Non si vince contro la termodinamica

Come coniugare benessere e sostenibilità ambientale? Al seminario annuale ‘Confronti’ (organizzato dall’Istituto di ricerche economiche), svoltosi martedì all'Università della Svizzera Italiana (USI) - a cui ho avuto il piacere di partecipare -, sono intervenuti Luca Mercalli e Lucas Bretschger (economista e prof all'ETHZ). Un sunto delle due keynotes e un'intervista a Mercalli in questo post.

Luca Mercalli durante la sua keynote, martedì all'USI

Se l’economia è la ‘scienza triste’ per eccellenza, ultimamente anche la climatologia pare contenderle l’ingrata etichetta. In realtà entrambe, più che tristi, si direbbero razionali nel loro monito: il cambiamento climatico causato dall’uomo minaccia il nostro stile di vita, e ora si tratta di trovare soluzioni realistiche, sapendo anche che alcune rinunce saranno necessarie. Scelte da effettuare «prima che il paziente diventi terminale» e l’entità dei cambiamenti climatici risulti incontrollabile, come ricorda Luca Mercalli.
Suggerimento colto al volo da Lucas Bretschger, economista del Politecnico di Zurigo specializzato in sostenibilità e ambiente, che ha ricordato come le soluzioni non siano solo una questione ‘loro’, ovvero della politica e dell’economia, ma di tutti i consumatori e cittadini. Un approccio introdotto anche dai giochi interattivi che hanno accolto i tanti presenti, giovani e meno. Il problema è l’eventuale aut-aut fra crescita economica e difesa dell’ambiente.
Bretschger è ottimista: «Vi saranno costi di transizione nel breve periodo, per esempio per la produzione e distribuzione di energia rinnovabile. Ma è un costo minore per l’economia». Nel lungo periodo invece, ci spiega a margine dell’incontro, «i mercati anticiperanno i cambiamenti e forniranno le soluzioni, gli ingegneri troveranno nuove soluzioni capaci di combinare crescita e sostenibilità».
E la politica? «La politica è la chiave, è quella che attiva i processi di cambiamento». Solo che dici politica climatica e pensi alle tasse: «Le tasse sono efficaci, ma non necessariamente eque», dipende da come se ne ridistribuisce il gettito. Per questo serve una combinazione di misure diverse, ad esempio «tasse sui trasporti, un bando sulle auto a combustibili fossili, e anche sussidi» per edifici ecocompatibili e trasporti pubblici, «ma senza eccessi: sono anche quelli soldi che vengono dalle tasse».
Bretschger non è d’accordo con l’approccio più cinico, quello che suggerisce a Paesi piccoli come la Svizzera di aspettare che a muoversi siano i giganti, Usa o Cina. «La tentazione del free riding» – letteralmente ‘scroccare un passaggio’ alle grandi potenze, aspettando che siano loro a cambiare il mondo; in realtà in ossequio alla teoria economica del cosddetto ‘passeggero clandestino’  – «non porta lontano: il nostro Paese ha sempre avuto successo come leader dei cambiamenti economici e tecnologici»; chi segue gli altri invece perde le opportunità della nuova economia, e «deve abituarsi a redditi inferiori».
Anche Mercalli ci dice che ritiene possibili «soluzioni win-win», ma è meno ottimista sulla bacchetta magica dell’innovazione tecnologica per salvare la crescita: «Prima di tutto bisogna elaborare modelli economici sui quali si è investito poco». Neppure la decrescita si può escludere: «È una delle tante proposte, ancora molto imperfetta». Mercalli, che da due anni non prende l’aereo, ammette che «certe scelte richiedono delle rinunce. La speranza è che le rinunce negoziate fra tutti tocchino solo il superfluo».
Ma non sempre è così, e allora tocca pensare, ad esempio, a fare meno figli: «Secondo l’Onu, se nulla cambia aumenteremo di 2 miliardi entro il 2050, e ogni abitante in più messo al mondo costituisce il maggior consumo energetico futuro». Per mantenere standard accettabili di vita, insomma, bisogna considerare anche l’opzione di riprodursi di meno, «non per costrizione, ma con l’intelligenza».
Un po’ il problema che aveva posto anche l’economista Malthus, ma lui non ci aveva preso: nel 1798 non seppe prevedere i cambiamenti tecnologici che avrebbero sfamato la popolazione, e che per Bretschger diventano sempre più rapidi e diffusi: si pensi a web e smartphone. «Ma se una volta si è pescato dal mazzo un jolly, non siamo autorizzati a pensare che ce ne siano altri cinquanta. La fortuna può contare» per Mercalli, «ma farvi troppo affidamento non è razionale. Malthus secondo me aveva ragione; la sua previsione va solo spostata in avanti di qualche secolo, nulla rispetto ai 200mila anni dell’homo sapiens».



L'intervista a Mercalli - La relazione fra uomo e clima… oltre le bufale. La diagnosi è sempre la stessa: 'il cambiamento climatico è determinato dalle attività umane'. Il compito dei media è evitare di diffondere fake news.

Luca Mercalli ha una camicia che lui stesso definisce «verde clorofilla» e un papillon che mette una certa allegria, ma quando si rivanga la questione della relazione fra uomo e clima perde la pazienza. Lo provochiamo un po', con il consueto ruolo (parziale) dell'avvocato del diavolo.

Siamo ancora in tempo per evitare che il mutamento climatico diventi troppo pericoloso?
Abbiamo già perso 40 anni da quando la comunità scientifica ha concluso che il cambiamento climatico è determinato in misura decisiva dalle attività umane, e non è il caso di indugiare oltre.

Eppure la discussione continua: questione di pluralismo, dicono alcuni.
È un dibattito antistorico, sostenuto da visioni del mondo in parte legate a precisi interessi economici. Poi c’è una questione ideologica: si rifiuta una propria responsabilità sui danni ambientali, perché implicherebbe scelte difficili, inclusa la possibilità che lo Stato metta le mani nelle nostre tasche e ci imponga alcune limitazioni. Allora si semina il dubbio: è la strategia di chi vuole ritardare decisioni nette, che hanno bisogno di un ampio consenso da parte dei cittadini.

Capita che anche gli scienziati sbaglino, però.
Ma è da 40 anni che i climatologi esprimono la stessa diagnosi: se fosse una bufala, l’Onu non si metterebbe a fare questa battaglia di civiltà. Anche in medicina c’è un margine di incertezza, ma per curarsi si va lo stesso dal medico.

Cosa possono fare i media? 
Evitare di diffondere fake news. Qui non è più il caso di dare spazio a tutti. È urgente, perché nei processi naturali complessi l’irreversibilità dei cambiamenti all’inizio non si percepisce del tutto, ma poi acquisisce in fretta una magnitudo capace di travolgerci. Non si vince contro la termodinamica.

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