Acque fatali
Quando l'acqua è anche fonte di danno e di sofferenza.
Nella giornata mondiale dell'acqua, affiora un post sintetico dedicato ad una delle recenti e più devastanti inondazioni che ha colpito quella parte sud del pianeta purtroppo quasi sempre in prima linea nel subire le conseguenze e gli impatti di eventi naturali di tipo catastrofico.
Durante e dopo un insolito forte monsone abbattutosi con estrema intensità sul nord della Thailandia fra luglio e settembre del 2011, i fiumi delle pianure alluvionali del centro e del sud della nazione si sono riversati sulla terraferma, rompendo gli argini, debordando a più riprese e inondando gran parte della nazione, comprese le regioni attigue a Bangkok. È stata una delle più catastrofiche alluvioni abbattutasi su una nazione comunque già abbastanza abituata ad eventi di questa tipologia.
Vaste regioni e interi beni industriali e infrastrutturali sono stati sommersi da 2,5 m di acqua per quasi 2 mesi causando danni economici enormi. Mentre SwissRe e MunichRe (vedi anche qui) hanno stimato danni assicurativi fra 8 e 11 miliardi di US$, il totale dei danni è molto più incerto: la Banca Mondiale, per es., ha fatto una stima di circa 45 miliardi di US$.
Eventi alluvionali non sono rari in Thailandia, ma l'intensità di quello del 2011 è senza precedenti. Soprattutto per i danni causati. L'insediamento di persone e beni sul territorio è il fattore più incisivo, in questo caso. Va anche ricordato come, essendo un evento estremo per definizione piuttosto raro, risulta difficile stabilire quanto anomalo possa essere stato, su scala pluriennale.
In questo interessante paper di van Oldenborgh et al. pubblicato sul BAMS la scorsa estate, viene fatto il punto della situazione sulle cause meteorologiche innescanti questo evento. Tempo di ritorno, anomalia delle precipitazioni osservate, influenza della variabilità interannuale (quale il ruolo giocato dalla Nina, con effetti piccoli ma statisticamente significativi), evidente ruolo delle mutate condizioni ambientali al contorno (in termini di land use change e di insediamenti), potenziale ruolo delle mutate condizioni climatiche al contorno (quale il GW e l'aumento generale delle SST) e metodologie statistica e fisico-modellistica per la detenzione.
Di tutto questo se ne parla nel paper.
Conclusione: sebbene i danni provocati dalle inondazioni 2011 siano senza precedenti, i dati disponibili mostrano che la quantità di pioggia caduta nel bacino imbrifero non è stata molto insolita. Altri fattori, come variazioni nell'idrografia e maggiore vulnerabilità, risultano più importanti nel determinare la portata del disastro. Fino ad ora, né nelle osservazioni del quantitativo di precipitazioni e né nei modelli climatici si riesce a scorgere una chiara tendenza nella media o nella variabilità, perciò sembrerebbe che il GW non abbia avuto alcun ruolo in questo specifico evento.
I modelli attuali prevedono per il futuro un aumento sia nella media che nella variabilità del quantitativo di precipitazioni che tenderebbe ad incrementare la probabilità di eventi estremi.
Può essere opportuno tenerne già conto adesso, tutte le volte che si tratta di affrontare le vulnerabilità attuali.
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