W la squola e i compiti!
Quelli però che servono e permettono di imparare. Non certo quelli suggeriti da chi non ha di meglio da scrivere che attaccarsi all'ennesimo tentativo di gettare merda sulla montagnetta fumante, al solo ed unico scopo di screditare il consenso scientifico sul GW. Uno sport un po' in voga, ultimamente. Soprattutto alla squola di coloro i quali non hanno null'altro da dire e da scrivere (e lo dicono e lo scrivono :-), evidentemente perché o sono alla frutta (con la pletora di argomentazioni fake degne del circo dei freaks) oppure più semplicemente perché l'incessante shift nella perdita di riverbero sulla ribalta del terrapiattismo, un anno e mezzo dopo le mille bolle rosa del bubblesgate, qualche preoccupazione unita ad una punta di invidia lo può anche suscitare, ammettiamolo.
Anyway: degli shift climatici abbiamo già parlato, ne riparleremo, sui vari forum e nella blogosfera se ne parla anche fin troppo, al limite del rigetto.
E come non provare un po' di sano rigetto dopo aver letto l'ultima moda del markettismo comunicativo in ambito socio-ecological/radical chic (come les freaks)? Proprio quel pamphlet (qui un articolo su NatureNews) titolato Climate Shift (che altri non è che il riciclo lustrato e infiocchettato di quest'altro, ne avevo accennato qui) a nome di un dottore in Strategie di Comunicazione (quindi: il top in ambito specifico, esattamente come il solito pesce) che crede di fare un ottimo servizio presentando una
“clear vision for the next decade of public debate.
La verità continua ad essere scomoda, non c'è niente da fare. E in ambito climatico, una delle strategie è quella di mercanteggiare il dubbio a scopi ideologici. No consensus, scienza divisa, riduzione del problema a mera contrapposizione, il tutto ben foraggiato per evidenti ragioni di Big Business utilizzando tecniche di Astroturfing per rendere dazed & confused opinione pubblica e decisori. Con il risultato finale che le banalità diventano novità assolute infiocchettate ex novo e l'Agnotologia dilaga.
Poi uno entra nel merito, scava, studia, legge, si informa approfondendo, insomma: cerca di spalare le montagne di merda. E se può: partecipa a seminari, va a seguire conferenze coi controfiocchi (non certo quelle organizzate dai soliti due dilettanti in pensione) ed eventualmente si iscrive a qualche corso universitario. Magari si ricorda di aver studiato e di aver conseguito un diploma, un Master, magari un PhD nel ramo. Magari ha anche pubblicato qualcosa, letteratura grigia, of course. Oppure oltre, letteratura PR, co-autore insieme a tanti altri di molti svariati istituti universitari......
Insomma: il mondo è pur sferico e pieno e si muove ancora, nonostante quel che a volte ci viene predicato.
Nel merito, le Key Findings del pamphlet sono le seguenti:
• “In 2009, on climate change and energy-related policy, environmental groups spent an estimated $394 million compared to $259 million spent by conservative think tanks, groups and industry associations.
• “The peak in public concern over climate change that occurred in 2006 and 2007 came at the time of a decade low in unemployment. In recent years, as unemployment has risen sharply, the perceived priority of the issue has correspondingly dropped. Studies show strong linkages between individual perceptions of climate change and unemployment levels at the state and county level.
Liquidiamo la seconda (qui un suo grafico esplicativo) con la considerazione che nessuna acqua scoperta fu più calda di questa: c'era davvero bisogno di buttare una parte dei lauti finanziamenti (suppongo) ricevuti per scoprire che
. nel tempo altre priorità nella percezione dei problemi principali presso l'opinione pubblica americana sono emerse (per es. due su tutte: disoccupazione e sicurezza), oltre a quelle del cambiamento climatico e dell'ambiente in senso generale?
. quando la crisi economica si affaccia sulla ribalta e la disoccupazione aumenta, il problema ambientale - nella percezione delle apprensioni - cala e viceversa? Se ne erano già accorti negli anni 90 quelli del Credit Suisse a proposito della percezione delle apprensioni degli svizzeri, se per questo (vedi per es. grafici qui e qui). Possibile che il nostro esperto di comunicazione non se ne fosse reso conto, finora?
La prima: sicuri che le spese e il lobbying di chi ha o è vicino al pollice verde superi quelle e quello di chi ha o è vicino alle mani sporche di nero?
C'è chi non la vede proprio così (vedi anche qui) e anche chi non ha esitato a far notare palesi "errori di distorsione" (chiamiamoli così) dei dati (vedi anche qui o qui). Io ne avevo già parlato qui. E già allora mi chiedevo se:
. sia così importante saperlo. In fondo accusare la comunità scientifica di voler imporre la doxa del consenso sull'AGW al solo scopo di giustificare e ottenere ulteriori fondi per la ricerca è un atteggiamento davvero singolare perché simili accuse sarebbero alimentate da ambienti poco inclini alle teorie del complotto (che invece abbondano nell'area negazionista/terrapiattista) e generalmente propense a fondare le scelte politiche sulle verità scientifiche e non su visioni ideologiche.
. in ogni caso, chi è parte diretta in gioco (perché toccato e pungolato nel merito della sostanza, essendo la sostanza la ragione stessa della loro esistenza e il gas che si libera bruciandola la ragione della verità scomoda condivisa dalla comunità scientifica sul tema) abbia ben più ragioni dirette ed intrinseche a foraggiare la manipolazione del dubbio per screditare la verità scomoda rispetto a chi è solo parte indiretta in gioco (toccato semmai solo da ragioni di persistenza della ricerca, che potrebbe però benissimo orientarsi verso nuovi ambiti). Esattamente un dejà-vu in ambito medico/salutistico nel merito della nocività del fumo, o della pericolosità e dell'efficacia del DDT.
La bufala scovata (ma ce ne saranno altre, non è che uno abbia tutto il tempo...) è invece quella relativa al negazionismo sull'ozone depletion. Già. Anche in questo ambito collaterale, la macchina della manipolazione del dubbio lavora contro la storia.
Vediamo dapprima cosa scrive il nostro esperto di comunicazione:
“According to climate scientist Mike Hulme and policy expert Roger Pielke Jr., climate change remains misdiagnosed as a conventional pollution problem akin to ozone depletion or acid rain – environmental threats that were limited in scope and therefore solvable. In these cases technological alternatives were already available and the economic benefits of action more certain — both conditions that allowed policymakers to move forward even in the absence of strong scientific consensus.Già. Vediamo adesso velocemente come stanno davvero le cose: qui e qui ci sono esaurienti spiegazioni, con interventi scritti da parte di un esperto nel ramo (autore di questo libro).
Top line:
“Yes, the claim that Montreal Protocol was easy because there was a substitute in hand is simply wrong, and the detailed evidence showing why and how it's wrong is in my ozone book. (Protecting the ozone layer: science and Strategy, Oxford Press, 2003). This is one of the half-dozen major things that “everyone knows” about the stratospheric ozone case that are simply erroneous.
Bottom line:
“The crucial technological advances that demonstrated the viability of alternatives all came after, not before, the political decision to impose 50% CFC cuts -- and the effort to generate these advances was motivated by the imminent threat of these regulatory restrictions -- not the reverse. This is widely misunderstood and misrepresented -- not just by those who are careless with the truth, but also by many who have read or heard the contrary claim and remember it because it just makes sense given people's priors about regulation and corporate strategy.
E allora ed infine: evviva i compiti sani e utili!
E naturalmente buona Pasqua!
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