Canary in an arctic's coal mine
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C'è una relazione fra un fenomeno relativamente nuovo, accelerante e drammaticamente evidente come la riduzione e non molto futura scomparsa estiva della banchisa artica ed effetti meteo e climatici regionali e remoti come persistenti anomalie bariche, di circolazione atmosferica e della posizione e ampiezza delle correnti a getto e conseguentemente anomalie termiche e pluviometriche alle medie latitudini?
Ci sono relazioni fra le implicazioni che questo nuovo equilibrio dinamico induce (in termini di effetto albedo, scambi di energia, gradienti modificati,...) e il modo in cui la variabilità atmosferica a distanza si manifesta nel tempo?
Finora, a parte le implicazioni locali/regionali attinenti alla zona artica, ci sono solo alcune ipotesi speculative, affascinanti (dal punto di vista delle dinamiche in gioco), in alcuni casi apparentemente evidenti ma in molti altri casi con evidenze spesso in contraddizione. In sostanza: in questo contesto i circoli viziosi sono di casa e ovviamente in un contesto così dinamico ed instabile come l'Artico le retroazioni sono quasi la norma, tuttavia l'ipotesi nulla circa il ruolo che la variabilità atmosferica interna, libera e caotica, ha nel delineare le dinamiche in gioco in modo prevalente e prioritario non me la sento ancora di scartarla.
E questo nonostante i possibili forcing stocastici associati e associabili e le possibili relazioni indirette, come già spiegavo nei due post dedicati. Ci potrebbero essere, infatti, effetti sul modo in cui le correnti a getto e le onde di Rossby si spostano nel loro perpetuo moto attorno al globo, una modifica del gradiente termico fra polo ed equatore è alla base di moti effetti di questo tipo. Ma basta per sovrastare la normale oscillazione interannuale?
Una sintesi provvisoria di una parte della ricerca speculativa ed empirica, in tal senso, la si può leggere nei due post dedicati qui di seguito:
● Variabilità interna e forcing stocastici I - Mondi Sommersi
● Variabilità interna e forcing stocastici II - Mondi Sommersi
Se ne parla in questo post di Joe Romm (con interessanti interviste contributive, fra gli altri a Kevin Trenberth*) e a seguire il paper originale con la news release e un lavoro dell'anno successivo di uno dei co-autori:
● Disappearing Arctic sea ice reduces available water in the American west
● Climate study shows disappearing Arctic sea ice could reduce water availability in western U.S. - News Release
● Precipitation Shifts over Western North America as a Result of Declining Arctic Sea Ice Cover: The Coupled System Response
[*Update 3/7: la critica principale di Trenberth verte - oltre che sulla difficoltà intrinseca nel separare, nell'ambito degli effetti regionali, il ruolo che forcing radiativi come quello di una concentrazione di gas serra più elevata hanno/potranno avere e quello dei feedback dati da "forcing stocastici" come appunto quello della riduzione della banchisa artica con le implicazioni annesse e connesse: quanto pesa ciascuno?quanto peseranno in futuro? fino a che punto è possibile separarli? - sulla forte influenza che ha su scala regionale la variabilità inter-annuale dettata, soprattutto e specificamente in questo caso, dall'ENSO. E, aggiungerei, anche da quella inter-decadale dovuta all'IPO. Sappiamo dalle ricostruzioni paleo, per es., che la fine degli anasazi nel sudovest americano in piena MCA fu favorita/accelerata da persistente siccità messa in diretta relazione con uno stato del Pacifico in persistente e/o frequente stato di Nina e di IPO negativa].
Metto l'abstract del primo lavoro linkato:
❝Recent decreases in Arctic sea ice cover and the probability of continued decreases have raised the question of how reduced Arctic sea ice cover will influence extrapolar climate. Using a fully coupled earth system model, we generate one possible future Arctic sea ice distribution. We use this “future” sea ice distribution and the corresponding sea surface temperatures (SSTs) to run a fixed SST and ice concentration experiment with the goal of determining direct climate responses to the reduction in Arctic sea ice that is projected to occur in the next 50 years. Our results indicate that future reductions in Arctic sea ice cover could significantly reduce available water in the American west and highlight the fact that the most severe impacts of future climate change will likely be at a regional scale.
Da confrontare con la realtà empirica: un perfetto caso? Fino a che punto? Una evidenza? Fino a che punto?
● Current U.S. Drought Monitor
● Asciutte interpretazioni - Mondi Sommersi
● Murphy's Belt - Mondi Sommersi
Da confrontare anche con lavori recenti che vanno alla stessa ricerca e che giungono però a conclusioni un po' meno evidenti. Per es. in questo recentissimo lavoro, gli autori hanno rilevato significativi aumenti nel rapporto fra segnale (cambiamento di circolazione atmosferica e dei parametri climatici indotti in ragione del nuovo stato della banchisa artica) e rumore (variabilità atmosferica interna) a livello locale, al di sopra della zona polare, in particolare per quel che concerne temperatura e precipitazioni in autunno e inverno. Ma nessuna risposta remota in termini di aumento di questo rapporto a latitudini più basse.
● Atmospheric impacts of Arctic sea-ice loss, 1979–2009: separating forced change from atmospheric internal variability
❝The ongoing loss of Arctic sea-ice cover has implications for the wider climate system. The detection and importance of the atmospheric impacts of sea-ice loss depends, in part, on the relative magnitudes of the sea-ice forced change compared to natural atmospheric internal variability (AIV). This study analyses large ensembles of two independent atmospheric general circulation models in order to separate the forced response to historical Arctic sea-ice loss (1979–2009) from AIV, and to quantify signal-to-noise ratios. We also present results from a simulation with the sea-ice forcing roughly doubled in magnitude. In proximity to regions of sea-ice loss, we identify statistically significant near-surface atmospheric warming and precipitation increases, in autumn and winter in both models. In winter, both models exhibit a significant lowering of sea level pressure and geopotential height over the Arctic. All of these responses are broadly similar, but strengthened and/or more geographically extensive, when the sea-ice forcing is doubled in magnitude. Signal-to-noise ratios differ considerably between variables and locations. The temperature and precipitation responses are significantly easier to detect (higher signal-to-noise ratio) than the sea level pressure or geopotential height responses. Equally,the local response (i.e., in the vicinity of sea-ice loss) is easier to detect than the mid-latitude or upper-level responses. Based on our estimates of signal-to-noise, we conjecture that the local near-surface temperature and precipitation responses to past Arctic sea-ice loss exceed AIV and are detectable in observed records, but that the potential atmospheric circulation, upper-level and remote responses may be partially or wholly masked by AIV.
Insomma: di lavori che scovano connessioni ce ne sono, ma hanno bisogno di ulteriori conferme, perché per il momento non mostrano ancora evidenze sufficientemente robuste.
Tuttavia sono come delle spie che non andrebbero ignorate, una specie di miner's canaries.
Work and maybe first concerns in progress...
Grazie dell'approfondimento. Intanto la World Meteorological Organization ci propone un nuovo report sugli estremi climatici dell'ultimo decennio:
RispondiEliminahttp://www.wmo.int/pages/mediacentre/press_releases/pr_976_en.html
Ho visto. Alla faccia di chi dice che lo slowdown dell'ultimo decennio prova la fine del GW...
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