Mezzo grado e un quarto d'ora


Tre anni dall'Accordo di Parigi, due giorni al termine della COP24 di Katowice, le prospettive sono tutt'altro che rosee. E, come se non bastasse, Climate Action Tracker ha pubblicato la classifica dei vari paesi firmatari della Convenzione sul clima, in base agli impegni per ridurre le emissioni di gas serra. Situazione piuttosto penosa:











In questo post torno brevemente sull'ultimo rapporto speciale (SR15) dell'IPCC (qui un post molto sintetico con tutta una lunga serie di FAQ da RC).
Nonostante le poco rosee prospettive di cui sopra, i prossimi 10 anni saranno comunque cruciali, perché oggi abbiamo già consumato i ¾ del budget globale di emissioni di CO2 che ci permetterebbe di raggiungere e non superare un riscaldamento a fine secolo di 1,5 gradi C.






Questo fa capire l'urgenza in gioco: è come se avessimo a disposizione ancora solo un quarto d'ora dell'ora concessa per evacuare la casa in cui viviamo - che ha iniziato a prendere fuoco per nostra negligenza - senza il rischio di subire ripercussioni troppo gravi sulla nostra salute.  O per tentare di spegnere l'incendio senza il rischio che ci siano troppi danni. E - ça va sans dire - tutto ciò perché i primi 45 minuti li abbiamo spesi solo a discutere. Nella migliore delle ipotesi, il tempo lo abbiamo investito nel cercare di metterci d'accordo su cosa e come fare; nella peggiore, lo abbiamo perso a disquisire sul dubbio se la casa stia effettivamente prendendo fuoco, o se siamo davvero stati noi ad innescarlo, o se il processo di combustione esista davvero e il calore e il fumo non abbiano invece origine dall'ambiente esterno, oppure ancora se faccia davvero così male e non favorisca invece un maggior tepore interno e un'atmosfera più romantica da caminetto e single malt scozzese...
Durante questo quarto d'ora non possiamo più permetterci di perdere l'obiettivo di salvarci la pelle: il target, appunto, del grado e mezzo in più.
Se si supera questo livello di GW di 1,5 gradi in più i danni alla casa e alla nostra salute saranno entro un intervallo che va dall'essere decisamente più importanti fino ad essere fatali, a seconda del livello raggiunto.





L'SR15 ha definito 1,5 °C come il riscaldamento dal periodo 1850-1900. Questo valore corrisponde a circa 1/3 di un'unità di glaciazione (la quantità di riscaldamento dall'ultimo massimo glaciale di 20'000 anni fa alla metà del XIX secolo). Vista in quest'ottica, una grandezza impressionante, non c'è che dire.


Con i tassi attuali di riscaldamento (circa due decimi di grado a decennio, un valore mai eguagliato perlomeno negli ultimi 20 ka, ma forse neanche negli ultimi 2 milioni di anni), raggiungeremo questa soglia di 1,5 ºC su base decennale all'incirca entro il 2040. Il primo anno a superarla avverrà presumibilmente già prima, probabilmente associato a un grande evento di El Niño che potrebbe accadere tra la fine degli anni 20 e l'inizio degli anni 30.
Ma potrebbe anche succedere prima: in effetti, il GW sta accelerando perché tre tendenze - l'aumento delle emissioni (vedi anche qui), il calo dell'inquinamento atmosferico che riduce l'effetto di dimming e la ciclica variabilità interna del clima (vedi per es. qui e qui) - si stanno unendo e potrebbero rimanere in fase per i prossimi 20 anni - con un tasso di riscaldamento di quasi tre decimi di grado a decennio - rendendo i cambiamenti climatici più rapidi e più furiosi del previsto. Da questo punto di vista, ci sono buone probabilità di riuscire a superare il livello di 1,5 ° C entro il 2030 su base decennale (quasi 2 chance su 5 risp. una su dieci che supereremo questa soglia su base mensile risp. annua entro i prossimi 5 anni).

fonte

Questo rapporto dimostra in modo molto chiaro, credibile e bilanciato - frutto della sintesi dello stato dell'arte della letteratura scientifica in merito - che anche solo con mezzo grado in più (dunque: 2 gradi in più a fine secolo), ci sarebbero ripercussioni climatiche e ambientali molto importanti e che questa differenza è più grande di quanto si stimasse in precedenza.



Per esempio:

❒ Il numero delle persone esposte alle ondate di calore si ridurrebbe di 420 milioni se si riuscisse a limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto a 2 °C.

❒ Le probabilità di siccità e di deficit idrici, nonché di precipitazioni estreme, in alcune aree del Pianeta sarebbero ridotte nel caso di un riscaldamento globale di 1,5 °C rispetto a 2 °C.

❒ Entro il 2100 l’innalzamento del livello del mare su scala globale potrebbe essere più basso di 10 cm con un riscaldamento globale di 1,5 °C rispetto a 2 °C; un livello medio globale dei mari più basso di 10 cm potrebbe voler dire che 10 milioni di persone non sarebbero sottoposte a rischi alle risorse idriche, infrastrutture ed ecosistemi.

❒ Le barriere coralline potrebbero ridursi del 70-90% con 1,5 °C in più, mentre con 2 °C in più sparirebbero completamente (perdita maggiore del 99%).

❒ Mentre con un aumento di 1,5 °C la condizione di assenza di ghiaccio estivo nel Mar Glaciale Artico si verificherebbe in media una volta ogni secolo, con 2 °C di aumento tale condizione si verificherebbe in media una volta ogni decennio.

❒ Ove la temperatura aumentasse tra 1,5 °C e 2 °C alcune perturbazioni “catastrofiche” al sistema climatico globale potrebbero essere innescate, quali la destabilizzazione della calotta glaciale dell’Antartide e la perdita irreversibile della calotta continentale della Groenlandia (vedi anche qui e qui), in grado di provocare un aumento del livello medio dei mari di molti metri per secoli o millenni. 

Su quest'ultimo esempio, peraltro, incombe minacciosa la spada di Damocle dei più o meno lunghi tempi di latenza a cui soggiace il fenomeno della fusione glaciale. Come ben si sa, i ghiacci non sono in equilibrio con la temperatura atmosferica e con il clima attuale, perciò l'inerzia in gioco farà scontare ancora per lungo tempo l'ipoteca degli effetti ambientali della loro perdita e, al contempo, può mascherare l'inizio della destabilizzazione della calotta glaciale dell’Antartide occidentale (per tacere della parte orientale), che potrebbe anche essere già iniziata con "solo" un grado termico globale in più. Proprio come descriveva già 50 anni fa il grande scienziato John Mercier, pubblicando un articolo che a rileggerlo oggi sembra un monito lucidissimo, e a cui Nature ha deciso di rendere omaggio lo scorso gennaio.



I percorsi con il limite di superamento di 1,5 °C richiedono un calo, entro il 2030, delle emissioni globali di CO₂ di circa il 45% (40-60% interquartile) rispetto ai livelli del 2010, raggiungendo il valore zero intorno al 2050 (2045-2055 interquartile), per andare in negativo successivamente.

Un obiettivo tutt'altro che facile, ad oggi. Come dicevo nell'altro post in risposta ad un commento, il rapporto sostanzialmente ci dice che è (ancora) possibile rimanere al di sotto della soglia - e ne varrebbe davvero la pena, considerando le implicazioni climatiche e ambientali associate - ma è oggettivamente difficile, oggi. "Domani" molto difficile. "Dopodomani" virtualmente impossibile.


Provate a immaginare la figura sopra al contrario, come se la crescita accelerante delle emissioni (a sinistra nel grafico sopra ma a destra in quello capovolto sotto) fosse una discesa in una fossa effettuata dall'umanità. A cui segue l'auspicio della drastica riduzione delle emissioni (a destra nel grafico sopra ma a sinistra in quello capovolto sotto), corrispondente all'ardua e quasi titanica impresa di una fuoriuscita dalla fossa attraverso la scalata di una parete quasi verticale (una sorta di Parete Nord...carbonica). È l'immagine che più mi è rimasta in testa dopo una presentazione/discussione recente a cui ho preso parte all'ETH (con, fra gli altri, Reto Knutti e Sonia Seneviratne)...



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