Idrodinamicità


Interessante seminario martedì scorso al CEP dell'Università di BernaPaulo Ceppi (dipartimento di meteorologia dell'Uni di Reading, UK) ha parlato di uno dei suoi campi di ricerca più recenti e attuali: la risposta della circolazione atmosferica extra-tropicale a forcing esterni attraverso l'influenza che questi ultimi producono sulla componente interna di tipo oceanica del sistema (evoluzione delle temperature della superficie degli oceani, SST). Lo schema generale è questo:


A) forcing esterni → B) variazione delle SST → C) variazione della circolazione atmosferica extra-tropicale

Naturalmente, C presupporrebbe una modifica di grandezze meteorologiche su scala regionale come precipitazioni e temperature e, per quel che concerne queste ultime, il tutto può essere riassunto nella seguente tabella che ho già presentato e commentato altre volte. In questo specifico contesto, è come se inserissimo un nuovo riquadro nella prima riga che sta a metà fra il primo (risposta termodinamica ai forcing esterni) e la seconda (risposta dinamica ai forcing esterni), vedi anche questo e quest'altro post.


Il passaggio fra B e C è campo di ricerca ampiamente studiato e dibattuto, si veda ad es. questo lavoro di una decina di anni fa, laddove si sottolineava l'importanza della variazione termica degli oceani (indotta da forcing esterni) nell'influenzare i trend termici sulle aree continentali, attraverso teleconnessioni di tipo idrodinamico (relazione fra 1 e 3 in tabella) e radiativo (relazione fra 1 e 2 in tabella).

L'atmosfera risente dell'influenza oceanica attraverso lo scambio di momento (frizione della superficie oceanica) e soprattutto di energia. In quest'ultimo e importante caso, si tratta di flussi radiativi e di calore sensibile e latente con associata risposta baroclinica in atmosfera (per esempio) ma il modo in cui l'influenza delle SST e della loro distribuzione/del loro gradiente si propaga in troposfera è più complesso ed è tutt'ora oggetto di interessanti studi (vedi per es. qui).
Alle basse latitudini (zone tropicali), il surplus di energia viene trasportato verso le zone polari in misura maggiore dall'oceano rispetto all'atmosfera, mentre il contrario avviene alle latitudini medie e alte. Nell'emisfero settentrionale, alle latitudini tra i 25 ° e 45 ° N,  l'oceano trasferisce all'atmosfera circa il 70% del suo trasporto di calore e già a quelle latitudini l'atmosfera è responsabile di quasi l'80% del trasporto meridionale di calore. In generale, quindi, la maggior parte del trasporto meridionale di calore dalle basse alle alte latitudini avviene mediante l'atmosfera (tranne nelle zone tropicali), mentre gli oceani, come visto sopra, entrano maggiormente in gioco in modo indiretto, per es. gran parte del riscaldamento invernale sulla terraferma dell'emisfero boreale è imputabile al ruolo giocato dagli stessi.

Qui sotto in figura il contributo di atmosfera e oceani al ciclo annuo del trasporto meridionale annuo di energia per latitudine e per periodo (immagini: totale, atmosfera, oceano, in rosso e positivo: trasporto verso nord, in blu e negativo: verso sud), il grafico riassume il tutto (in PW, rosso: atmosfera, blu: oceani, nero: totale):



 E qui il contributo dei vari oceani (immagini tratte da qui):



Per quel che riguarda il passaggio fra A e B, sappiamo che le regioni oceaniche in cui, nei modelli, il segnale di forcing antropico emerge prima rispetto al rumore di fondo dato dalla variabilità interna sono quelle tropicali e subtropicali (soprattutto boreali), in particolare la zona indiana e del Pacifico occidentale, ad eccezione della regione ENSO (vedi immagine sotto, tratta da questo lavoro).


La maggior parte dei risultati delle simulazioni (per esempio) atte a prevedere il "comportamento" delle SST in presenza di forcing vincolati ad un incremento della concentrazione di CO2 dipendente da specifici scenari scelti, sono coerenti con quanto detto sopra e riflettono un andamento che risponde a feedback dipendenti da gradienti barici, modifica associata dei venti e dell'evaporazione.

Ceppi ha sostanzialmente spiegato e approfondito questo suo recentissimo paper nel quale determina la risposta dinamica (relativa alla circolazione atmosferica extra-tropicale) al forcing da 4xCO2 attraverso l'evoluzione delle SST in due specifiche componenti riconducibili a differenti scale temporali con caratteristiche diverse: una risposta rapida (cambiamento tra il clima di controllo e la media dei primo decennio dall'inizio della simulazione) e una più lenta (cambiamento tra il clima del primo decennio e quello dei successivi 13-14 decenni).


I risultati (vedi immagine qui sopra) confermano lo shift verso le latitudini polari della circolazione atmosferica - con associato indebolimento ed espansione della cella di Hadley e relativo spostamento verso latitudini più elevate del suo braccio discendente - presente in gran parte dei GCM ma questa proprietà emerge in particolare nella risposta rapida, entro il primo decennio dalla forzatura, periodo durante il quale si verifica poco meno della metà del previsto riscaldamento all'equilibrio.
Rispetto a questa risposta rapida, la risposta lenta sull'arco dei diversi decenni successivi presenta un'amplificazione polare più forte, un riscaldamento potenziato nell'Oceano Antartico, un riscaldamento del Pacifico tropicale con una configurazione simile a El Niño e un ridotto contrasto termico fra terra e mare. Con minor efficacia nell'indurre uno spostamento dei jet verso le più alte latitudini polari rispetto alla risposta rapida, la media delle simulazioni sul più lungo periodo configura una sostanziale stabilità della latitudine della circolazione atmosferica sia nell'emisfero sud che nel Nordatlantico nonostante il sostanziale riscaldamento globale, mentre il jet nel Nordpacifico torna a spostarsi a latitudini più basse.
Gli esperimenti di simulazione con i GCM solo atmosferici dimostrano che è l'evoluzione delle SST a guidare la differenza tra le risposte lenta e veloce, sebbene a quest'ultima contribuisca anche l'effetto radiativo diretto della CO2, in linea con i risultati già previsti finora (vedi per es. qui o qui).
In uno scenario in cui le componenti forzanti del sistema raggiungono un picco e poi si stabilizzino, ci si può attendere che la circolazione extratropicale tenda rapidamente a raggiungere una situazione di quasi equilibrio in un tempo considerevolmente inferiore a quello necessario al sistema climatico per equilibrarsi. Ne consegue che le azioni di mitigazione climatica avrebbero un impatto più rapido sulla circolazione atmosferica extratropicale rispetto ad altri aspetti dei cambiamenti climatici correlati alla temperatura media globale, ha concluso Ceppi.

Le configurazioni delle anomalie delle SST future avranno importanti implicazioni non solo nei cambiamenti della circolazione atmosferica (e degli associati effetti come le anomalie nelle precipitazioni), ma anche nell'ampiezza dei feedback climatici e quindi nella sensitvità climatica. Come già segnalato sopra, gli attuali GCM prevedono una vasta gamma di configurazioni delle SST come risposta al forcing dei gas serra e l'attuale comprensione dei processi in gioco in questo tipo di sollecitazione rimane troppo limitata per riuscire a determinare quali di queste varie risposte possibili siano le più realistiche (vedi per es. qui ma anche qui). In questo senso, ulteriori studi sono auspicati e necessari.

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