Risky shift


Troppo spesso fingiamo di non accorgerci del cambiamento climatico, ma questa volta gli effetti del riscaldamento globale rischiano di essere così evidenti da non poterci più nascondere. Riguardano il rischio di inondazioni. Il dato è chiaro: il cambiamento climatico anticipa il calendario delle inondazioni in Europa in buona parte d'Europa (vedi figura sotto, aree 1 e 3, h/t roberto kersevan, vedi commenti sotto), con conseguenze pericolose per l'uomo. È la conclusione a cui giunge una ricerca appena pubblicata, frutto di analisi lungo 50 anni in tutta Europa.




In alcune aree dell'Europa occidentale - ad es. tra Portogallo e sud dell'Inghilterra - avvengono fino a 36 giorni prima rispetto a quanto accadeva nel 1960. Preoccupante anche la situazione nell'area attorno alla Scandinavia: lì i fiumi straripano 8 giorni in anticipo rispetto al passato.
Il motivo è semplice: il caldo sempre più precoce fonde le nevi che ingrossano i corsi d'acqua. Ma il problema non riguarda soltanto i fiumi: il riscaldamento provoca anche una modifica nel pattern delle precipitazioni, che tendono a manifestarsi in modo più concentrato ed intenso. I terreni finiscono così per esaurire in fretta la propria capacità di assorbire l'acqua e cresce la probabilità di allagamento dei terreni. Senza dimenticare poi che anche il consumo spregiudicato del suolo ha la sua responsabilità.
Quali le conseguenze? Molte, avvertono i ricercatori. L'agricoltura, per es., patirebbe l'eccessiva umidità del terreno, ma il rischio maggiore ci riguarda ancora più da vicino. Molte città europee sono infatti costruite attorno ai fiumi; i sistemi di sicurezza per contenerli, tuttavia, sono spesso tarati su dati vecchi. L'anticipo delle esondazioni rischia così di coglierci impreparati.
E, come se non bastasse, gli effetti potrebbero riversarsi anche sull'ecosistema fluviale, ritardando ad es. la deposizione delle uova dei salmoni.
Un problema le cui soluzioni vanno ricercate preventivamente già oggi.



☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂☂


Negli scorsi giorni le Prealpi svizzere (sia a nord che a sud della catena alpina) sono state toccate da alcuni eventi temporaleschi con grandinate importanti. Queste sono regioni nelle quali questi fenomeni non sono rari: ma come stanno cambiando (se lo stanno facendo) con il mutamento climatico? E cosa ci potrebbe riservare il futuro a riguardo?

Tra il 19 e il 24 aprile l’Oeschger Centre for Climate Change Research (OCCR), il Karlsruhe Institute of Technology (KIT), il Mobiliar Lab presso l’Università di Berna e l’Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera hanno organizzato la seconda conferenza europea sulla grandine. Lo scopo principale di questa conferenza triennale è quello di favorire lo scambio di esperienze e conoscenze fra gli esperti del settore. All’incirca 140 fra ricercatori, meteorologi e assicuratori, provenienti da 27 nazioni, si sono trovati a Berna per presentare le ultime innovazioni in questo campo.
Forti temporali con grandine interessano prevalentemente le zone alle medie latitudini, come per esempio buona parte dell’Europa, degli USA, della Cina e dell’Australia meridionale. Solo in Europa ogni anno questi temporali causano danni per miliardi di euro e di conseguenza le aspettative per una comprensione approfondita di questo fenomeno e per lo sviluppo di affidabili sistemi di allerta sono alte, sia da parte dei servizi meteorologici che dalle assicurazioni. Benché ogni estate si sviluppino innumerevoli temporali, quelli accompagnati da forti grandinate sono - per fortuna - un numero limitato, durano relativamente poco e toccano solo zone ristrette del territorio. Raccogliere dati affidabili e ottenere delle osservazioni precise sulla grandine è dunque ancora difficile. Spesso l’unica possibilità è quella di ricorrere ai sistemi di rilevamento a distanza come i radar e i satelliti meteorologici.

L'auditorio durante la conferenza europea sulla grandine di fine aprile.
Foto: Università di Berna.

Fra i temi principali approfonditi durante la conferenza, c'è stato anche quello dedicato all'impatto dei cambiamenti climatici sulle grandinate. In un clima in evoluzione, è lecito chiedersi come evolverà la frequenza e la distribuzione delle grandinate a livello globale.
Varie simulazioni, basate su modelli matematici, sono concordi nel mostrare come nel futuro dovrebbero aumentare i temporali con grandine di grosse dimensioni e diminuire quelli con piccoli chicchi di grandine. Molte sono però ancora le incertezze in gioco.
Intanto, ecco qualche immagine da una interessante keynote della sessione, quella di Pieter Groenemeijer dell'European Severe Storms Laboratory (ESSL) intitolata "Modelling the large hail hazard in the past, present, near and far future".

Le prime due sono dedicate al trend negli ultimi decenni in Europa nelle grandinate importanti (periodi di 6 ore di grandinate con chicchi grandi almeno 2 cm nel raggio di circa 70 km):


Aumento dal 1979, coerentemente con quel che ci si attende nelle proiezioni*, anche se rimane molto difficile, al momento, l'attribuzione del segnale (in queste regioni e per un periodo così breve rimane molto forte la componente della variabilità ed è al momento difficile sapere quanto questo trend sia dovuto al GW).

*In Europa centrale (regione alpina compresa), negli ultimi decenni del secolo, ci si attende un aumento robusto dell'instabilità (che favorisce forte convezione a origine grandinigena), un meno significativo aumento dello shear (che pure favorisce forte convezione) e una situazione complessiva delle precipitazioni estive in diminuzione a sud del 50esimo parallelo (significativa nelle regioni mediterranee) e un aumento delle stesse a nord (significativo in Scandinavia). La regione alpina si trova ancora all'interno della zona in cui è prevista (dall'ensemble dei modelli generali) una riduzione delle precipitazioni, tuttavia qui la topografia può modulare il segnale relativo alle precipitazioni e i modelli regionali ad alta risoluzione (fino ad una texture di circa 12 km) prevedono invece un aumento delle precipitazioni convettive alle quote alpine più elevate.
Queste proiezioni sono, però, più significative soprattutto nello scenario a emissioni maggiori (lo scenario RCP 8.5), meno evidente il segnale nello scenario intermedio (RPC 4.5).

Ecco, infine, un'immagine che mostra le proiezioni future in termini di cambiamento rispetto agli ultimi decenni:


 Si nota, a fine secolo, un aumento probabile in tutto il continente, in particolare in Europa centrale nello scenario RCP 8.5.

Commenti

  1. Sierra Leone docet.Ciao Carlo.

    RispondiElimina
  2. @steph

    "Il dato è chiaro: il cambiamento climatico anticipa il calendario delle inondazioni in Europa, con conseguenze pericolose per l'uomo."

    ????

    Problemi con la percezione dei colori, steph?

    La figura presa dall'articolo, figura 2 cm sotto al tuo testo da me copiato-incollato qui sopra, e' per meta' rossastra (cioe' anticipa le inondazioni) e per un'altra meta' bluastra, cioe' le ritarda.
    Le conseguenze per l'uomo possono essere pericolose solo quando l'uomo stesso si comporta in maniera controproducente, per esempio lasciando che 1/2 milione di persone abitino e continuino a costruir case sulle pendici di un vulcano attivo, che si e' gia' esibito in eruzioni piroclastiche mortali (zone Vesuviane)... mentre quando si comporta in maniera oculata e non controproducente riesce a vivere per secoli in zone che dovrebbero essere off-limits ad ogni tempesta invernale... chiedere ad un qualsiasi residente dei Paesi Bassi.
    Altro esempio? Basta guardare la prima foto di questo tuo ridicolo articolo: le case costruite non sul fondo della valle (dove scorreva sicuramente gia' un ruscello/fiumiciattolo) ma un po' piu' in alto sui due crinali a fianco, sono al sicuro dall'alluvione... certo che se tutti vogliono avere la casa in riva all'oceano a Miami e con approdo privato sul Po' non e' che poi possono lamentarsi tanto se la casa parte al primo uragano e/o inondazione... se la sono cercata. No? Trovi illogico quanto dico? Fammi sapere, che mi interessa...

    Concludo dicendo che e' sintomatico vedere che un serio professionista della materia come te, che sei climatologo di professione, giusto?... continua a cavalcare, anzi sprona il cavallo del catastrofismo piu' becero (perdonami la sincerita')... riuscendo a scrivere belinate come questa dell'anticipo in tutta Europa... basta guardare la figura 2 cm sotto al testo, e' meta' blu!... diamine steph!....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione! Cambio l'intro (la fretta...), in *buona parte d'Europa*. Sotto, comunque, lo ho specificato.
      Il resto è tutto condivisibile, al punto che potrei anche aggiungerlo come update! Ti sembrerà strano, ma per una volta ascolto il consiglio di zio robbè :-D

      Elimina
    2. "Ti sembrerà strano, ma per una volta ascolto il consiglio di zio robbè :-D"

      Oggi piove! :-)

      Elimina
  3. "Varie simulazioni, basate su modelli matematici, sono concordi nel mostrare come nel futuro dovrebbero aumentare i temporali con grandine di grosse dimensioni e diminuire quelli con piccoli chicchi di grandine."

    No shit!... i modellini farlocchi prevedono lacrime e sangue?
    Ma dai, che novita', no? :-)

    RispondiElimina
  4. La perla!... non l'avevo vista, steph!

    "Our climate has accumulated
    2,518,177,222
    Hiroshima atomic bombs
    of heat since 1998"

    ... non e' che per caso ha accumulato l'ENERGIA sviluppata da quel numero di bombe?... perche', sai, se non lo specifichi ci sara' qualche climatocatastrofista-leso che crede veramente che ci siano miliardi di bombe atomiche che potrebbero scoppiare.

    Della serie "qui si discute di climatologia con toni pacati, seri, e realistici", giusto?

    Ma dai, steph!... :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso proprio che sottovaluti i quattro gatti che leggono il mio blog.
      E in ogni caso, qui sei palesemente OT, se non ti piace, ignoralo.

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

SYS 64738

Brodo oceanico