Approvato l'accordo di Parigi
Il Parlamento svizzero, con 130 voti contro 60 e 3 astensioni, ha autorizzato il Governo oggi, giovedì, a ratificare l'accordo di Parigi sul clima. Respinta dall'assemblea la proposta della destra di non entrata in materia. La camera alta deve ancora pronunciarsi.
L'intesa in questione, approvata da più di 190 Stati nel dicembre del 2015, punta a proseguire gli sforzi volti a contenere l'aumento a 1,5 gradi centigradi della temperatura del pianeta. Tutti i paesi firmatari, fra i quali anche la Svizzera, sono vincolati a presentare ogni 5 anni obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e ad adottare misure in materia sul piano nazionale.
«Il riscaldamento climatico è un fatto e ce ne accorgiamo sempre di più sulle nostre Alpi»: questa è una delle motivazioni più usate oggi dalla maggioranza del Consiglio nazionale (la camera bassa del Parlamento elvetico) per giustificare l'impegno svizzero a proseguire gli sforzi per limitare a un grado e mezzo l'aumento della temperatura del pianeta, come vuole l'accordo sul clima di Parigi.
Oltre 130 Paesi (fra cui anche Cina, India e USA) l'hanno già ratificato. Ognuno ha comunque la libertà di applicarlo come vuole e di fissare gli obiettivi che ogni 5 anni andranno rinnovati ma non saranno sanzionabili.
La Svizzera è stata la prima - quasi un quarto di secolo fa - a fissare un obiettivo concreto di diminuzione delle emissioni di gas serra. A più riprese, il partito di destra dell'UDC ha tentato di opporsi proponendo di non entrare nemmeno in materia, ritenendo l'intesa inutile visto che la Svizzera può comunque adottare misure a protezione del clima. E facendo leva sul fatto che oggi nessuno parla delle conseguenze economiche di queste misure e di costi che - sempre secondo il partito di destra - dovrebbero ammontare a 500-600 milioni di franchi all'anno.
Ma non fare nulla costerebbe molto di più, ha ricordato la presidente della Confederazione nonché ministra del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Doris Leuthard: diversi studi parlano di spese comprese fra il 5 e il 20% del PIL.
L'intesa in questione, approvata da più di 190 Stati nel dicembre del 2015, punta a proseguire gli sforzi volti a contenere l'aumento a 1,5 gradi centigradi della temperatura del pianeta. Tutti i paesi firmatari, fra i quali anche la Svizzera, sono vincolati a presentare ogni 5 anni obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra e ad adottare misure in materia sul piano nazionale.
«Il riscaldamento climatico è un fatto e ce ne accorgiamo sempre di più sulle nostre Alpi»: questa è una delle motivazioni più usate oggi dalla maggioranza del Consiglio nazionale (la camera bassa del Parlamento elvetico) per giustificare l'impegno svizzero a proseguire gli sforzi per limitare a un grado e mezzo l'aumento della temperatura del pianeta, come vuole l'accordo sul clima di Parigi.
Oltre 130 Paesi (fra cui anche Cina, India e USA) l'hanno già ratificato. Ognuno ha comunque la libertà di applicarlo come vuole e di fissare gli obiettivi che ogni 5 anni andranno rinnovati ma non saranno sanzionabili.
La Svizzera è stata la prima - quasi un quarto di secolo fa - a fissare un obiettivo concreto di diminuzione delle emissioni di gas serra. A più riprese, il partito di destra dell'UDC ha tentato di opporsi proponendo di non entrare nemmeno in materia, ritenendo l'intesa inutile visto che la Svizzera può comunque adottare misure a protezione del clima. E facendo leva sul fatto che oggi nessuno parla delle conseguenze economiche di queste misure e di costi che - sempre secondo il partito di destra - dovrebbero ammontare a 500-600 milioni di franchi all'anno.
Ma non fare nulla costerebbe molto di più, ha ricordato la presidente della Confederazione nonché ministra del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni Doris Leuthard: diversi studi parlano di spese comprese fra il 5 e il 20% del PIL.
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