Fluttuazioni termoaline


Come sta la Corrente del Golfo (CdG)? Direi benone, comme d'abitude.

Domanda che ricorre frequentemente nella blogosfera, ma che è mal posta.
Risposta che, evidentemente, è retorica e generalista.

Avevo già parlato della CdG per es. in questo post. Tuttavia è forse utile tornarci, perché qualche ulteriore puntualizzazione merita di essere fatta.
Non mi stancherò mai di ripetere che guardare alla sola CdG può essere anche comprensibile per noi europei (più per britannici e norvegesi, invero), ma è una visione molto limitata e parziale delle cose. Perché, come sappiamo, la CdG altro non è che il braccio nordatlantico e superficiale del molto più vasto e globale "nastro" trasportatore di acque superficiali e profonde che, come un enorme flusso di acqua, trasporta massa, energia e momento in giro per gli oceani del mondo collegando Pacifico, Indiano e Atlantico come un'enorme cinghia di trasmissione.

[Update stratosferico a fine post!]


Motore di questo flusso è il gradiente di densità dato sia dalla temperatura che dalla concentrazione salina delle masse di acqua. Siccome le acque più fredde e più salate sono più dense, quando/laddove raggiungono una soglia critica di concentrazione di sale e di basse temperature tendono a sprofondare, mentre le acque meno salate e più calde tendono a rimanere in superficie. Infatti questo enorme fiume oceanico è detto circolazione termo-alina (THC). Citando semplicemente wiki:
Alle alte latitudini (sud-est della Groenlandia e pressi dell'Islanda) l'acqua sprofonda, sia per la bassa temperatura, sia per l'elevata salinità causata dalla formazione della banchisa. Muovendosi verso l'equatore l'acqua di fondo diminuisce la sua densità interagendo con le altre acque e tende a risalire, in particolare a sud dell'oceano indiano.
 La risalita di acque profonde (upwelling) favorisce la produttività biologica in quanto provoca la risalita di nutrienti minerali. Uno degli scopritori della circolazione termoalina, grazie ai suoi studi sui traccianti in mare, fu Wallace S. Broecker. Le masse d'acqua coinvolte in questa circolazione trasportano sia energia (sotto forma di calore) che materiali (sostanze disciolte, gas e particelle insolute) con la conseguenza di influenzare significativamente sia il clima terrestre che la biologia marina.
La zone con più frequente upwelling (favorito da ventilazione forte e costante, ad es. dagli alisei) sono in generale le acque che lambiscono i margini continentali occidentali, soprattutto il Pacifico orientale (ad es. al largo delle coste peruviane ma non solo) e, in secondo luogo, l'oceano Indiano occidentale. Anche ai margini dell'Antartide i forti venti della circolazione circumpolare possono indurre upwelling di acque profonde. Le maggiori zone di sprofondamento e di conseguente formazione di fredde e dense acque salate sono invece il Nordatlantico (NADW) e le zone ai margini dell'Antartide, in particolare nel mare di Weddel (AABW), laddove la concentrazione di sale è favorita sia dall'evaporazione e dal conseguente raffreddamento delle acque a causa dei forti venti polari, sia dal congelamento delle acque a formare la banchisa. Altri fattori che la possono influenzare sono la differenza fra evaporazione e precipitazioni e l'innesto di acque continentali ma anche la profondità.
Sprofondando, l'acqua trasporta con sé in profondità (per lungo tempo) circa 1/3 del calore che fluisce nelle acque superficiali, ma pure ossigeno e regola anche il ciclo della CO2, dissolvendola in profondità.


La componente superficiale di questo grande nastro dà luogo alle varie correnti maggiormente conosciute, come la CdG. Queste sono mosse, a loro volta,  sia dalla rotazione terrestre (ecco perché la CdG si muove prevalentemente da sudovest verso nordest seguendo la forza di Coriolis), sia il sistema dei venti globali (attraverso l'interazione che avviene mediante la cosiddetta spirale di Ekman). Nell'oceano atlantico questo flusso coinvolgente acque superficiali (come la CdG) e profonde prende il nome di corrente di rovesciamento meridionale (MOC, vedi anche qui) perché è una delle poche zone oceaniche nella quale il collegamento fra acque meridionali e settentrionali è più diretto ed intenso. Mettendo direttamente in relazione zone di upwelling e di downwelling, la MOC è anche responsabile di buona parte del trasporto di calore in oceano e riveste perciò un ruolo chiave nel complesso sistema climatico (vedi ad es. quiqui e qui).

fonte
Ebbene: questa porzione relativamente importante per noi europei subisce, a sua volta, delle oscillazioni intermittenti, perché la sua forza e l'associato margine settentrionale della CdG fluttuano irregolarmente nel tempo (vedi grafico a lato). Queste fluttuazioni sono guidate dai venti e, come già segnalato qui, il grande pattern emisferico, regionale e prevalentemente stagionale della NAO (così come, in misura minore l'ENSO e gli associati mutamenti barici e di circolazione atmosferica indotti, vedi questa figura tratta da qui) sembrerebbero essere i maggiori responsabili di queste oscillazioni. Quando sono forti, profilati e persistenti, questi grandi sistemi barici lasciano delle "tracce" sulla componente oceanica del sistema condizionando i gradienti termici superficiali e quindi influenzando anche i grandi flussi superficiali di acqua come la CdG con una certa isteresi. Ci sono dei lagtimes di qualche mese, fino a poco meno di un anno nel caso della NAO e fino a poco più di due nel caso dell'ENSO.
Ora: l'estremo inverno europeo con NAO negativa a fondoscala del 2009/10 (ripresa poi anche a dicembre 2010) sembrerebbe aver contribuito al relativo indebolimento della MOC nel Nordatlantico (fino al 30%) e allo spostamento verso sud del margine più settentrionale della CdG fra il 2009 e il 2011. Probabilmente anche la forte Niña protratta fra il 2007 e il 2009 potrebbe aver giocato un ruolo parziale. Secondo gli autori dello studio citato, non ci sarebbero però solo i venti come causa di questo indebolimento (responsabili perlopiù della parte superficiale della MOC, vale a dire la CdG), ma a quote più basse e profonde si è notato un rafforzamento del flusso geostrofico tale per cui il flusso meno profondo al di sopra dei 1100 m e diretto verso sud si sarebbe rafforzato a scapito del flusso di ritorno più profondo, trai i 3000 e i 5000 m di profondità, che invece si sarebbe indebolito.
Ci sono persino ipotesi più speculative circa un possibile e parziale contributo da parte della fusione glaciale groenlandese che negli ultimi anni (ad esclusione parziale del solo 2011) ha visto una stagione estiva (quella dell'ablazione)  particolarmente pronunciata, con conseguenze su rottura e scivolamento a mare di parti di alcuni suoi imponenti ghiacciai (vedi per es. la rottura del ghiacciaio Petermann).

È probabile che il 2012 segni una ripresa della forza della CdG e un deciso ritorno verso latitudini più elevate del suo margine più settentrionale, considerando come l'origine delle fluttuazioni, come detto, sia riconducibile principalmente all'azione dei venti sull'oceano e tenendo conto sia della NAO+ dello scorso inverno (le due settimane molto fredde di febbraio non furono connotate da particolare negativizzazione del pattern euro-atlantico, bensì da un blocco anticiclonico russo-scandinavo in grado di convogliare gelida aria continentale dalle steppe centro-asiatiche verso l'Europa centrale) e dell'associata influenza indotta sui gradienti termici delle acque superficiali nordatlantiche, sia del Niño della stagione 2009/10. A meno che ci siano fisiologici mutamenti in profondità riconducibili alla MOC (vedi anche qui, e pure questo progetto in progress), oppure a a meno che nel frattempo Meltlandia non ci metta ulteriormente del suo.
Terribile, a tal proposito, l'ultima estate lassù.


Update 27/9: come segnala Paolo C nei commenti, è uscito un interessante lavoro che - mediante la nota connessione invernale fra stratosfera e troposfera al di sopra delle alte latitudini boreali - chiude il cerchio e permette di scovare uno speculativo collegamento fra lo stato generale della stratosfera polare artica (leggi: vortice chiuso, compatto, profondo, freddo e vigoroso, risp. vortice più debole, ondulato, meno profondo e vigoroso e più soggetto ai fenomeni di improvvisi riscaldamenti stratosferici, denominati Sudden Stratospheric Warmings, in acronimo SSW) e le condizioni termoaline nordatlantiche, in particolare relative alla MOC, su scala inter-annuale e multi-decennale.
Qui il lavoro, qui il commento e qui qualche interessante immagine.


Quindi sull'andamento della MOC interverrebbe anche lo stato generale della stratosfera polare e sappiamo come su questa agiscano sia la variabilità interna relativa per es. ai cicli quasi-biennali di circolazione dei venti equatoriali, sia fattori forzanti esterni quali eruzioni vulcaniche esplosive di forte entità, variazioni dell'attività solare (in particolare in relazione all'andamento dello spettro degli UV), eventuali feedback dati da infiltrazione di vapore e di ozono dalla troposfera e - last but not least  - attività antropiche via emissioni di GHG (CO2 e metano in primis) e di gas clorati con associato ozone depletion (e forse, in piccola misura, pure infiltrazione di solfati di origine industriale). Non male una puntatina da queste parti, ad es. Giusto per un refresh.

Commenti

  1. Ieri leggevo di questo nuovo studio:

    http://www.sciencedaily.com/releases/2012/09/120923141212.htm

    Dobbiamo fare i conti anche con la stratosfera?

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  2. L'articolino é già stato notato ed intrepretato in altri lidi ...
    Qbo - cicli solari > Lia, cicli naturali, scafetta ecc...
    Finisce sempre in allegria a tarallucci e vino

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  3. @TC
    eh, prerogativa di quei lidi, a quanto pare...

    @Paolo C
    A quanto pare, sì. Update del post, thanx!

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