Plateau? I — I dispetti dei pacifici bimbi


UPDATE a fondo post!

Primo di una serie di post dedicati  allo standstill delle T globali degli ultimi anni. Dedicherò qualche post ad analisi della situazione, delle possibili cause e delle presunte discrepanze con le simulazioni numeriche prodotte da alcuni modelli.
Non ho previsto alcuna successione logica, la serie di post (seguendo la natura del blog, pensato come una sequenza affiorante di flussi informativi) avrà vita propria a frequenza intermittente e a struttura più o meno casuale.

Oggi cominciamo dalla variabilità interannuale a cui soggiace il clima.
Si potrebbe iniziare a rileggere uno dei primi post emersi agli albori del blog, giusto 4 anni fa, dedicati alla "fluttualità" del clima: qui.
Poi si potrebbe rileggere quel che si era già scritto sul tema in questione: qui.
Infine potrebbe valere la pena rileggersi due o tre post dedicati al fenomeno che viene comunemente indicato come principale sorgente di variabilità naturale a breve, l'ENSO: qui, qui o qui.




Lo spunto per questo primo post della serie dedicata al presunto slowdown delle T globali dell'ultimo decennio e un po', viene da questo affascinante lavoro di un paio di climatologi dello Scripps e appena pubblicato (vedi anche quiqui, quiquiqui e qui), dedicato all'importante ruolo giocato dall'ENSO nel produrre le condizioni congiunturali che determinano il modo in cui varia il clima sulla corta finestra temporale e in generale il ruolo giocato dalle fluttuazioni delle temperature oceaniche su scala decennale.
Va da sé che, a livello strutturale, il mutamento del clima è da ricercarsi negli squilibri dei flussi di energia e quindi nelle forzature che i fattori esterni impongono al sistema: ad es. si può rileggere quel che avevo scritto qui.

L'ENSO è caratterizzato da una ciclica situazione che coinvolge temperature superficiali oceaniche del Pacifico tropicale centro-orientale, atmosfera sovrastante, effetti meteorici locali e remoti, flussi di energia fra oceano e atmosfera e fra superficie e profondità oceaniche etc etc.
Come un pendolo o un'altalena, alterna le sue due fasi principali (poi ci sarebbero anche altri stadi collaterali, ma di questo oggi non parliamo) passando ciclicamente dallo stato del Pacifico caratterizzato da una situazione di El Niño ad una situazione di La Niña, i due estremi in cui i bambinelli diventano alquanto dispettosi, separati, a volte, da uno o più anni di situazione neutrale (spesso chiamate fasi di La Nada).

Una semplice analisi della situazione generale che coinvolge l'ENSO, le T globali e le principali perturbazioni esterne - sia di durata temporanea (eruzioni vulcaniche) che continua e cumulativa (emissioni di gas serra) - apportate al sistema climatico negli ultimi decenni, permette di inferire alcune importanti considerazioni.

Vediamo innanzi tutto il seguente grafico:


Ogni riga è il trend globale (dataset GISS LOTI) degli ultimi 45 anni per ogni anno connotato da El Niño (definito come SSTA annue nell'area Niño3.4 > 0.5°C, linea rossa), Nada (SSTA annue nell'area Niño3.4 fra -0.5 e +0.5°C) e Niña (SSTA annue nell'area Niño3.4 < -0.5°C, linea blu), calcolati separatamente ed escludendo i 3 anni influenzati dalla più forte ed importante eruzione vulcanica del XX secolo, quella del Pinatubo (1991-1993).
Lo spazio tra le righe è una buona misura degli effetti del Niño e della Niña. A parità di altri fattori, un anno con El Niño, a livello globale, è più caldo di circa 0.2°C rispetto ad un anno con La Niña.
Nel computo dei trend, si vede anche come riesca mediamente a fare un po' di più la Niña rispetto al Niño, perché lo spazio fra il trend degli anni con Nada e quello degli anni con Niña è leggermente maggiore rispetto a quello fra gli anni con Nada e quello degli anni con Niño (anche se in questo caso un piccolo contributo è venuto dal fatto che dei 3 anni esclusi uno ricade nella categoria anno Niño, due Nada e nessuno nella categoria anno Niña).
E soprattutto si nota come ogni nuovo anno accompagnato dalla Niña è più o meno caldo come un anno accompagnato da un Niño di circa 13 anni prima.

Espresso in forma grafica più semplice:


Ed ecco la situazione generale:

WMO
Vediamo subito come, dal 1998 in avanti, abbiamo avuto 2 soli anni accompagnati dal Niño (2003, 2010), 5 anni accompagnati dalla Niña (1999, 2000, 2008, 2011, 2012) e 7 anni con situazione neutra. Evidente come lo stato del Pacifico sia stato spesso e prevalentemente in stato Niña-like.
Va anche aggiunto che da fine anni 90 il Nordpacifico è entrato in una fase generale del ciclo dell'IPO connotato da SSTA+ sul centro e SSTA- più ad est (PDO-), cosa che è relazionata alla prevalenza del ciclo interannuale della Niña che ne condiziona struttura, emergenza ed eventuale persistenza (vedi schema sotto):



Il lavoro citato prima di Kosaka e Xie, indirettamente, giunge più o meno alle medesime conclusioni, sottolineando l'importanza dell'ENSO nel determinare e condizionare il clima globale su scala interannuale e decennnale. Ma ci dice anche altro.
In primis: non solo la scelta della scala temporale diventa (come già sappiamo) decisiva in merito a questa relazione; uno dei pregi del lavoro è quello di segnalare, forse per la prima volta in maniera così robusta, il ruolo che assume la scala spaziale unita a quella temporale inter-stagionale. Infatti gli autori mostrano come variano e differiscono i trend stagionali nell'emisfero nord in relazione alle fluttuazioni oceaniche (ENSO e IPO).
Il lavoro, in questo senso, fornisce un potente esempio di come il Pacifico tropicale orientale guidi in maniera remota il comportamento del sistema oceano-atmosfera globale, in questo specifico caso mostrando un'influenza rilevante sul recente plateau nel riscaldamento globale.

Kosaka & Xie 2013

A ciò si aggiunge l'effetto stagionale sull'emisfero boreale e indirettamente la messa in ulteriore luce del ruolo, parzialmente oscurato (sempre sul breve) su scala stagionale, da parte delle forzature esterne quali l'accumulo di CO2.


Hansen et al. 2012
Estensione delle aree con caldo anomalo nelle estati dell'emisfero boreale extra-tropicale
giallo: 0.43-2σ, arancione: 2-3σ, rosso > 3σ
h/t elz

In inverno, l'effetto della fase di raffreddamento dell'oscillazione sull'emisfero settentrionale è quello di contenere e abbassare leggermente le temperature, compensando parzialmente l'incremento termico di lungo periodo causato dall'incremento di gas serra, ma in estate le acque più fredde nel Pacifico equatoriale hanno un minor impatto sul clima dell'emisfero boreale. Così, gli scienziati, usando un modello climatico avanzato che incorpora le variazioni di temperatura nel Pacifico tropicale, trovano che il modello può riprodurre l'andamento della temperatura superficiale globale osservata ma deducono pure che le più elevate temperature estive osservate negli ultimi anni sullo stesso emisfero (vedi immagini sopra) sono la spia evidente e meno "mascherata"dei veri effetti del riscaldamento globale indotto dallo sbilancio nei flussi radiativi. Siccome le temperature medie globali abbracciano l'intero anno,  possono in parte mascherare l'effetto di questa variazione stagionale. [Update 11/9: vedi anche l'interessante analisi odierna di tamino].

Kosaka & Xie, 2013


Restano alcuni dubbi:

• come conciliare tutto ciò con le ricostruzioni paleoclimatiche che segnalano, in maniera sempre più evidente, il protratto periodo di stato del Pacifico Niña-like e spesso in fase di PDO- che accompagna buona parte della fase più acuta della MCA?

• come scorporare l'influenza che ha sull'emisfero boreale il principale modo di variabilità a bassa frequenza delle temperature superficiali marine del Nordatlantico (AMO), soprattutto durante la stagione invernale?

• .....


Update 8/9: spesso si leggono qua e curiose interpretazioni a proposito del ruolo che avrebbe l'ENSO nel determinare e condizionare il trend termico di fondo. Persino Judith Curry si è recentemente lasciata sedurre da questi fraintendimenti circa la presunta confusione fra variabilità interna e forzanti esterne. Tamino, in questo chiarissimo post confezionato apposta anche e soprattutto per la Curry, spiega per l'ennesima volta la differenza, calibrando l'analisi sul modello usato nello studio citato di Kosaka e Xie.
Consiglio, semmai ce ne fosse bisogno, di rileggere ad es. i post segnalati e linkati all'inizio; oppure questo (e lo studio oggetto di analisi), questo e questo post di climalteranti.

Anyhow: per chi pensa che l'ENSO sia responsabile di buona parte del GW degli ultimi 3-4 decenni:

1) ecco i bei grafici associati al post di tamino, molto espliciti in tal senso e che mettono ulteriormente in risalto la relazione non lineare fra ENSO e forcing climatici (uno dei punti chiave dello studio di Kosaka e Xie)

Comparazione dei dati mediati dei 10 runs del modello HIST (dati storici usati per la stima dell'andamento termico medio dovuto ai forcing climatici) con quelli del modello POGA-H (dati storici usati per la stima dell'andamento termico medio dovuto ai forcing climatici ma vincolati alle SST del Pacifico in zona ENSO). Vediamo bene l'influenza che il Pacifico in prevalente fase Nina-like nell'ultimo decennio ha potuto esercitare.
Differenza fra i dati mediati del modello POGA-H e quelli del modello HIST. Notare quel che dicevo sopra:  la  prevalenza del Pacifico in stato Nina-like nell'ultimo decennio ha causato un raffreddamento sufficiente a cancellare gran parte del riscaldamento causato dai forcing climatici. Quei decimi di grado in meno che si scorgono nella parte finale del grafico costituiscono l'influenza stimata dell'ENSO sui dati storici globali.
Comparazione fra i dati mediati del modello POGA-H e l'evoluzione delle temperature osservate (dataset HadCRUT4). Notare come il modello riproduca assai fedelmente (correlazione > 0.9) l'andamento osservato, compreso l'ultimo decennio.

2) Un'interpretazione come quella che fanno ad es. la Curry o Tisdale, presuppongono - fra le altre cose - che la risposta climatica a sorgenti di variabilità interna come l'ENSO possa in qualche modo essere rappresentata seguendo una running total. Che la risposta non sia istantanea è palese, ma che questa debba rappresentarsi necessariamente in questo modo è tutt'altro che evidente e nemmeno regge fisicamente.
La running total è un'operazione che non trova nessun riscontro fisico nel modo in cui funziona il sistema climatico. È pur vero che ogni episodio di ENSO non è esattamente uguale (per intensità e durata) al precedente ed è anche vero che - di nuovo! - se prendiamo un pezzo di scala temporale sufficientemente corto come un decennio possiamo trovare una prevalenza dello stato dell'ENSO di un certo tipo (ad es. la prevalenza della Nina dell'ultimo decennio) con tutto quel che è annesso e spiegato sopra e in altri post. Tuttavia il sistema climatico (come ogni sistema sistema complesso, deterministico, non lineare) non risponde seguendo questa funzione. Facciamo qualche esempio.
Per un forcing che aumenta da un certo momento X in modo istantaneo e poi rimane costante nel tempo, una risposta climatica calcolata con la running total mi dà come andamento termico una retta che cresce in modo lineare e continuo, la risposta climatica all'aumento del forcing radiativo avvenuto nell'anno X è in tutti gli anni successivi identica. Ha senso, fisicamente tutto ciò?
Per un forcing che invece aumenta in modo lineare nel tempo, una risposta climatica calcolata con la running total mi dà come andamento termico una parabola che cresce in modo accelerante. Di nuovo, ha senso, fisicamente tutto ciò?
Domande retoriche, obv. Nel mondo reale se l'energia che raggiunge il pianeta aumenta di tot Wm^-2, la temperatura aumenta ma prima o poi si assesta seguendo una curva logaritmica: l'aumento termico tende progressivamente ad attenuarsi nel tempo fino a raggiungere un nuovo equilibrio.

Hansen
Ora: se questa funzione, come visto, non ha alcun valore fisico per la risposta climatica in termini di andamento termico, perché mai dovrebbe averlo per sorgenti di variabilità interna quali l'ENSO? Per es. un valore costante e positivo del fenomeno dovrebbe portare ad un aumento lineare e continuo della risposta climatica (che, fra l'altro, è quello che più o meno sottende la Curry nel suo post criticato da tamino), ciò che invece non è.
E soprattutto, visto che la running total, per definizione, si porta dietro anche i dati di inizio serie: per quale ragione (meta)fisica all'ultimo anno considerato (per es. il 2012 o il 1998 nell'interpretazione a geometria variata della Curry) la risposta climatica dovrebbe dipendere da quanto accaduto nel Pacifico negli anni 50, o nel 1975 sempre nell'interpretazione metafisica della Curry?

Insomma: non mi sembra molto valido un metodo che fornisce una risposta climatica non realistica.

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