Boschi in fiamme
Qui i più gravi incendi degli ultimi 50 anni sono stati favoriti dall’autunno peggiore di sempre per caldo fuori norma e siccità, +2.6 gradi a ottobre e un deficit di piogge del 35% negli ultimi quattro mesi. Il rapporto pubblicato dalla Società Meteorologica Italiana fondata nell’Ottocento, consegna un evento storico che è una misura di come il cambiamento climatico colpisca anche le Alpi. Solo nel 1921 a Torino era piovuto meno a ottobre, nella serie storica che parte dal 1802.
La zona più critica è la Valle di Susa, dove mezzo migliaio di persone di varie borgate sono state sfollate. Vento e siccità stanno rendendo difficili le operazioni di spegnimento, aggravate dal continuo diffondersi di nuovi focolai molti dei quali dolosi, altri causati dalla disattenzione e dalla irresponsabilità umana. Nei giorni scorsi sono stati trovati inneschi incendiari, alcuni fortunatamente non hanno funzionato, sollevando interrogativi sul fenomeno contagioso della piromania.
Su tutte le regioni colpite, dal 10 ottobre hanno operato più di 200 pompieri, 65 squadre antincendio, con oltre 2mila volontari, 10 tra elicotteri e canadair e quasi 200 veicoli antincendio hanno dovuto far fronte finora a più di 300 incendi. Da lunedì pomeriggio anche tre elicotteri e alcuni esperti svizzeri sono impegnati contro gli incendi nelle due regioni confinanti.
La situazione critica in Piemonte e Lombardia è infatti tenuta d’occhio con preoccupazione anche nella Svizzera italiana, dove l’allerta è altissima per evitare che vi siano altri incendi.
Mi rendo conto come sempre più la complessità della nostra società fa sì che dobbiamo mettere insieme problemi scientifici e pratici sul territorio - legati quindi alla meteorologia, al clima, alle azioni di spegnimento, a quelle forestali - con la disamina dei meccanismi psicologici, nell'interazione che ci sarà in futuro con il cambiamento climatico che potrebbe rendere sempre più frequenti le situazioni che predispongono all'incendioafferma Luca Mercalli. Che aggiunge:
in tutte le simulazioni che si fanno da almeno 30 anni a questa parte sugli effetti dei mutamenti climatici, gli incendi sono un argomento estremamente rilevante che viene sempre messo in luce. Naturalmente non è il clima che causa l'incendio, dal momento che questi incendi sono tutti dolosi. Il problema è che il cambiamento climatico non fa altro che aumentare la frequenza dei periodi nei quali il bosco è vulnerabile. Se il bosco è umido, anche in presenza di qualcuno che si mette d'impegno per innescarlo, il fuoco non parte. Non così, invece, quando abbiamo lunghi periodi di siccità e di temperature elevate, come è stato il caso di questa ultima estate e prima parte di autunno nelle Alpi. I due dati combinati insieme - il caldo estremo che ha stressato moltissimo la vegetazione e, insieme alla siccità secolare, ha anticipato la caduta delle foglie - hanno costituito l'elemento che ha permesso agli incendiari di avere successo.
Se ne è discusso ieri alla trasmissione della Radio Svizzera Italiana "Modem" con:
Marco Conedera, ingegnere forestale, esperto di boschi e incendi boschivi responsabile dell’Istituto federale della ricerca sulle foreste, la neve e il paesaggio;
Roland David, capo sezione forestale del cantone Ticino;
e per l'appunto con il climatologo Luca Mercalli, raggiunto in valle di Susa.
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