Eclisse sul gran massimo solare moderno

Eclissi totale di sole, stasera, visibile però solo in Nordamerica.
Questo è un post collaterale a quanto Zeke Hausfather (Berkeley Earth) ha pubblicato pochi giorni fa su Carbon Brief, in occasione dell'eclisse sopra gli USA.

Modello meteo NOAA/ESRL della mappa del flusso d'energia della radiazione solare incidente lungo la traiettoria dell'eclissi solare odierno

Il sole è la fonte quasi esclusiva di energia della Terra e della nostra civiltà. È quindi essenziale capire il suo effetto sul clima terrestre. Il riscaldamento globale registrato non può essere spiegato con la semplice attività solare, devono pertanto essere predominanti altre cause, fra cui - come si sa -  la più probabile è l’attività umana di produzione di energia da fonti fossili (vedi anche qui e qui). È quanto indicato e ribadito anche in occasione della 29esima Assemblea generale dell’Unione astronomica internazionale (tenutasi ad Honolulu due anni fa), in una speciale conferenza stampa durante la quale è stato presentato il risultato finale delle ricerche sul ciclo solare. In questa scoperta ha avuto un ruolo anche la Specola Solare Ticinese di Locarno-Monti con il proprio contributo alla pubblicazione di un articolo su “Solar Physics”.
La Specola ticinese è erede storica del metodo di Wolf (che deve il nome all'astronomo svizzero Rudolph Wolf). È la stazione pilota del Sunspot Index and Long-term Solar Observations di Bruxelles (SILSO), ossia l’osservatorio astronomico di riferimento di tutto il network di decine di osservatori coordinati dall’istituto belga. Le misure dell’attività fotosferica del Sole – come le macchie solari – raccolte presso l'osservatorio di Locarno-Monti coprono esattamente 60 anni (è sorta nel 1957 in occasione dell'Anno Geofisico Internazionale), fin dai tempi della fondazione come stazione a Sud delle Alpi da parte dell’Osservatorio di Zurigo, passando poi per l’autonomia amministrativa ottenuta all’inizio degli Anni Ottanta sotto la direzione di Sergio Cortesi, il più anziano ed esperto di tutti gli osservatori del Sole
ricorda il suo direttore, Marco Cagnotti. Lui e Cortesi hanno firmato insieme ai colleghi del SILSO (ex SIDC) un articolo pubblicato sulla rivista “Solar Physics”. L’articolo  definisce la questione del nuovo Sunspot Number, che apre una nuova epoca nella registrazione dell’attività solare.
In particolare quest’articolo documenta in maniera definitiva e trasparente le procedure di definizione del Sunspot Number. Il Sunspot Number è uno degli argomenti di maggiore interesse, uno dei settori dove la ricerca è diventata più vivace nella fisica solare. Infatti è ormai il parametro di riferimento più usato in tutti gli studi di fisica solare, poiché è l'indice di attività solare che va più indietro nel tempo ed è facilmente calcolabile, senza necessariamente usare grandi telescopi. Dunque è prezioso per tutta l’astrofisica stellare, dato che ci permette di scoprire come funziona e come cambia nel tempo la nostra stella
annota ancora Cagnotti. Di più: il Sunspot Number trova applicazioni anche in settori in apparenza lontani dall’astrofisica stellare, come gli studi sui raggi cosmici.

Le prime osservazioni delle macchie solari da parte di Galileo e dei suoi contemporanei. Fonte.

Differenze nella calibrazione degli strumenti usati (apertura del telescopio) ai tempi del passaggio della conta da Wolf al successore Wolfer attorno al 1885 e successivamente nella procedura della conta delle macchie  - che crearono una ben nota discontinuità ai tempi del passaggio dell'osservatorio di Zurigo a Max Waldmeier attorno al 1945 - sono alla base di questa ricalibrazione e revisione della serie. Sostanzialmente, rispetto ai vecchi conteggi, la nuova ricostruzione dà conto di un buon 50% di macchie solari in più prima del 1885, rispettivamente un 20% in meno dopo il 1945 (vedi qui o qui).

Il SILSO ha ora implementato queste correzioni; la nuova versione sostanzialmente cancella in grande massimo moderno con serie di cicli solari sia nel '700 che nell' '800 che sono simili a quanto osservato nella seconda metà del 20esimo secolo.
Tutto questo non altera l'influenza solare ad es. sui pattern atmosferici (c'è tutto un fiorente settore della ricerca in questo ambito, si veda per es. qui, qui, quiqui o qui), ma sicuramente rende ben difficile giustificare il trend secolare al riscaldamento con i cicli solari. Crollano del tutto, quindi, le ipotesi accumulate e nel tempo diventate mito che l'attività solare odierna sia la più forte di sempre, almeno nell'ultimo millennio. Infatti, per es., l'attività solare attuale non è differente da quella di 100-160 anni fa.

Ecco le serie, Wolf Sunspot (in rosso, Wolf SSN) e a seguire le serie Wolf Sunspot (o International Sunspot, sempre in rosso) e Group Sunspot (in blu) prima (in alto) e nella nuova versione (in basso):


Clette et al. 2015
Dunque, non ha più alcun senso parlare oggi di gran massimo solare moderno.


Naturalmente questo ha implicazioni anche sulla ricostruzione dell'irradianza solate totale (TSI).
La TSI ha due componenti: una proveniente dal nucleo solare produttore di energia  -  e che impiega centinaia di migliaia di anni per raggiungere la superficie e che pertanto deve essere considerata costante sulle scale temporali secolari - e una decisamente più piccola parte (1/1000 rispetto alla base) guidata dal campo magnetico superficiale e che varia nel tempo attraverso il ben noto ciclo delle facole e delle macchie solari. La soppressione di questa seconda componente, al massimo, cambia la TSI solamente di 1/1000 come si è potuto constatare nel 2008/2009, all'epoca dell'ultimo minimo del ciclo undecennale.

La ricalibrazione della serie delle macchie solari implica una revisione della TSI. Anche il SORCE lo evidenzia bene (vedi screenshot sotto):



La segnalazione sopra si riferisce a questo che è uno dei più recenti lavori di ricostruzione della TSI sulla base del nuovo Sunspot Number.

Kopp et al. 2016
Fonte: Leif Svalgaard

Focus sul periodo del riscaldamento moderno, immagine piuttosto esplicita ed esaustiva.

fonte

Naturalmente questa revisione apre nuove prospettive per quel che concerne il forcing radiativo solare nella modellizzazione del cambiamento climatico, in particolare nel cosiddetto hindcast, vale a dire la verifica della bontà delle simulazioni sulla scorta delle previsioni retrospettive dell'andamento termico del passato. Se l'attività solare odierna - come sembra sempre più evidente dalle ricostruzioni - non differisce da quella dei secoli scorsi, si aprono due ipotesi relativamente nuove:

1) I minimi solari degli ultimi secoli vanno ridimensionati parecchio nella spiegazione causale di una delle parti più cruenti (ma probabilmente non la peggiore, vedi anche qui e qui) della lunga piccola età glaciale.

2) L'aumento termico globale della prima parte del XX secolo deve essere spiegato senza necessariamente ricorrere in maniera preponderante all'influenza esterna da parte dell'attività solare.

Nuovi e interessantissimi filoni di ricerca già da tempo in corso...

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