È troppo tardi per essere pessimisti


Triplicare il ricorso alle energie rinnovabili entro il 2050 per contrastare il ricorso di gas ad effetto serra: è questa una - la più importante e decisiva - delle proposte contenute nel recente rapporto del terzo gruppo di lavoro dell'IPCC presentato lo scorso weekend a Berlino e dedicato alle misure di mitigazione del cambiamento climatico.
Per 10 giorni, oltre 800 esperti scientifici e 235 relatori hanno lavorato nella capitale tedesca alla stesura del loro documento contenente le indicazioni su come tagliare le emissioni di gas serra e fermare il GW.



Dopo basi scientifiche e cause; effetti, vulnerabilità e adattamento; ecco infine le misure di mitigazione, tutta la serie di soluzioni più che possibili, auspicabili. Molto tempo a disposizione non ce l'abbiamo più, dal momento che - nonostante tutti gli sforzi e gli impegni molto spesso promessi, sovente presi, a volte effettuati, più raramente mantenuti dai governi negli anni del dopo-Kyoto - le emissioni di gas serra continuano imperterrite il loro tango e la concentrazione di questi gas ad aumentare.
Se vogliamo davvero contenere l'aumento della temperatura al di sotto di una certa soglia limite oltre la quale gli effetti potrebbero essere devastanti e decisamente poco gestibili (soglia che oramai è piuttosto utopico definire ancora come quella dei 2 gradi), è necessario entro metà secolo (poco più di 30 anni, non un'eternità, insomma) ridurre drasticamente  la nostra dipendenza dai combustibili fossili.
Gli esperti della commissione intergovernativa non indicano concretamente le azioni da seguire. E questo per ragioni strettamente politiche e per le pressioni e gli interessi economici esercitati, sulla commissione, da vari governi e Stati.
Ma nelle 1.000 pagine del rapporto troviamo però ugualmente parecchi suggerimenti: accanto ad una progressiva eliminazione dei sussidi destinati ai combustibili fossili, viene indicata la necessità di ridurre i nostri consumi energetici, un massiccio incremento delle fonti energetiche rinnovabili, pulite e più efficienti e un vasto piano di riforestazione in determinate aree del pianeta.
Una cosa resta però certa: entro la metà del secolo le emissioni di gas serra devono comunque essere ridotte del 40-70%.

Come fare? E come farlo in fretta? Questa la partita più importante e decisiva da vincere.
Contenere l'aumento dei gas serra, insomma, si può ma non si può più differire oltre perché occorre agire in fretta. E perché ogni anno che passa il compito diventa un po' più difficile. L'epoca dove ogni azione causa conseguenze è già iniziata, e da tempo.

Per esempio la sfida contempla pure la gestione dell'unica fonte non rinnovabile il cui utilizzo per produrre energia elettrica non immette (direttamente ) CO2 in atmosfera: il nucleare.
In effetti può suonare come una contraddizione il fatto che si voglia (in molti Stati, come la Svizzera) rinunciare ad un'energia che in sé non contribuisce alle immissioni di CO2.
Tuttavia ci sono un paio di punti da considerare:
. su scala mondiale, l'energia nucleare garantisce al momento a malapena poco meno del 3% dell'energia totale finale, quindi non dà nessun contributo rilevante alla riduzione di CO2;
. in secondo luogo non vanno scordati i rischi connessi a questa tecnologia e l'ipoteca futura in termini di scorie inquinanti.
Insomma: il passaggio dai fossili alle rinnovabili è più diretto e non c'è ragione di imboccare la strada più lunga del nucleare.
È pur vero che le rinnovabili al momento non sono ancora in grado di garantire da sole il fabbisogno necessario e le infrastrutture non sono sufficienti, ma il potenziale in molti paesi c'è, occorre perfezionare la tecnologia ed aumentare l'efficienza.
È una questione di soldi e di tempo. Ma mentre dei primi ne avremo perché il costo diminuirà e se si smettesse di sovvenzionare le energie fossili ce ne saranno anche di più, non sono così sicuro che ne avremo ancora molto del secondo. Ne occorre persino per poter esserne un po' meno insicuro.
Ma, come si suol dire da queste parti: è troppo tardi per essere pessimisti.


Se ne è discusso a lungo mercoledì nel tardo pomeriggio e fin sul far della sera all'Uni di Zurigo nell'ambito di un simposio improntato su due gruppi di discussione con esperti interdisciplinari provenienti da vari settori specifici e meno e dedicati ai risultati del WGII (conseguenze, adattamenti e vulnerabilità) il primo e al WGIII il secondo.
E dei risultati di questi due rapporti se ne parlerà a Friborgo il prossimo 12 maggio nell'ambito della presentazione nazionale di questa seconda e terza parte dell'AR5, dopo quella della prima parte svoltasi lo scorso autunno a Berna (vedi qui e qui).

Alcune slides in anteprima tratte da un paio di speeches della giornata (le prime due tratte dalla presentazione di Thalmann sul tema dei costi del cambiamento climatico e di quel che adattamento e mitigazione hanno in comune e non).








Sul sito del Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti climatici è disponibile un video in cui gli autori italiani descrivono in dettaglio le opportunità, i costi e i benefici delle strategie di mitigazione nei diversi scenari presi in considerazione dal rapporto.

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