che influiscono sulla risposta relativa ai modi di circolazione atmosferica

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