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Guest post di Francesco Maggi
Esattamente fra un mese, domenica 29 novembre, vigilia dell’apertura del vertice mondiale sul clima di Parigi, milioni di persone scenderanno nelle piazze di tutto il mondo per chiedere un accordo vincolante che permetta di contenere il riscaldamento globale entro +2 gradi. Anche in Svizzera si terranno manifestazioni a Ginevra, Berna, Zurigo, San Gallo e Lugano. A Lugano l’appuntamento è sul Piazzale Besso, alle 13:30, per la grande marcia per il clima fino al Palazzo dei Congressi dove si terrà l’evento in piazza con musica, attività per i bambini, bancarelle, foto di gruppo, video da tutto il mondo e la possibilità di sottoscrivere la petizione promossa dalla nostra mascotte, che andrà a Parigi per consegnare i messaggi. Il nostro motto: «Perché io amo…».
La posta in gioco a Parigi verrà illustrata dal noto climatologo italiano Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana e giornalista scientifico di RAI 3 che terrà la conferenza «Clima, energia, crisi ambientale, alla vigilia della Conferenza ONU di Parigi» presso l’auditorio dell’Università della Svizzera italiana sabato 28 novembre alle 18.
Sin d’ora è importante citare le situazioni critiche menzionate nel rapporto 2014 sullo stato del riscaldamento globale pubblicato dall’IPCC (la piattaforma internazionale per i cambiamenti climatici). Pericoli dovuti alla natura stessa del sistema climatico mondiale, che non reagisce linearmente all’aumento della temperatura, ma in modo non lineare. Ciò significa che singoli eventi possono innescare grandi cambiamenti del clima in poco tempo.
Davanti ai crescenti segnali di possibili «balzi» in avanti dei cambiamenti climatici, la comunità scientifica - i cui risultati sono stati raccolti dall'ultimo rapporto dell'IPCC -, finora molto prudente e rigorosa nelle sue conclusioni, non esita a denunciare l’evidenza di segnali crescenti di una crisi climatica dalle conseguenze catastrofiche per l’umanità.
Indebolimento della corrente del Golfo
Lo scioglimento della calotta artica e dei ghiacci della Groenlandia sta rilasciando grandi quantitativi di acqua dolce nel nord Atlantico, disturbando i meccanismi che innescano la corrente del Golfo. Alcuni studi evidenziano già oggi una riduzione di intensità della corrente del 15-20%. Secondo il rapporto dell’IPCC la corrente potrebbe indebolirsi ulteriormente innescando pericolosi effetti regionali, pur se ancora poco chiari.
Disgelo dell’Artico e del permafrost
Nella regione artica gli effetti del riscaldamento del clima sono già particolarmente evidenti. Il disgelo del mare artico non mette solo a rischio l’intero ecosistema e animali simbolo come l’orso bianco, ma anche la sopravvivenza delle popolazioni Inuit.
Inoltre i suoli perennemente gelati in Siberia e Canada (permafrost), sciogliendosi, rilasceranno grandi quantitativi di metano, un gas cento volte più climalterante della CO2. Il disgelo del permafrost innescherebbe un preoccupante e inarrestabile balzo in avanti delle temperature del globo terrestre.
Barriere coralline verso la fine
Gli oceani assorbono una parte importante della CO2 contenuta nell’atmosfera. L’aumento delle emissioni dovute alla combustione di carbone, petrolio e gas hanno portato ad una crescente acidificazione delle acque degli oceani, in quanto la CO2 disciolta nell’acqua si trasforma in acido carbonico. L’acidità delle acque minaccia la vita negli oceani, in particolare le barriere coralline, che vengono corrose dall’acido carbonico.
I dati contenuti nel rapporto IPCC sono allarmanti: negli ultimi trent’anni l’estensione delle barriere coralline si è ridotta del 50% e potrebbero scomparire entro il 2050. Malgrado ricoprano solo l’1% degli oceani, le barriere coralline ospitano il 25% della vita marina e nutrono con proteine essenziali 850 milioni di persone.
L’esempio dell’Amazzonia
L’Amazzonia è il polmone del pianeta e una regione dall’incredibile ricchezza in biodiversità e di popolazione indigene ancora dediche alla caccia e alla raccolta. L’Amazzonia conosce due stagioni ben distinte, quella delle piogge e quella secca. Dal 1980 la stagione secca si è prolungata di una settimana ogni 10 anni. La siccità uccide grandi quantitativi di alberi e alimenta devastanti incendi che emettono grandi quantitativi di CO2. Per questo motivo i climatologi guardano con preoccupazione la situazione in Amazzonia e i crescenti segnali di un collasso dell’ecosistema.
Se non vogliamo correre il rischio di innescare pericolosi meccanismi come quelli appena descritti è urgente sostituire i vettori energetici fossili (carbone, petrolio e gas) con fonti pulite e rinnovabili con l’obiettivo di contenere l’aumento medio delle temperature entro +2 gradi centigradi. Limite oltre il quale la comunità scientifica internazionale sconsiglia vivamente di avventurarsi. Sembrerebbe poca cosa, ma a titolo di confronto è utile sapere che oggi abbiamo solo +3-4 gradi rispetto all’ultima era glaciale.
I tempi stringono, il vertice di Parigi sarà l’ultima occasione per trovare un accordo globale e vincolante per non oltrepassare la soglia dei +2 gradi. Per questo motivo è importante la presenza di ognuno di noi il prossimo 29 novembre: è arrivato il momento di lottare per quello che amiamo.
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