Giocare con la natura

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Come si fa a non essere d'accordo con buona parte dell'editoriale di ieri del Corriere del Ticino a firma di Fabio Pontiggia? Un po' come non essere d'accordo con gli auspici per la pace, per gli aiuti a chi ha veramente bisogno, per restrizioni ai mega bonus multi-milionari di top manager come Vasella. Difficile se non impossibile esserlo.

Nell'articolo very correct, il giornalista critica aspramente la presa di posizione colorita, irrazionale, fanatica, integralista e fortemente provocatoria da parte di un noto politico ticinese a proposito dell'uccisione di M13, l'orso arrivato nei Grigioni dal trentino la scorsa primavera e insediatosi da allora nella val Poschiavo, dove, con la sua presenza e i sui spostamenti ai margini degli abitati in cerca di cibo, ha più volte minacciato diverse persone.
La delusione mista a rabbia da parte del politico per una - a suo parere e non solo a suo - prematura e troppo affrettata decisione da parte delle autorità cantonali di sopprimere il plantigrado - reo solo di essersi prematuramente svegliato affamato dal letargo invernale a causa della clemenza di un clima che anche qui mostra inequivocabilmente i segni di un significativo mutamento - è stata criticata dal giornalista in un fondo che si allarga abbracciando un riflessione più ampia sul modo in cui alcune tematiche ricorrenti (non) sono oggi (pacatamente) dibattute bensì osteggiate quando non semplicemente annientate. Secondo lui
la nostra società del benessere diffuso, fondata sulla conoscenza e sull’accesso di tutti agli strumenti del sapere e della cultura, sta purtroppo perdendo a poco a poco la capacità di dibattere serenamente ed educatamente le questioni emotivamente più coinvolgenti. Il fioretto della dialettica, del ragionamento, dell’argomentazione documentata, nel rispetto di chi la pensa diversamente, cede troppo spesso il passo alla clava dell’invettiva, del pregiudizio, del dogma, nell’insulto dell’altro. Chi non condivide la tua posizione e osa metterla in dubbio, non è più un interlocutore da tollerare, ma diventa un eretico da scomunicare, un nemico da annientare. Ci sono temi particolarmente esposti a queste degenerazioni: i rapporti tra noi e l’Islam, gli asilanti, i bonus dei manager, i cambiamenti climatici, la relazione uomo/animale.
Il giornalista amplia poi il discorso - per cercare di dare un senso al sacrificio del plantigrado, come lui afferma - , riflettendo sul ruolo in cui ci poniamo nei confronti della natura, e secondo lui il tentativo di reintrodurre specie di animali da tempo uscite dal nostro spazio vitale - almeno nella piccola Europa alpina - equivale ad un esercizio ludico ingenuo e inutile nei confronti di una natura molto più grande di noi e che sostanzialmente ci ignora e ignora le nostre esigenze e le nostre attività.
Ci sta.
Ma ci starebbe anche meglio se:

1) per correttezza di analisi ricordasse come oggi natura e ambiente, in uno spazio fortemente antropizzato come il nostro, di wilderness non abbiano quasi più nulla.

2) per coerenza ricordasse come i giochi con la natura, in realtà, li stiamo facendo da tempo e in maniera sempre più incisiva, a volte cercando di adattarci e di rendere noi e l'ambiente di cui siamo parte integrante il più possibile resilienti. Molte altre volte, invece, spezzando in pochi anni e  irrimediabilmente equilibri fragili che si sono formati in tempi lunghi.
Sappiamo che la natura è un sistema complesso; sappiamo che tendiamo ad apprezzare, come specie, l'armonia; sappiamo che in natura l'armonia è nell'equilibrio; sappiamo che se certi equilibri si spezzano, la dinamica dei sistemi complessi fa sì che bruscamente si possa passare da una fase stabile ad una instabile; sappiamo che le fasi instabili sono portatrici di novità il più delle volte poco armoniche,  poco piacevoli, nelle quali è assai più difficile mettere in atto un'efficace resilienza.
Uno di questi giochi più letali è l'esperimento geofisico di portata globale che stiamo conducendo ed esperendo e del quale le cavie nella provetta siamo noi stessi.

3) per coerenza con quanto detto sopra e con quanto ha scritto nell'editoriale di ieri, ricordasse ciò che scriveva esattamente un anno fa in questo editoriale a proposito del tema - a lui tanto caro, a quanto pare - dei cambiamenti climatici e del clima che surriscalderebbe gli animi.
Il pezzo, che tanto è piaciuto nelle contrade polverose bidimensionali in cui una volta giacevano certe centraline, in realtà è un inno al relativismo scientifico associato al marketing del dubbio che stride assai con quanto ha scritto ieri. In particolare con quanto affermato a proposito del "fioretto della dialettica, del ragionamento, dell’argomentazione documentata". 
Soprattutto di quest'ultima, direi.

Rimando a questo post per farsi un'idea più specifica sulla questione.

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