Benvenuti nella nuova normalità

La recente disastrosa alluvione che ha colpito l'Emilia-Romagna, richiama per l'ennesima volta la relazione fra eventi meteo estremi e cambiamento climatico. Senza la pretesa di essere esaustivo su una problematica molto complessa che coinvolge in modo molto stretto ambiti differenti quali atmosfera, stato pregresso del suolo e condizione del territorio, vediamo di evidenziare alcuni aspetti che meritano una puntualizzazione.


Il rischio che una catastrofe naturale possa provocare danni e vittime dipende sostanzialmente da tre categorie di fattori, ognuna delle quali a sua volta è caratterizzata da ulteriori sotto-gruppi: la frequenza dell’evento innescante, l’esposizione e la vulnerabilità del territorio vissuto e usato/gestito/sfruttato dalla società. 

1) L’esposizione è aumentata nel corso del tempo perché ci sono più infrastrutture sul territorio. Delle tre categorie, questa è forse quella sulla quale ci sono meno dubbi e discussioni. Nel corso del tempo, l'aumento della popolazione e dello sfruttamento del territorio ha portato ad una drastica trasformazione dell'uso del territorio e del paesaggio, rintracciabile nella semplice constatazione di quante infrastrutture siano state edificate e di quanto terreno sia stato cementificato.



2) La vulnerabilità dipende dalla gestione sul lungo periodo del territorio ma pure della situazione idro-geologica di base ma ma anche contingente. 

La gestione del territorio, quando non ottimale, in molti casi ha fatto aumentare la vulnerabilità: ad es. per eccessiva cementificazione, disboscamento a monte, arginature e/o coperture di alvei fluviali ecc. 

Però in tanti altri casi la gestione ha diminuito la vulnerabilità: per es. nel caso di efficace protezione dalle inondazioni, controlli di livello, migliori sistemi di allerta, migliori previsioni meteo ecc. In sostanza: a causa di maggiore e migliore prevenzione.

La conformazione idro-geologica di base conta perché le caratteristiche morfologiche e climatiche risultano essere decisive, in questo contesto. Un quantitativo molto importante di precipitazioni che cade in un breve lasso di tempo (come nel caso citato) su un terreno prevalentemente argilloso, non abituato a piogge di rara intensità tende ad aumentare in modo importante la vulnerabilità dello stesso rispetto invece ad un terreno maggiormente abituato ad assorbire precipitazioni di grande intensità, magari geologicamente strutturato in modo diverso, con strati nei quali l'acqua si infiltra più facilmente e velocemente. 

Conta ovviamente anche la situazione idro-geologica contingente: come una spugna secca che all'inizio fa fatica ad assorbire acqua, in un suolo arso dalla siccità (come quella che ha connotato l'Europa centro-occidentale nel corso degli ultimi 2 anni) l'acqua piovana farà molta più fatica ad infiltrarsi. D'altra parte, anche quando il suolo è saturo di acqua (di nuovo: come una spugna piena d'acqua) questa capacità viene meno. In sostanza: condizioni estreme in un senso (suoli aridi) o nell'altro (suoli saturi di acqua) aumentano la vulnerabilità.

Nel caso dell'evento in Emilia-Romagna la situazione è stata particolare e quasi esemplare, in questo specifico senso, perché sono intervenuti due eventi in successione a inizio maggio e poi quello dei giorni scorsi. A incidere è il ruolo dei cosiddetti fattori aggravanti, che sono dati da precipitazioni molto importanti, frequenti e intense su un territorio prima assai arido e poi già molto umido e saturo.

I rischi vanno ovviamente ponderati con attenzione nell'ambito molto importante ma anche molto delicato della pianificazione del territorio, un'attività di sistemazione soggetta a interessi concorrenti ma per fortuna spesso anche regolata da prescrizioni legali che devono / dovrebbero tenere sempre più conto di questi rischi. L'urbanizzazione è infatti un parametro importante. Come si è visto in Emilia-Romagna, se precipitazioni intense riguardano una regione molto, molto ampia, le risposte idrologiche che si registrano nei bacini sono molto, molto importanti e soprattutto molto veloci. Le superfici edificate mostrano infatti risposte differenti alle precipitazioni rispetto a quelle boschive; e questo deve essere chiaramente valutato nella parte idrologica che serve come base per le carte del pericolo.

La prevenzione dei rischi e la mappatura dei pericoli rappresentano compiti costanti che le società moderne devono / dovrebbero portare avanti. In questo senso, tutti gli eventi, anche estremi, verificatisi negli ultimi decenni sono sicuramente punti importanti che permettono di ridefinire sempre di più quegli scenari che potremo attenderci anche in futuro. Scenari che tengono conto di più fattori: da precipitazioni che anche da un punto di vista statistico possono essere attese e aggiornate con un certo periodo di ritorno, fino ai fattori aggravanti, appena citati, che possono determinare situazioni di pericolo. 


3) Siamo infine alla frequenza dell’evento, ovvero in questo specifico caso dell’intensità delle precipitazioni. Ed è ovviamente qui che c’entra il cambiamento climatico. Perché la causa di eventi come questi è dinamica – dipendente dalla circolazione atmosferica – ma viene influenzata dalla termodinamica. Mi spiego meglio.

All’origine c’è una situazione meteo bloccata che favorisce la convezione e le piogge su una zona per un certo lasso di tempo. Un quadro che di tanto in tanto ricompare, la stessa ma opposta fase di blocco che può avvenire nel caso di lunghi periodi di siccità e canicola.

Sull'Emilia-Romagna è caduta una pioggia molto molto intensa, tanto che - all'apice dell'evento - in poche ore è caduto il quantitativo di acqua che mediamente cade in 7 mesi e in 48 ore un quantitativo pari all'incirca ad 1/4 di quello che di solito cade nel corso di un intero anno, portando all'esondazione di decine e decine di fiumi. È questo l'effetto meteorico della suddetta situazione bloccata caratterizzata da un'area di bassa pressione ferma e stazionaria che per due giorni ha continuato a provocare precipitazioni sempre sulla medesima zona.

Ebbene, recenti studi (vedi per es. qui, qui o qui) hanno mostrato come il cambiamento climatico possa anche influenzare la circolazione atmosferica generale tramite cambiamenti di persistenza nella corrente a getto (posizione, forza e variabilità) che vanno ad esacerbare gli eventi estremi. Poiché l'Artico si sta riscaldando più rapidamente dei tropici, ci sono meccanismi plausibili all’origine di questa connessione. Tuttavia, il cambiamento della circolazione è incerto, i meccanismi sono complessi e la variabilità è grande. Il campo di ricerca qui è ancora giovane.

Veniamo infine al fattore termodinamico. Qui non ci sono dubbi, la fisica è implacabile: in un’atmosfera più calda come quella odierna, *rispetto alle simili condizioni dinamiche del passato*, la probabilità che si inneschino precipitazioni più estreme aumenta.


Il fattore decisivo non è se la frequenza della situazione meteo che innesca i temporali aumenti, ma il fatto che la quantità di acqua in essa, per es. in una regione come quella europea più calda di 2 gradi, cresce del 15% e quindi il rischio di danni si incrementa notevolmente. E questo perché l'aria calda può assorbire più umidità e contenere più acqua: è il principio del tumbler la cui teoria è conosciuta da più di 150 anni



Per ogni grado di riscaldamento, l'atmosfera può contenere circa il 7% di umidità in più. Quindi le precipitazioni intense diventano più estreme. Questo fatto è chiaramente previsto dai modelli di simulazione da almeno 30 anni. E globalmente e in molte regioni, lo stiamo cominciando ad osservare (vedi ad es. qui, qui o qui).


Non è ovviamente possibile affermare una connessione diretta fra un evento come quello verificatosi in Italia e il cambiamento climatico (anche se oggi l'ipotesi nulla andrebbe ribaltata), ma quello che negli scorsi giorni è successo in Emilia-Romagna è sicuramente compatibile con gli scenari climatici che ci si aspetta sulla base dei modelli numerici che descrivono le conseguenze del riscaldamento globale. In particolare, i climatologi si aspettano un aumento in intensità e frequenza delle precipitazioni. E l'evento di questi giorni rientra perfettamente in tale casistica. 


Dobbiamo sempre tener conto del fatto che lo stato dell’atmosfera e degli oceani è mutato, a causa degli squilibri nel bilancio dei flussi di energia e gli eventi meteorologici sono influenzati da un clima mutato perché le condizioni ambientali al contorno nei quali si manifestano sono diverse rispetto a prima. Perciò - sebbene un singolo evento non possa essere considerato una conseguenza diretta del cambiamento climatico - condizioni climatiche mutate sono in grado di influenzare *il modo* in cui gli eventi estremi si manifestano. 


Non c'è un legame diretto fra la lunga siccità precedente e l'intensità delle piogge cadute negli scorsi giorni.  C'è però un legame indiretto: entrambe sono manifestazioni compatibili con gli scenari relativi al cambiamento climatico. Sappiamo che il riscaldamento globale provoca la modifica di tutta una serie di fenomeni e sappiamo che in futuro dobbiamo attenderci sia periodi di siccità più prolungati sia precipitazioni abbondanti. In questo caso entrambi i fenomeni si sono manifestati casualmente nello stesso momento nella medesima regione.

Insomma: benvenuti alla finestra sulla nuova normalità. 



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