The climate meltdown I - Effetti letali

In questa estate che nell'emisfero nord ha conteggiato un'ennesima sequenza impressionante di ondate di calore, un post di aggiornamento sulla stretta relazione che c'è fra estremi di calore e rischi sanitari che spesso sono letali. Un aggiornamento di quel che avevo già trattato qui e qui.


Il corpo umano può funzionare solo all'interno di una stretta gamma di temperature corporee intorno a 37 °C. Le ondate di calore rappresentano un notevole rischio per la vita umana, perché il clima caldo, aggravato dall'alta umidità, può aumentare la temperatura corporea, portando a condizioni molto pericolose per la sopravvivenza.
Vediamo una serie di recenti studi di attribuzione degli effetti sulla salute delle ondate di calore, di volta in volta incentrati su specifici indicatori: temperature (T) giornaliere medie (Tmean), le T giornaliere massime (Tmax) , le T giornaliere minime (Tmin) oppure in un caso l’indice combinato fra Tmax e umidità (Tappmax), con specifiche soglie che rappresentano percentili particolarmente elevati (di solito > al 95esimo) oppure, per le Tmin, la soglia dei 20°C utilizzata per definire le notti tropicali (NT). In alcuni casi (primo, in parte secondo e quarto) in associazione anche ai tassi di umidità dell’aria, poiché sappiamo bene quanto sia impattante sulla salute la combinazione di elevate T ed elevati tassi di umidità. In accordo con la fisiologia termica umana, aumentando l'umidità relativa anche le temperature più basse possono diventare letali.
Studi che abbracciano di volta in volta specifiche aree geografiche di indagine: i primi 2 su scala globale, il terzo l’Europa meridionale, gli ultimi 3 la regione alpina e la Svizzera.

IPCC AR6 SYR, da Mora et al. 2017


Worldwide

● Cominciamo con lo studio uscito nel 2017 di Camilo Mora et al. Ne avevamo già parlato qui.
 

La loro analisi è basata su 1900 casi di località in tutto il mondo dove le temperature ambientali elevate hanno mietuto vittime fra il 1980 e il 2014. Analizzando le condizioni climatiche di 783 episodi di caldo letali per i quali erano disponibili dei dati, i ricercatori hanno identificato una soglia oltre la quale le Tmean e l'umidità relativa media giornaliera diventano mortali. L'area del pianeta in cui tale soglia è superata per 20 o più giorni all'anno è in aumento e si prevede che cresca anche con tagli molto incisivi alle emissioni di gas serra. Attualmente, circa il 1/3 della popolazione mondiale è esposto a tali condizioni mortali ogni anno. Il maggior rischio di salute è previsto per le aree tropicali. Questo perché i tropici sono caldi e umidi durante tutto l'anno, mentre per le latitudini più elevate il rischio di calore mortale è limitato all'estate.

Mora et al. 2017

Entro il 2100, se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare ai tassi correnti la frazione di popolazione mondiale che sarà esposta a ondate di calore mortale passerà da 1/3 a 3/4. Persino se le emissioni venissero ridotte in modo aggressivo, circa la metà della popolazione mondiale sarebbe comunque toccata da questo tipo di eventi estremi.


● Passiamo ora ad un più recente lavoro: quello di Vicedo-Cabrera et al. 2021.


In questo studio, gli autori hanno indagato la relazione fra alcuni indicatori delle ondate di calore estivo e il rischio di mortalità non accidentale in 732 località di 43 paesi fra il 1991 e il 2018. La conclusione è allarmante: poco più di 1/3 della morte legata all’esposizione al calore durante la stagione calda può essere attribuito al cambiamento climatico indotto dall'uomo. 
A temperature più elevate, il rischio di mortalità aumenta rapidamente ovunque, tenendo ovviamente conto delle specifiche condizioni climatiche. Ad esempio a Madrid, ad una Tmean di 31°C c'è un aumento del 50% circa della mortalità, a Pechino alla stessa Tmean “solo” del 20%, a Chicago del 40%.

Per paragone, nella media delle 8 più grandi città svizzere sale del 12% per una Tmax di 31°C ma aumenta del 50% già ad una Tmean di 25°C (vedi quarto studio). 

Vicedo-Cabrera et al. 2021

In media in molte località, circa il 37% di tutta la mortalità legata al calore può già essere attribuita al cambiamento indotto dall'uomo. Questo numero aumenterà ulteriormente con ulteriori emissioni di CO2 e l'aumento del riscaldamento globale.


Mare Nostrum e dintorni

● Restringiamo ora un po’ l’area geografica di indagine, concentrandoci sull’Europa meridionale, che proprio questa estate sta conoscendo l’ennesima ondata di calore intensa e protratta. 


In questo studio del 2021 Royé et al hanno esaminato gli effetti della temperatura dell'aria notturna sulla mortalità non accidentale (respiratoria e cardiovascolare) in 11 città dell'Europa meridionale di quattro paesi (E, F, P, I), utilizzando due nuovi indici termici (HNd e HNe). 
HNd descrive la durata dell'effetto calore ed è calcolato come la somma delle ore durante la notte (fra il tramonto e l'alba) per le quali viene superata la soglia di T di 20°C (Tthr), che è la soglia utilizzata per definire le NT. HNe consente invece di valutare l'eccesso di stress termico notturno e si ottiene attraverso la somma dell'eccesso di calore durante il periodo con T ≥ Tthr. 

Slide tratta da una presentazione di Piero Lionello, CMCC.

Lo studio ha rilevato associazioni positive, ma generalmente non lineari, tra il rischio relativo di mortalità da cause specifiche e la durata e l'eccesso di notti calde. C’è una forte evidenza di associazione fra la mortalità giornaliera e l’indice HNe e una minore con l’indice HNd in tutti i Paesi analizzati. In particolare, valori elevati di HNe sono risultati associati a un aumento della mortalità per cause specifiche in alcune città (per es. Porto, Lisbona, Madrid, Roma). Da un punto di vista fisiologico, i risultati ottenuti sono coerenti con i meccanismi biologici proposti per spiegare come i cambiamenti nell'ambiente termico notturno portino a un aumento dei disturbi da specifiche cause (maggior difficoltà di respirazione, minor qualità del sonno che produce effetti nocivi sul sistema cardiovascolare), che possono portare alla morte. 

Royé et al. 2021. Boxati di arancione e rosso sono i valori più elevati (> 1.05) risp. il più elevato di rischio relativo nelle 6 sotto-categorie. 

HNe sembra essere la variabile termica più importante in tutte le città studiate, distribuite su un'ampia area geografica, in particolare nelle città portoghesi e a Roma. La capitale italiana sembra essere particolarmente vulnerabile all’indicatore Hne soprattutto per quanto riguarda gli effetti fisiologici sulla respirazione. Le città portoghesi e Roma risultano essere più sensibili, rispetto a quelle spagnole e francesi, anche all’altro indicatore HNd.


Fonduta di formaggio

Veniamo infine agli ultimi 3 studi che si concentrano sulla Svizzera.

● Questo studio del 2017 di Ragettli et al esplora l’associazione fra calore e mortalità negli ultimi decenni (1995-2013) in 8 città svizzere, 7 a nord delle Alpi e una a sud, fra maggio e settembre. 


Nell'intero periodo di tempo, sono state trovate relazioni significative per tutti gli indicatori di T, in primis per la Tmin e poi per la Tmean, infine per la Tmax e per la Tappmax, soprattutto per le donne di età >74 anni. 

Ragettli et al. 2017

I rischi di mortalità sono più elevati all'inizio dell'estate, soprattutto per le Tmin. Nel periodo più recente, hanno osservato una riduzione non significativa dell'effetto delle alte T sulla mortalità, con il gruppo di età > 74 anni che rimane la popolazione a più alto rischio, anche dopo la “lezione” imparata durante l’estate record (per T e per numero di vittime da calore) del 2003.

Ragettli et al. 2017

Quest’altro recente lavoro del 2022 di De Schrijver et al fa una cosa intrigante e collaterale e permette di avere una visione forse un po’ più completa del problema sanitario correlato agli eccessi termici e all’età: valuta le tendenze della mortalità legata sia al caldo che e al freddo in Svizzera tra il 1969 e il 2017 e quantifica il contributo dell'invecchiamento della popolazione ai pattern osservati. 


Gli autori trovano che i tassi di mortalità legati al freddo sono diminuiti in tutte le classi di età, ma i decessi annuali legati al freddo sono ancora aumentati tra le persone di età ≥ 80 anni, a causa dell'aumento della popolazione a rischio. Hanno anche stimato che i decessi legati al caldo e al freddo si sarebbero circa dimezzati nell'ultimo decennio in assenza dell'invecchiamento della popolazione, nel primo caso (caldo) a causa della migliore prevenzione e dell’uso sempre maggiore dell’aria condizionata, nel secondo (freddo) per ragioni meramente legate ai rischi epidemiologici. In conclusione, i risultati suggeriscono che l'invecchiamento della popolazione potrebbe essere stato un fattore determinante delle tendenze storiche dell'impatto della mortalità legata alla T negli ultimi cinque decenni in Svizzera. In particolare, hanno riscontrato che il progressivo invecchiamento della popolazione potrebbe aver attenuato la diminuzione della mortalità legata al freddo prevista dal riscaldamento del clima e aggravato il carico attribuito al caldo
Questa evidenza supporta l'ipotesi che l'invecchiamento della popolazione combinato con il cambiamento climatico probabilmente amplificherà ulteriormente il carico di mortalità attribuito al caldo e al freddo se non verranno introdotte ulteriori misure di adattamento, mettendo a dura prova i sistemi sanitari dei Paesi con popolazione che invecchia.


● Infine ecco un recentissimo paper uscito 3 mesi fa nel quale Rippstein et al hanno indagato le possibili differenze regionali a livello svizzero dell’esposizione della popolazione alle NT e le relative vulnerabilità sanitarie.



 I risultati indicano che – come già si sapeva – la frequenza delle NT in Svizzera è complessivamente aumentata tra il 1970 e il 2019, soprattutto nelle aree urbane e nei loro maggiori agglomerati (Losanna, Ginevra, Basilea, Lugano e Zurigo). Anche la popolazione esposta alle NT in Svizzera è aumentata, con gli incrementi più consistenti nelle città più grandi. 
Tuttavia, la vulnerabilità alle NT in termini di rischio di mortalità associato sembra essere altamente variabile tra i cantoni e le città. Ciò può essere dovuto alla morfologia e soprattutto all'attuazione di piani di adattamento e di altre misure di salute pubblica. Infatti, in alcuni cantoni dell’Altipiano (per es. Zurigo) l’associazione fra NT e rischio di mortalità è positiva ma diventa negativa nell’agglomerato urbano. In altri cantoni più rurali o di montagna (per es. il Ticino, con il 50% del territorio che è montagna e più dell’80% della popolazione che vive su pianure e fondovalle, cioè il 15% del territorio) vale l’inverso: pur essendo l’associazione positiva nei centri urbani (Lugano), diventa negativa nell’insieme del cantone, probabilmente evidenziando il minor rischio per chi ha l’opportunità di vivere e soprattutto spostarsi in quota.

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