Montagne russe marine
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Il livello delle acque dei mari si sta abbassando da un annetto e mezzo in qua, in barba a tutte le proiezioni dell'IPCC e alle leggi della fisica sinora conosciuta e/o ritenuta valida. Che sta succedendo? Qualcosa di nuovo e sconosciuto in gioco? Tutta la fisica che sostiene l'AGW da rifare? Tutto da buttare a mare per ripartire con competenti ipotesi di diversamente esperti?
Tranquilli: non siete su _quel_ blog , non ci siamo improvvisamente affiliati al rimorchio della centralina né affidati al rimorchiatore di turno né tantomeno si tratta di un fake post.
Semplicemente e preventivamente, ritengo utile spendere 2 parole 2 su quel che certi media hanno già iniziato a far proprio e a divulgare senza approfondire (eufemismo) e certi siti a strombazzare come fosse la seconda rivoluzione climatica più importante del periodo, dopo quella di CLOUD.
È che dalla primavera del 2010 siamo in una fase ancora tutt'altro che conclusa e dissipata di Nina; e notoriamente (non è la prima volta, of course: notare sul grafico ad es. quel che succede al livello nei recenti periodi 2007-2009 e prima 1998-2001), con essa, l'incremento generale del livello delle acque rallenta e subisce stasi e persino temporanee diminuzioni, esattamente alla stessa maniera in cui invece subisce accelerazioni durante le fasi di El Nino.
Il livello generale dei mari ha perso 6 mm nell'ultimo anno (vedi anche qui). Non è certamente poco, in una contingenza climatica nella quale il trend generale risulta essere un aumento annuo di poco più della metà.
Ma, appunto: come si accennava già qui, questo incremento non avviene con uniformità spazio-temporale.
Spazio: ne abbiamo già accennato nel post segnalato sopra (vedi anche qui). Tempo: al di là delle fluttuazioni interstagionali, possiamo considerare quelle interannuali (come detto sopra) come risposte interne del sistema oceano-atmosfera-terraferma all'ENSO e il tutto si caratterizza per un alterazione transitoria e fugace del ciclo idrico. Come fossero montagne russe, i mari - al netto delle componenti eustatiche e termosteriche - rispondono in maniera significativa ad alterazioni del ciclo, rallentando (accelerando) l'incremento del loro volume e del loro livello tutte le volte che gran parte del vapore da essi prodotto finisce sulla terraferma (rimane sui mari) e in qualche modo vi resta "intrappolato" senza tornare al mare (muoversi verso le terre) generando massiccio surplus (deficit) idrico sui continenti.
Dal punto di vista eustatico e termosterico, non si scorgono nell'ultimo anno elementi tali da giustificare eventuali accumuli nevosi sulla terraferma (quindi sostanzialmente sull'emisfero nord, che ha avuto una copertura nevosa un po' più alta di prima, ma solo in inverno e non in maniera significativa), in un periodo, tra l'altro, connotato da continua ed accelerante fusione delle calotte glaciali (vedi anche qui). Né possiamo dire che i mari si siano raffreddati, al di là della variabilità associata appunto alla Nina (il Pacifico equatoriale e la banda orientale e sudorientale del bacino si sono raffreddati parecchio, ma le altre aree sono più calde, come in tipico pattern ENSO-, mentre l'Indiano e l'Atlantico non si sono raffreddati in maniera così significativa).
Invece la risposta va ricercata negli effetti che la Nina ha indotto sul regime pluviometrico: come segnala il JPL/NASA qui (vedi figura a lato), questo ultimo anno è stato caratterizzato da importanti accumuli in Australia e nel nord del Brasile, stavolta in maniera anche più anomala del solito (vedi anche qui e qui). Ma è del tutto normale che in regime di Nina piova di più su molte zone continentali di entrambi gli emisferi, è nella natura idrodinamica del fenomeno (per alcune spiegazioni specifiche, seguire il tag ENSO e cercare le link).
Ecco per es. una carta di correlazione (reanalisi dell'ESRL/NCEP) fra le SST in zona Nino3.4 e il tasso di precipitazione (in mm/d) negli ultimi 40 anni:
Notare l'estesa e alta anticorrelazione sull'Australia e sul nord del Brasile (più piogge con SSTA- tipiche della Nina). Notare, BTW, la correlazione positiva (meno piogge con SSTA- tipiche della Nina) sull'Africa centro-orientale e sul sud degli States (aree a forte siccità recente).
In particolare, sembra essere decisivo il ruolo dell'Australia nel ritenere gran parte del surplus di pioggia caduta in questo ultimo anno, perché - come si sa - la grande isola australe ha una morfologia assai particolare, caratterizzata da generale povertà idrografica (con i maggiori fiumi diretti verso l'interno) e da vaste successioni di depressioni endoreiche e di aree areiche, il che la situano nettamente al di sotto della media del tasso di deflusso continentale medio verso i mari.
Chiudo con una citazione di Josh Willis del JPL direttamente tratta dalla news della NASA:
“We're heating up the planet, and in the end that means more sea level rise. But El Niño and La Niña always take us on a rainfall rollercoaster, and in years like this they give us sea-level whiplash.
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