Vincitori e vinti
«I cambiamenti climatici producono già oggi effetti tangibili e lasciano intuire il futuro al quale va incontro il nostro pianeta», questa la premessa della portavoce di WWF Svizzera Susanna Petrone, a proposito degli effetti del rialzo termico del pianeta registrato negli scorsi anni. «Il 2015 è stato quello più caldo dall’inizio delle misurazioni, e il 2014 segue a ruota in seconda posizione». Con questo rialzo termico, caratterizzato da alte temperature e inverni miti, alcuni animali («alquanto fastidiosi») prolifereranno e saranno destinati a estendere le loro zone di diffusione. E mentre queste specie si moltiplicheranno a dismisura, animali come il simpatico orso polare o la tartaruga marina avranno sempre maggiori difficoltà a sopravvivere.
Cominciamo a parlare del futuro tutt’altro che roseo della vittima più nota dei cambiamenti climatici: «Entro il 2050 gli effettivi di orso polare potrebbero crollare di due terzi». Questo in ragione del fatto che l’Artide si scalda due volte più rapidamente del resto del pianeta, i ghiacci si assottigliano in fretta o si sciolgono completamente. Tuttavia, gli orsi polari non possono fare a meno di andare a caccia sulla banchisa.
«Anche le foche, prede principali di questi plantigradi, risentono già della scomparsa dei ghiacci e sempre più spesso sono costrette a far nascere i propri piccoli in acqua, dove avranno scarsissime probabilità di sopravvivenza». Un altro problema legato al riscaldamento globale è quello delle tartarughe marine: «Questa specie depone le uova nella sabbia e dopo la schiusa, i piccoli prendono da soli la via del mare. Il sesso delle tartarughe marine è determinato dalla temperatura d’incubazione delle uova: se il clima si fa più caldo, vi è una netta prevalenza di femmine». Ci viene spiegato che ciò mette a repentaglio la sopravvivenza delle popolazioni che devono pure fare i conti con la distruzione di habitat importanti come le praterie marine o le spiagge di nidificazione a causa delle tempeste più frequenti.
«Anche le foche, prede principali di questi plantigradi, risentono già della scomparsa dei ghiacci e sempre più spesso sono costrette a far nascere i propri piccoli in acqua, dove avranno scarsissime probabilità di sopravvivenza». Un altro problema legato al riscaldamento globale è quello delle tartarughe marine: «Questa specie depone le uova nella sabbia e dopo la schiusa, i piccoli prendono da soli la via del mare. Il sesso delle tartarughe marine è determinato dalla temperatura d’incubazione delle uova: se il clima si fa più caldo, vi è una netta prevalenza di femmine». Ci viene spiegato che ciò mette a repentaglio la sopravvivenza delle popolazioni che devono pure fare i conti con la distruzione di habitat importanti come le praterie marine o le spiagge di nidificazione a causa delle tempeste più frequenti.
Ma non ci sono solo perdenti. Chi sono quindi i «vincitori climatici»? Per cominciare ci sono le zecche, alcune specie delle quali sono in forte espansione, come ad esempio la zecca dei boschi: «Già oggi sono presenti ad altitudini notevoli e negli ultimi 50 anni, la zecca dei boschi ha colonizzato habitat situati fino a 1100 metri s.l.m., mentre prima non la si incontrava mai al di sopra di 700 metri». Questi dati sono pure confermati dai ricercatori dell’Università di Monaco di Baviera. Inoltre, le temperature elevate accelerano il ciclo vitale della zecca e il rapido sviluppo delle uova: «Bisognerà mettere in conto un aumento delle malattie trasmesse dalle zecche».
Ed è la volta di mosche, zanzare e scarafaggi: «I moscerini della frutta si moltiplicano a una velocità incredibile e sono gli insetti più apprezzati dai genetisti; gli inverni freddi aiutano a tenere a bada la loro proliferazione, mentre l’aumento progressivo delle temperature fa sì che nelle nostre zone trovi il proprio habitat ideale anche un loro “parente” asiatico: il moscerino dei piccoli frutti».
La zanzara tigre asiatica, responsabile di alcuni casi di dengue trasmessa localmente dal 2010, è una specie non autoctona che dal 2003 ha ripreso a diffondersi anche nel canton Ticino e per questo è sottoposta a monitoraggio dall’Istituto tropicale svizzero di Basilea: «Le zanzare tigre asiatiche trasmettono anche il virus Chikungunya e altre patologie i cui effetti, talvolta, accompagneranno per tutta la vita chi le contrae». E poi ci sono anche «gli scarafaggi: noti per attaccare le derrate alimentari, trovano nuovi habitat grazie alle temperature più miti, e alle nostre latitudini sono oramai presentipersino sulle pareti esterne degli edifici durante la stagione invernale». Scopriamo che la variante Ectobius vittiventris , originaria del Mediterraneo, ha attraversato le Alpi già negli anni Novanta del secolo scorso: «Il piccolo scarafaggio non attacca gli alimenti, ma risulta sgradevole a molte persone e in futuro dovremo abituarci a vederlo sempre più spesso».
Anche le anatre avranno il loro bel daffare con il riscaldamento climatico e quest’anno molti bagnanti hanno già avuto un assaggio di quanto ci riserverà il futuro con un clima più caldo: «Se la temperatura dell’acqua supera i 23 gradi, le cercarie o pulci delle anatre, liberate a sciami, andranno alla ricerca diuccelliacquatici e talvolta potranno penetrare per errore nella pelle umana». Anche se l’infestazione avrà effetti innocui e passeggeri, causerà un fastidioso prurito.
Infine, non ci resta che citare le meduse fra le specie che prolifereranno: «Sono specie che vivono nei mari caldi, le cui “fioriture” hanno iniziato ad aumentare già negli anni Ottanta del secolo scorso». Comprendiamo che più si riscalderanno gli strati superficiali delle acque marine, più numerose diventeranno le meduse che invaderanno le spiagge con gran diniego dei bagnanti: «Una puntura di medusa può essere veramente dolorosa e, inoltre, le abbondanti fioriture possono compromettere la biodiversità delle specie ittiche, come hanno osservato alcuni ricercatori nel Mare del Nord».
Il surriscaldamento climatico produce sempre più vincitori evinti fra le specie animali e la flora (che non abbiamo considerato in questa sede), tutti accomunati dal fatto che i veri perdenti pare saremo proprio noi esseri umani che ne subiremo comunque le conseguenze.
Le meduse da quando sono apparse più di mezzo miliardo di anni fa hanno dimostrato straordinarie doti di resilienza superando tutte le estinzioni di massa globali verificatesi. Si nutrono pochi dubbi che riusciranno darwinianamente e prevalere anche nelle opportunità che si manifestano in quest' ultima.
RispondiEliminaSiamo noi appunto, presunti dominatori del pianeta, che invece di storcere il naso verso le altre specie che stanno traendo vantaggi dalla nostra invasività, dovremmo agire in maniera coerente e coordinata per assicurarci un futuro di lungo periodo
... se ne siamo capaci