Drump it out!

"Semplicemente, non ne vedo la necessità"

La retromarcia di Trump sull'accordo di Parigi surriscalda la paura del futuro e non poteva non suscitare indignazione in tutto il mondo e reazioni disparate nel mondo scientifico, economico e anche politico. Gran parte di queste reazioni sono però unanimi nel condannare una decisione così scellerata ed idiota. America behind, altro che America first, adesso!

Cominciamo con una raccolta di pareri di meteorologi, climatologi ed esperti svizzeri che spiegano quali saranno gli effetti immediati e quelli futuri.

Il più pessimista è l’ex capo della Sezione per la protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo, Mario Camani. Per lui la decisione degli Usa di uscire dall’accordo di Parigi sul clima, è "una autentica catastrofe". Per tutti, perché con un tratto di penna si rischia di cancellare gli immensi sforzi che tanti Paesi erano pronti ad affrontare. Svizzera compresa. Perché - aggiunge Camani - la decisione presa dal presidente Usa Trump a migliaia di chilometri da noi avrà sicuramente effetti concreti nel tempo su tutti". Quali?
"Beh - spiega Bruno Storni, ingegnere, componente del comitato centrale dell’Associazione traffico e ambiente - noi lo abbiamo già visto, toccato con mano, cosa significa portare avanti politiche disastrose per l’ambiente. Lo abbiamo visto nelle nostre stazioni sciistiche". Stazioni costrette a cominciare la stagione invernale in ritardo per mancanza di neve. Storni poi ricorda tutti i record dell’anno, dall’agosto scorso il più caldo degli ultimi 136 anni, al luglio con temperature oltre la media, a questo febbraio, il più caldo dal 1880 a oggi, o marzo, idem, da quando si effettuano le misurazioni delle temperature.
"Però... c’è un però - avverte Marco Gaia, fisico e responsabile del centro regionale sud di Meteo Svizzera -. E cioè che quello che stiamo registrando oggi, tutti questi mutamenti climatici, non sono dettati, o meglio non sono la diretta conseguenza della decisione di Obama di aderire all’accordo sul clima o di Trump di uscire dall’accordo. La Terra e la natura non reagiscono immediatamente; quello che stiamo osservando oggi è il frutto di errori del passato, di molti anni fa". Per spiegare cosa sta accadendo Gaia usa un esempio: "La Terra - spiega - è come un treno lanciato a tutta velocità; tutti stavano tirando il freno per fermarlo, per ridurre le emissioni. Ora con la decisione degli Usa la frenata risulterà meno decisa". C’è tuttavia un aspetto che preoccupa Gaia: "Che la decisione americana possa scatenare un effetto emulazione". 
Un concetto, questo di Gaia, che trova d’accordo anche Giovanni Kappenberger, meteorologo ed esperto di ghiacciai. "Ora - dice - non dobbiamo commettere l’errore di pensare che la decisione degli Stati Uniti non ci tocchi. O, peggio, che siccome Trump  riprenderà a usare combustibili fossili come fonte di energia tutti potranno riprendere a inquinare. È sbagliato; oggi più che mai serve l’impegno di tutti per andare verso una strategia energetica e del clima più pulita e rispettosa possibile. Perché, non dimentichiamolo mai, non abbiamo una Terra B. Abbiamo una Terra e basta". Un pianeta che da tempo sta mutando con effetti gravi. Proprio Kappenberger ha recentemente ricordato che, per effetto del surriscaldamento nell’ultimo secolo nell’area alpina, c’è stato un rialzo delle temperature di quasi due gradi. "Questo accade - spiega il glaciologo - anche nelle nostre montagne. Il domani? Nessuno può sapere cosa accadrà, ma tutti noi siamo protagonisti del nostro destino".
Sul concetto di marciare tutti nella stessa direzione insiste anche Silvio Seno, direttore dell’Istituto scienze della Terra della Supsi, dove si svolge attività di ricerca per la gestione e la salvaguardia dell’ambiente e delle sue risorse. "Viviamo in un ambiente alpino, dunque molto delicato. Che ha equilibri fragili - spiega Seno - e quindi molto sensibili ai cambiamenti climatici. Questo la Confederazione lo ha capito da tempo, tanto è vero che in Svizzera facciamo tanto, dal punto di vista della ricerca e degli impegni politici". Ma tutto quello che si fa, come sostengono un po’ tutti gli esperti che si sono espressi sulle conseguenze della decisione di Donald Trump, rischia ora di non avere gli effetti desiderati. La minaccia di una catastrofe climatica è globale, e dunque "la risposta non può che essere globale - spiega ancora  Seno -. Cioè di tutti. Tutti si devono sentire responsabili". Obama si era impegnato a rispettare l’obiettivo di ridurre i gas serra del 26-28% entro il 2025, rispetto ai livelli del 2005. "Però quanto accaduto può essere visto anche come una opportunità - aggiunge Seno -. La Svizzera può lavorare ancora di più sul fronte della formazione e della ricerca, individuare nuove tecnologie per rendere l’ambiente più pulito e trasferirle all’estero. E questo può essere non soltanto una occasione, per dare una mano con nuove tecniche ai Paesi in via sviluppo, ma anche per stimolare l’export".

A livello nazionale, i pareri degli esperti non sono da meno. Per il climatologo dell'Uni di Berna Thomas Stocker (vedi intervista sotto), tra gli estensori del WG1 dell'ultimo rapporto di valutazione dell'IPCC,  il dietrofront di Donald Trump è "un gesto totalmente irresponsabile", aggiungendo che "è un giorno nero per il pianeta". Anche se, aggiunge, "l'accordo di Parigi non dipende dalle scelte di un'unica pur importante nazione".
Andreas Fischlin dell'ETH, tra i coautori del rapporto dell'IPCC, si è detto "molto deluso". Per lui l'idea di Trump di poter negoziare una nuova intesa migliore per gli USA è considerata "una totale sciocchezza". D'altra parte, lo stesso Fischlin (insieme ad altri) vede in questa decisione la possibilità di accelerare la partnership fra Europa e Cina in tema di protezione climatica e di assumerne un ruolo di leadership mondiale. Inoltre si auspica che questa scelta possa, in qualche modo, rafforzare la possibilità di attrarre nelle Università europee e anche svizzere (come l'ETH) ricercatori americani nel campo della climatologia.
Tendenza che però, al momento, non sembra essere presente, perlomeno in Svizzera. Lino Guzzella (presidente dell'ETH) conferma che "al momento non si nota nessun trend in questo senso: nessuna aumentata richiesta di candidature all'ETH da parte di professori, professoresse, ricercatori e ricercatrici e studenti e studentesse dagli USA, finora."
Trump come un fossile, come un mummia? Bruno Oberle, ex direttore dell'Ufficio federale dell'ambiente e professore all'EPFL ritiene che questa decisione non porterà grandi impatti, mentre per lui lo avranno quelle ad es. di Elon Musk, il patron californiano della Tesla e che sta costruendo batterie di nuova generazione in grado di rendere più indipendenti gli impianti solari dalle reti elettriche. Fra l'altro, lo stesso Musk ha recentemente annunciato che investirà in una centrale di stoccaggio dell'elettricità in Australia. Tutto questo per dire, sempre secondo Oberle, che Trump è in ritardo sui tempi e ha perso il treno, il treno è già partito e andiamo spediti sempre di più verso questo genere di tecnologie per lo sviluppo delle quali sono già stati investiti un sacco di soldi. Impensabile che ci si possa fermare, impossibile poi tornare indietro, in condizioni più o meno normali. Oberle fa anche notare come, in realtà, chi si rallegra della decisione di Trump di ridar fiato all'industria del carbone e del petrolio sia solo la metà degli elettori americani, mentre l'altra metà - compresi tutti gli stati del nordest e dell'ovest a guida democratica e che si sono impegnati già anche sotto le presidenze di Bush in questo settore - non lo seguono affatto. Infine ricorda anche che l'annuncio di Trump a impegnarsi nel ritiro dall'accordo sul clima al momento è privo di sostanza, in quanto Trump, dal punto di vista legale, lo potrà fare solo se sarà rieletto perché lo può fare soltanto a partire dal giorno successivo alla prossima elezione.

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Questa l'intervista integrale a Thomas Stocker. 


È stato sorpreso dalla decisione di Donald Trump di ritirarsi dall’accordo sul clima di Parigi?
"Direi di no, siccome Trump l’aveva già preannunciata. Sono però profondamente deluso dal fatto che abbia agito per davvero. Siamo di fronte a un atto di irresponsabilità globale."

Che cosa significa questa uscita dall’accordo di Parigi?
"Di sicuro l’America non adempierà i suoi impegni di riduzione delle emissioni nel quadro dell’accordo di Parigi. Ciò significa che il “Clean Power Plan” di Obama per la riduzione delle emissioni del 32% entro il 2030, rispetto ai valori del 2005, non verrà molto probabilmente messo in atto. La speranza è che la protezione del clima sarà comunque portata avanti, con misure importanti, dai singoli Stati. Penso alla California o agli Stati della costa est, dove la protezione del clima è già ben radicata nella popolazione. Dovranno però fare a meno del sostegno del governo federale."

Quali saranno le conseguenze per il clima a livello globale?
" Per il clima mondiale, il ritiro degli Stati Uniti complica la situazione poiché l’ambizioso obiettivo dei 2°C diventa ancora più ambizioso. Basti pensare che gli Stati Uniti sono i principali emettitori di CO2 dopo la Cina. Sono tutti fattori che complicano il raggiungimento dell’obiettivo climatico."

Il futuro appare dunque cupo…
"Di sicuro sarà più difficile proteggere il clima. Il ritiro degli Stati Uniti rafforza le convinzioni di coloro che da anni mettono i bastoni tra le ruote e che tentano di frenare i progressi tecnologici in favore delle energie rinnovabili. Questi passi in avanti vanno però realizzati, anche perché si tratta di creare nuovi posti di lavoro, ciò che verrà impedito con questa decisione.
Si potrebbe anche dire che con questa decisione l’«America first» diventa l’«America behind». L’America si troverà isolata. Europa, Cina e Russia hanno già annunciato l’intenzione di assumere un ruolo guida. Tutti difendono l’accordo di Parigi e hanno detto chiaramente che nuove trattative, come quelle menzionate dal presidente Trump, sono fuori discussione."

Il ritiro degli Stati Uniti avrà conseguenze anche per la Svizzera?
"Conseguenze dirette no, all’infuori del fatto che il raggiungimento dell’obiettivo dei 2°C è diventato più difficile per tutti i paesi. Spero che la Svizzera si impegnerà in misura ancora maggiore in seno alla coalizione di paesi che vogliono portare avanti quanto deciso a Parigi. Per l’economia, il know-how e l’innovazione della Svizzera, si tratta di un’opportunità unica per scoprire e sviluppare nuove tecnologie."

Come ad esempio l’impianto per aspirare il CO2 presentato alcuni giorni fa in Svizzera?
"Esattamente! In questo caso le cose avanzano."

La scienza potrà prendere il posto della politica?
"No, non è il ruolo della scienza. Il suo compito è di illustrare i rischi ai responsabili politici e di presentare le conoscenze scientifiche. La decisione di Trump mostra che vengono completamente ignorati i fatti scientifici contenuti nel Rapporto sul clima del 2014, i quali sono stati accettati da tutti i paesi e hanno costituito le basi dell’accordo di Parigi."

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Questo, invece, il parere di Luca Mercalli, sovente ospite anche del blog.

Il discorso di Trump al Giardino delle Rose della Casa Bianca per annunciare l’uscita degli Usa dall’Accordo di Parigi è quanto di più irrazionale e irresponsabile abbia mai sentito nei confronti delle generazioni future. Il presidente ha dimostrato di coltivare gli interessi delle lobby petrolifere più che quelli dei suoi cittadini, e nemmeno quelli dell’industria, che pure beneficerebbe di una virtuosa transizione energetica con la creazione di milioni di posti di lavoro. Non è chiaro se il governo americano sceglierà il percorso formale di abbandono dell’accordo che però sarà possibile solo dal novembre 2019, e diverrà operativo dopo un anno, o se forzerà la mano lasciando la Convenzione Onu sui cambiamenti climatici siglata a Rio de Janeiro nel 1992, da cui tutti i negoziati sul clima derivano, facendo decadere in tempi più rapidi l’adesione a Parigi. 
Un filo di speranza di fronte alla scellerata scelta di Trump deriva dalle molteplici dichiarazioni dai settori sia scientifico sia politico, come quelle dell’American Meteorological Society e della conferenza dei sindaci Usa, 180 dei quali hanno già detto che manterranno comunque fede agli impegni nelle loro città. Ma anche se il resto del mondo sembra voler tirare dritto verso la decarbonizzazione, l’assenza di uno dei maggiori inquinatori del pianeta fa la differenza, inoltre l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo ha effetti nefasti sul quadro globale dando luogo a uno scomodo precedente con il rischio di imitazioni o scarso impegno da parte di altri Paesi. Sarà forse un’alleanza Europa-Cina a colmare questo vuoto guidando la green-economy? Intanto, mentre noi parliamo, i cambiamenti climatici galoppano e il tempo per agire sta scadendo. Già prima di Trump le promesse di riduzione dei gas serra presentate due anni fa a Parigi da tutti i Paesi (Stati Uniti inclusi) non bastavano a contenere il riscaldamento globale entro 2 °C al 2100, attestandosi piuttosto intorno a 3 °C, e si sarebbe dovuto fare di meglio. 
A maggior ragione con queste prospettive sarà difficile contenere un fenomeno in esponenziale accelerazione. Secondo diversi ricercatori la sensitività del clima alle attività umane potrebbe essere maggiore di quanto noto finora, portandoci (soprattutto con l’aiuto di Trump) a un riscaldamento di 7 °C in un secolo. Eppure "Don’t worry... be happy" ha detto Putin al forum economico internazionale di San Pietroburgo riferendosi alla preoccupazione globale per la dichiarazione di Trump, invocando una rinegoziazione dell’accordo e degli impegni Usa. Entrambi non hanno capito nulla di cosa comporteranno sette gradi in più: un mondo sfregiato da disastri climatici, carestie e conflitti, ostile alla sopravvivenza della civiltà come l'abbiamo conosciuta finora.

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Al di là degli inevitabili effetti sul clima globale, anche per la salute la defezione degli USA dagli accordi di Parigi produrrà esiti nefasti. Ne è convinto il cardiologo Giorgio Noseda, fondatore dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina (Irb) di Bellinzona, da decenni impegnato nella lotta contro il cancro.  Lo abbiamo intervistato sulla questione.

"Riportando gli Stati Uniti alla combustione a carbone, come ha già decretato Donald Trump, gli effetti per la salute saranno letali - commenta  il 78enne cardiologo -. Se l’effetto serra provocato dalle emissioni, giustamente, è considerato un’emergenza globale, all’inquinamento dell’aria che respiriamo già non si erano trovate soluzioni alternative valide, figuriamoci ora...".

Però le centrali termiche a carbone di ultima generazione vengono considerate "pulite".
"Sicuramente saranno tecnologicamente più efficaci, ma non parliamo per favore di carbone ‘pulito’. La quantità di inquinanti emessi da queste nuove centrali sono pericolose, soprattutto le polveri fini per gli effetti polmonari, asma, tumori polmonari, e provocano l’aumento della tensione arteriosa".

Secondo Trump le norme per la riduzione delle emissioni inquinanti sono la principale causa dell’emorragia di posti di lavoro...
"Sì certo, tornando al carbone ha promesso di ricreare migliaia di posti di lavoro. L’economia non è la mia materia, ma non serve essere un premio Nobel per pensare che i minatori avrebbero potuto essere impiegati investendo nel settore delle energie rinnovabili, sicuramente più redditizio. In ogni caso il costo sociale, della salute, supera nettamente i ventilati benefici economici del ritorno al carbone".

Lei aveva già sollevato dubbi e preoccupazioni all’indomani della nomina di Trump a presidente.
"E purtroppo avevo ragione, e lo si è capito subito con i drastici tagli al bilancio al settore dell’Ambiente, con la nomina di uno scettico dichiarato sui cambi climatici, Scott Pruitt, all’Epa, l’Environmental protection agency che era l’organo chiave per le politiche ambientali di Obama".

Lo scetticismo sui rischi ambientali e sul clima, però, è molto diffuso, soprattutto in USA
"Ma questo è vero e proprio ‘negazionismo climatico’! Non si può essere scettici nei confronti di comprovati studi scientifici, non si può far finta di dimenticare, ad esempio, che le centrali a carbone incrementeranno la liberazione di CO2, il diossido di carbonio principale responsabile del riscaldamento climatico, che anche i filtri più efficaci non riescono a catturare il particolato ultrafine, le polveri sottili"

Che è quello da temere di più?
"Se, oltre al clima, parliamo di salute, sì. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità ogni anno, colpendo in particolare anziani e bambini, l’inquinamento atmosferico uccide milioni di persone. E fra tutte le sostanze nocive, quelle più dannose per l’uomo sono le polveri fini, il Pm10, visto che sono in grado di oltrepassare la barriera polmonare ed entrare in circolo nel sangue".

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Un accenno, infine, ad alcune reazioni del mondo politico in Svizzera.

Durissima in Ticino, la condanna di Francesco Maggi, capogruppo dei Verdi: "Purtroppo gli USA hanno eletto un presidente che guarda indietro. È paradossale che mentre l’economia americana ha scoperto il business dell’ambientalismo, che Tesla sta rivoluzionando il mondo dell’auto, esca un presidente del genere. Fuori dal tempo e probabilmente fuori di testa.  Spero non convinca altre nazioni come l’India e l’Indonesia, spero non si inneschi un effetto domino: se superiamo il punto di non ritorno nel riscaldamento terrestre rischiamo il disastro planetario di cui si ignorano gli esiti".
Stesse valutazioni da parte di Ivo Durish, deputato socialista, coordinatore dell’associazione del Mendrisiotto, Cittadini per territorio: "Il mondo va avanti e Trump guarda indietro. Dopo aver smantellato il sistema sanitario di Obama, ora sta smantellando la politica ambientale in un modo inqualificabile contro gli interessi delle giovani generazioni.  Non mi si dica che fa questo per garantire occupazione. I posti di lavoro vanno creati basando su tecnologie ecosostenibili, non con quelle del ‘900".
 Katya Cometta, deputata liberale, coordinatrice dell’Alra: "Non è solo un passo indietro, quella di Trump è una corsa a ritroso nel secolo scorso. Non dimostra  alcuna attenzione nei confronti dell’ambiente, si muove senza lungimiranza, in difesa di precisi interessi, senza tener presente le reali necessità ambientali anche solo a medio termine, come ha osservato Emmanuel  Macron, definendolo un errore per il suo popolo e per il futuro dell’umanità".

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