Il tempo, il clima e...le ciliegie alternative
La rapida e attuale fluttuazione al ribasso dell'estensione dei ghiacci marini che circondano l'Antartide è impressionante - dopo anni di leggera crescita e con un trend pluriennale positivo (trend lineare: +200.000 km^2/decennio, fonte: NSIDC) dettato principalmente da motivi di circolazione atmosferica, venti e precipitazioni - ma non è che la risposta ambientale delle particolari condizioni meteorologiche che sta vivendo il perimetro del grande continente bianco in questa breve ma estrema estate australe, condizioni particolari iniziate già nella scorsa primavera (vedi immagini e animazione sotto).
Insomma: non è una spia di qualcosa di nuovo che sta accadendo, almeno per il momento. Semplicemente: un effetto del lavoro del tempo atmosferico.
La continua e inesorabile diminuzione - benché fluttuante - dell'estensione della banchisa artica negli ultimi decenni (trend lineare: -570.000 km^2/decennio, fonte: NSIDC) è altrettanto se non più impressionante e non è che la risposta ambientale delle particolari condizioni termo-climatiche che sta vivendo il grande nord in questa lunga ed estrema estate antropocenica.
Insomma: è senz'altro una spia di qualcosa di relativamente nuovo che sta accadendo, almeno nel contesto plurisecolare.
Semplicemente: un effetto del lavoro del clima che cambia.
Due poli e due modalità differenti con cui tempo e clima di rincorrono e si intrecciano. D'altronde, si sapeva già da tempo che la risposta termica dei due poli al forcing radiativo dell'aumento della CO2 non è esattamente la stessa e nella fattispecie l'Antartide è una delle regioni nella quale gli effetti termici del forcing radiativo dei gas serra emergono più tardivamente.
Ecco l'andamento mensile globale dei due emisferi polari anno per anno, il grafico è self-explaining:
Lo è anche la spirale che segue (clicca per animarla):
Allargando un po' l'orizzonte temporale della situazione della banchisa artica ai decenni precedenti - come si evince da recenti ricostruzioni evidenziate in questo recente studio - emergono un paio di considerazioni interessanti.
La prima, e siamo ancora nel capitolo clima: c'è stato un aumento della sua estensione (soprattutto nella sua parte orientale) grossomodo fra gli anni 50 e la metà degli anni 70, in corrispondenza di e in risposta ad un raffreddamento di buona parte dell'Artico. Questo raffreddamento è imputabile agli effetti radiativi di mascheramento della radiazione solare dovuti alla forte produzione di aerosol solfati del periodo.
Prima della seconda considerazione, un breve bigino sul ruolo radiativo esercitato dagli aerosol.
Fonte: IPCC, AR5, WGI, cap. 7 |
Fonte: IPCC, AR5, WGI, cap. 7 |
Nel complesso, dal 1750 al 2010, il forcing radiativo totale degli aerosol ha agito raffreddando il clima e opponendosi quindi in parte al ben più importante forcing positivo esercitato dall'accumulo di gas serra.
Nella regione artica, si stima che circa il 60% del riscaldamento indotto dalla crescente concentrazione di gas serra nel corso del XX secolo sia stato compensato dalla risposta combinata ad altri agenti forzanti di natura antropogenica, dominati dagli aerosol solfati. L'andamento decrescente osservato nella temperatura superficiale media dell'Artico fra gli anni 40 e gli anni 60 è dovuto principalmente al raffreddamento causato dagli aerosol solfati di origine antropica, che ha smorzato il riscaldamento significativo dovuto all'accumulo di gas serra. Dopo il 1970, il crescente forcing determinato dal continuo aumento delle concentrazioni di gas serra e quello dovuto alle emissioni di particolato hanno iniziato ad avere la meglio sul forcing causato dal carico declinante degli aerosol solfati, cosa che ha portato al riscaldamento della regione artica.
E ora la ulteriore considerazione che emerge dallo studio citato sopra di Gagné et al. 2017. Come è di moda in questo periodo, qualcuno ha iniziato a proporre fatti alternativi anche a margine di questo lavoro, usando la solita scorpacciata di ciliegie. Ma anche il dolce frutto, non essendo ancora il periodo della sua raccolta, è roba alternativa, a quanto pare.
In effetti, da qualche giorno gira in rete questo grafico, mutuato dal citato studio:
Notare come venga evidenziato il fatto che la concentrazione di ghiacci marini artici negli anni 50 sia stata inferiore rispetto a quella recente. Giusto per sottolineare il fatto alternativo che, anche in questo caso (come nell'Antartide), si tratti di normale variabilità interna e quindi del lavoro del tempo meteorologico.
Tuttavia, nel paper originale (e neppure nel draft, vedi videata sotto), ovviamente non c'è alcun riferimento a tutto ciò né si inferisce quel che viene detto sopra:
Gagné et al. 2017 |
E questo non tanto perché gli autori, semmai dovessero adorare le ciliegie, preferiscono quelle originali rispetto a quelle alternative. Piuttosto, come tutti meno gli adepti alternativi della Flatlandia possono vedere, il grafico originale arriva solo fino al 2005. Come si chiede Robert Rohde:
Aggiorniamo, quindi, il grafico delle ciliegie alternative:
Come si può ben vedere, se riportiamo i valori al recente anno 2016, siamo già al fuoriscala. Altro che ghiacci artici inferiori negli anni 50 rispetto a oggi. Altro che variabilità naturale. Altro che tempo meteorologico. Come tutti sanno tranne che nella Flatlandia dei fatti alternativi, la maturazione delle ciliegie è sì influenzata dal tempo meteorologico, ma non ci può essere raccolta in pieno inverno, senza il ciclico forcing radiativo orbitale annuale generato dal moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole. La Terra, certo: quella sfera che non è piatta come nel Paese dei fatti alternativi.
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