Venere senza pelliccia
Alcuni spunti su un pianeta per certi versi non troppo dissimile dal nostro, eppure diversissimo. Un pianeta senza acqua, con un'atmosfera densissima e una temperatura estrema. Un riflesso del nostro lontanissimo passato, l'auspicio che non possa mai essere un frammento di uno specchio del nostro lontano futuro.
Approfittando dell'aria limpida delle scorse giornate di giugno e della sera senza luci dell'Earth Hour 2012 di sabato, ho portato i bambini all'Osservatorio astronomico di Carona, sulla collina sopra Lugano. Questo è un magnifico periodo per osservare alcuni astri luminosi come Giove e Venere.
Affascinati da quello che si poteva vedere dopo il tramonto, dopo lo spettacolo della Luna al suo primo quarto, di alcune stelle lontane e di Giove e la sue lune, l'attenzione dei bimbi si è poi rivolta soprattutto su Venere, merito forse della magnifica vista concessa dalla combinazione data da aria molto limpida, assenza di nuvole, assenza di inquinamento luminoso dal basso e relativa vicinanza del pianeta.
Ne volevano sapere di più. Non ho rotto la magia del momento, spiegando loro che quel pianeta appare così, con la luce del sole che gli dona quel colore e quelle sfumature particolari da "stella della sera", perché in realtà è come se fosse ricoperto da una calda e chiara coperta.
Le metafore sono dei miti condensati, diceva qualcuno. E coi bambini, funzionano sempre molto bene. A patto di essere veritiere (perché poi te la fanno pagare :-D) e suggestive.
Non me la sono sentita, lì per lì, di parlar loro dell'inferno di acido solforico e anidride carbonica che caratterizza la tremenda atmosfera del pianeta.
Un pianeta che ha alcune caratteristiche non troppo dissimili al nostro: per es. origini, struttura rocciosa, massa, gravità superficiale, periodo orbitale (anno, di circa 225 giorni terrestri).
Ma ha anche differenze abissali: in primis nella pressoché mancanza di acqua (che se ne è probabilmente andata fra i 3 e i 4 miliardi di anni fa, in un lasso di tempo di diverse centinaia di milioni di anni), poi anche nelle caratteristiche della sua atmosfera che è densissima e che - a causa del moto di rotazione assai più lento (un giorno venusiano dura quasi 117 giorni terrestri, cioè la metà del suo anno!) e pure retrogrado - possiede dinamiche differenti dalla nostra (per es. l'accelerazione di Coriolis è molto più debole). Un'altra differenza importante è la assenza di un'attività geologica simile alla tettonica delle placche del nostro pianeta: la mappatura radar effettuata dalla sonda Magellano nel 1990 ha rivelato che la crosta venusiana è molto più giovane della nostra, priva come è di crateri e di zone di subduzione (probabilmente potrebbe essere stata "inghiottita" per poi riemergere non più di 500 milioni di anni fa). Cosa questa che, insieme alla assenza d acqua e di biomassa - due importanti modulatori della concentrazione di CO2 - e alla maggior vicinanza al sole, molto più facilmente hanno potuto favorire un effetto serra galoppante sul pianeta, avendo potuto "eccedere" la soglia di Kombayashi-Ingersoll*, il limite - influenzato dalla massa atmosferica - oltre il quale il pianeta non riesce più a disperdere radiazione infrarossa fuoriuscente verso lo spazio esterno.
Venere è più vicino al sole, ma oggi la sua densa copertura nuvolosa fa sì che l’albedo del pianeta sia nettamente superiore a quello terrestre: mediamente 0.90 contro il nostro 0.30. La spessa coltre di nubi riflette quindi la maggior parte della luce solare e alla sua superficie, in media, arriva solo una percentuale minima (meno del 20%, corrispondente a circa 17 Wm^-2) della radiazione solare assorbita dal pianeta (mentre fra il 75 e l'89% è assorbita alla quota di circa 60-70 km). Il pianeta emette radiazione IR verso l'esterno da quote molto alte, obv.
E ne emette molta: come per la Luna, anche per Venere la temperatura fu per la prima volta inferita a partire dall'esame della radiazione infrarossa che giungeva da quel corpo. Visto nello spettro infrarosso, Venere appariva relativamente "fresco" ma nella banda delle microroonde sembrava fin troppo luminoso e brillante. L'apparente puzzle fu risolto dal giovane Carl Sagan che, nei primi anni 60, propose per la prima volta (con pochissime cognizioni, allora, su massa e composizione chimica dell'atmosfera, ma usando basilari considerazioni fisiche e matematiche e un semplicissimo modello sulle conseguenze di un effetto serra in un'atmosfera densa) l'ipotesi della densa atmosfera ricca di gas serra responsabile delle altissime temperature che era possibile dedurre dall'analisi spettrale infrarossa. Ed ebbe ragione, le sue ipotesi furono poi confermate dalle successive missioni spaziali. Sagan ebbe anche la geniale intuizione di ipotizzare che l'assenza di grandi concentrazioni di vapore e delle alte temperature impedivano all'acqua di condensare e raggiungere la superficie in forma liquida di modo che, a differenza di quel che succede da noi, la reazione di Urey - indispensabile per sottrarre CO2 dall'atmosfera e stoccarla nel mondo minerale mediante reazione coi silicati - era assente e così il carbonio si era accumulato millennio dopo millennio in atmosfera.
Le varie sonde lanciate sul pianeta (Mariner, Venera, Pioneer,…), ci hanno altresì mostrato come la densa e pesante atmosfera venusiana sia composta per ben il 96.5% da CO2 e ci hanno anche “regalato” analisi chimiche della crosta superficiale.
Dunque, la similitudine col nostro è solo nella dimensione, nella relativa vicinanza e ovviamente nel quantitativo di CO2 più o meno simile a quello che troviamo quaggiù. Solo che mentre qui, per fortuna, la maggior parte è stoccata nel mondo minerale (rocce e pozzi carbonici), lassù, invece, è in atmosfera. Questo genera un effetto serra all'ennesima potenza, principale responsabile delle infernali temperature registrate al suolo, attorno ai 470 ºC.
Si potrebbe pensare che una parte importante di queste infernali temperature siano causate da:
.(1) maggior vicinanza al sole
.(2) lunghissima durata del giorno venusiano con relativa lunga insolazione
.(3) eventuali moti convettivi con associati moti turbolenti e relativa diffusione di calore
In realtà nessuno dei 3 punti riesce nemmeno lontanamente ad assicurare tali temperature: l'1, come già detto, è controbilanciato dal fortissimo albedo dato dalla sua densissima coperta nuvolosa. La riflettanza compensa (con gli interessi!) la prossimità.
Il 2, semmai, implicherebbe una variazione termica graduale ma fortissima fra un lungo torrido giorno ed una lunga gelida notte, ma in realtà - siccome l'atmosfera è davvero densa e pesante (92 bar!) - questo implica che vi sia una forte capacità termica con associato lungo tempo per permettere all'atmosfera di scaldarsi e raffreddarsi. Le sonde inviate sul pianeta hanno mostrato come la temperatura superficiale di quasi 500 ºC sia più o meno uniforme su tutto il globo e le variazioni fra giorno e notte siano minime lungo gran parte della profondità dell'atmosfera, benché nella sua parte più alta (all'incirca fino a 90 km) si siano osservati cicli diurni e stagionali (vedi la curva nera risp. verde nella parte alta del grafico dei profili, seconda immagine, anche se recentemente Venus Express ha però rilevato tracce di un probabile ciclo diurno fino a circa 45 km di quota).
Il 3 è ampiamente sconfessato dal fatto che - nonostante la presenza di moti turbolenti come già segnalato precedentemente - la fortemente stratificata e densissima atmosfera del pianeta ne riduca assai la possibilità.
In sostanza e in breve: molta meno energia solare viene assorbita dalla superficie del pianeta, mentre un super effetto serra è perlopiù responsabile di tali infernali temperature. Senza la CO2, Venere sarebbe quindi più freddo della Terra, ed invece è il pianeta più caldo del sistema solare!
Come essere impellicciati una sera di giugno.
*Questa importante teoria fu formulata per la prima volta nel 1967 da M. Kombayashi e riscoperta indipendentemente due anni dopo da Andrew Ingersoll al Caltech. Poggia su basilari condizioni termodinamiche di fondo e congiunge due rami della fisica dell'atmosfera: l'incremento esponenziale del contenuto di vapore acqueo con la temperatura in un'atmosfera satura e il fatto che il vapore sia un potente gas serra. Messi assieme, questi due principi fisici di base dicono che un pianeta che riceve sufficiente radiazione solare *può* entrare in un ciclo auto-rafforzante che lo conduce in uno stato di effetto serra galoppante nel quale il globo si riscalda in risposta all'energia assorbita, che favorisce un aumento del vapore in atmosfera, che a sua volta rafforza l'effetto serra, che porta ad ulteriore riscaldamento in un loop di feedback instabile e irreversibile fino al punto in cui l'intero oceano è evaporato in atmosfera. Senza acqua liquida, la reazione di Urey è impossibile e così tutta la CO2 degassata dalla litosfera rimane in atmosfera, potenziando l'effetto serra come appunto è il caso oggi su Venere.
Approfittando dell'aria limpida delle scorse giornate di giugno e della sera senza luci dell'Earth Hour 2012 di sabato, ho portato i bambini all'Osservatorio astronomico di Carona, sulla collina sopra Lugano. Questo è un magnifico periodo per osservare alcuni astri luminosi come Giove e Venere.
Affascinati da quello che si poteva vedere dopo il tramonto, dopo lo spettacolo della Luna al suo primo quarto, di alcune stelle lontane e di Giove e la sue lune, l'attenzione dei bimbi si è poi rivolta soprattutto su Venere, merito forse della magnifica vista concessa dalla combinazione data da aria molto limpida, assenza di nuvole, assenza di inquinamento luminoso dal basso e relativa vicinanza del pianeta.
Ne volevano sapere di più. Non ho rotto la magia del momento, spiegando loro che quel pianeta appare così, con la luce del sole che gli dona quel colore e quelle sfumature particolari da "stella della sera", perché in realtà è come se fosse ricoperto da una calda e chiara coperta.
Le metafore sono dei miti condensati, diceva qualcuno. E coi bambini, funzionano sempre molto bene. A patto di essere veritiere (perché poi te la fanno pagare :-D) e suggestive.
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Non me la sono sentita, lì per lì, di parlar loro dell'inferno di acido solforico e anidride carbonica che caratterizza la tremenda atmosfera del pianeta.
Un pianeta che ha alcune caratteristiche non troppo dissimili al nostro: per es. origini, struttura rocciosa, massa, gravità superficiale, periodo orbitale (anno, di circa 225 giorni terrestri).
Ma ha anche differenze abissali: in primis nella pressoché mancanza di acqua (che se ne è probabilmente andata fra i 3 e i 4 miliardi di anni fa, in un lasso di tempo di diverse centinaia di milioni di anni), poi anche nelle caratteristiche della sua atmosfera che è densissima e che - a causa del moto di rotazione assai più lento (un giorno venusiano dura quasi 117 giorni terrestri, cioè la metà del suo anno!) e pure retrogrado - possiede dinamiche differenti dalla nostra (per es. l'accelerazione di Coriolis è molto più debole). Un'altra differenza importante è la assenza di un'attività geologica simile alla tettonica delle placche del nostro pianeta: la mappatura radar effettuata dalla sonda Magellano nel 1990 ha rivelato che la crosta venusiana è molto più giovane della nostra, priva come è di crateri e di zone di subduzione (probabilmente potrebbe essere stata "inghiottita" per poi riemergere non più di 500 milioni di anni fa). Cosa questa che, insieme alla assenza d acqua e di biomassa - due importanti modulatori della concentrazione di CO2 - e alla maggior vicinanza al sole, molto più facilmente hanno potuto favorire un effetto serra galoppante sul pianeta, avendo potuto "eccedere" la soglia di Kombayashi-Ingersoll*, il limite - influenzato dalla massa atmosferica - oltre il quale il pianeta non riesce più a disperdere radiazione infrarossa fuoriuscente verso lo spazio esterno.
Venere è più vicino al sole, ma oggi la sua densa copertura nuvolosa fa sì che l’albedo del pianeta sia nettamente superiore a quello terrestre: mediamente 0.90 contro il nostro 0.30. La spessa coltre di nubi riflette quindi la maggior parte della luce solare e alla sua superficie, in media, arriva solo una percentuale minima (meno del 20%, corrispondente a circa 17 Wm^-2) della radiazione solare assorbita dal pianeta (mentre fra il 75 e l'89% è assorbita alla quota di circa 60-70 km). Il pianeta emette radiazione IR verso l'esterno da quote molto alte, obv.
E ne emette molta: come per la Luna, anche per Venere la temperatura fu per la prima volta inferita a partire dall'esame della radiazione infrarossa che giungeva da quel corpo. Visto nello spettro infrarosso, Venere appariva relativamente "fresco" ma nella banda delle microroonde sembrava fin troppo luminoso e brillante. L'apparente puzzle fu risolto dal giovane Carl Sagan che, nei primi anni 60, propose per la prima volta (con pochissime cognizioni, allora, su massa e composizione chimica dell'atmosfera, ma usando basilari considerazioni fisiche e matematiche e un semplicissimo modello sulle conseguenze di un effetto serra in un'atmosfera densa) l'ipotesi della densa atmosfera ricca di gas serra responsabile delle altissime temperature che era possibile dedurre dall'analisi spettrale infrarossa. Ed ebbe ragione, le sue ipotesi furono poi confermate dalle successive missioni spaziali. Sagan ebbe anche la geniale intuizione di ipotizzare che l'assenza di grandi concentrazioni di vapore e delle alte temperature impedivano all'acqua di condensare e raggiungere la superficie in forma liquida di modo che, a differenza di quel che succede da noi, la reazione di Urey - indispensabile per sottrarre CO2 dall'atmosfera e stoccarla nel mondo minerale mediante reazione coi silicati - era assente e così il carbonio si era accumulato millennio dopo millennio in atmosfera.
Le varie sonde lanciate sul pianeta (Mariner, Venera, Pioneer,…), ci hanno altresì mostrato come la densa e pesante atmosfera venusiana sia composta per ben il 96.5% da CO2 e ci hanno anche “regalato” analisi chimiche della crosta superficiale.
Dunque, la similitudine col nostro è solo nella dimensione, nella relativa vicinanza e ovviamente nel quantitativo di CO2 più o meno simile a quello che troviamo quaggiù. Solo che mentre qui, per fortuna, la maggior parte è stoccata nel mondo minerale (rocce e pozzi carbonici), lassù, invece, è in atmosfera. Questo genera un effetto serra all'ennesima potenza, principale responsabile delle infernali temperature registrate al suolo, attorno ai 470 ºC.
Si potrebbe pensare che una parte importante di queste infernali temperature siano causate da:
.(1) maggior vicinanza al sole
.(2) lunghissima durata del giorno venusiano con relativa lunga insolazione
.(3) eventuali moti convettivi con associati moti turbolenti e relativa diffusione di calore
In realtà nessuno dei 3 punti riesce nemmeno lontanamente ad assicurare tali temperature: l'1, come già detto, è controbilanciato dal fortissimo albedo dato dalla sua densissima coperta nuvolosa. La riflettanza compensa (con gli interessi!) la prossimità.
Il 2, semmai, implicherebbe una variazione termica graduale ma fortissima fra un lungo torrido giorno ed una lunga gelida notte, ma in realtà - siccome l'atmosfera è davvero densa e pesante (92 bar!) - questo implica che vi sia una forte capacità termica con associato lungo tempo per permettere all'atmosfera di scaldarsi e raffreddarsi. Le sonde inviate sul pianeta hanno mostrato come la temperatura superficiale di quasi 500 ºC sia più o meno uniforme su tutto il globo e le variazioni fra giorno e notte siano minime lungo gran parte della profondità dell'atmosfera, benché nella sua parte più alta (all'incirca fino a 90 km) si siano osservati cicli diurni e stagionali (vedi la curva nera risp. verde nella parte alta del grafico dei profili, seconda immagine, anche se recentemente Venus Express ha però rilevato tracce di un probabile ciclo diurno fino a circa 45 km di quota).
Il 3 è ampiamente sconfessato dal fatto che - nonostante la presenza di moti turbolenti come già segnalato precedentemente - la fortemente stratificata e densissima atmosfera del pianeta ne riduca assai la possibilità.
In sostanza e in breve: molta meno energia solare viene assorbita dalla superficie del pianeta, mentre un super effetto serra è perlopiù responsabile di tali infernali temperature. Senza la CO2, Venere sarebbe quindi più freddo della Terra, ed invece è il pianeta più caldo del sistema solare!
Come essere impellicciati una sera di giugno.
*Questa importante teoria fu formulata per la prima volta nel 1967 da M. Kombayashi e riscoperta indipendentemente due anni dopo da Andrew Ingersoll al Caltech. Poggia su basilari condizioni termodinamiche di fondo e congiunge due rami della fisica dell'atmosfera: l'incremento esponenziale del contenuto di vapore acqueo con la temperatura in un'atmosfera satura e il fatto che il vapore sia un potente gas serra. Messi assieme, questi due principi fisici di base dicono che un pianeta che riceve sufficiente radiazione solare *può* entrare in un ciclo auto-rafforzante che lo conduce in uno stato di effetto serra galoppante nel quale il globo si riscalda in risposta all'energia assorbita, che favorisce un aumento del vapore in atmosfera, che a sua volta rafforza l'effetto serra, che porta ad ulteriore riscaldamento in un loop di feedback instabile e irreversibile fino al punto in cui l'intero oceano è evaporato in atmosfera. Senza acqua liquida, la reazione di Urey è impossibile e così tutta la CO2 degassata dalla litosfera rimane in atmosfera, potenziando l'effetto serra come appunto è il caso oggi su Venere.
Ma nell'immagine relativa all'effetto serra venusiano cosa rappresenta la linea nera sulla sinistra ?
RispondiEliminaP.s. Ottimo suggerimento per programmare gita con mio figlio all'Osservatorio astronomico piu' vicino.
Tc
Ho aggiornato e emendato il post. C'è anche la risposta alla tua domanda.
RispondiEliminaCiao.
@steph
RispondiEliminaPerfino a Milano si vedevano Venere e Giove nitidissimi, e da stasera cieli coperti, governo ladro!